La granita di neve

Vino in cucina //

La granita di neve

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Non solo nel calice: i vini naturali trovano spazio anche in cucina per impreziosire le vostre ricette e dargli una marcia in più.

C’erano quelle notti in cui mi svegliavo per il silenzio. La città, se si abita in una zona trafficata, non va mai a letto, e dopo un po’ ci si abitua al rombo dei motori, come ai rintocchi delle campane, ai sussulti della vicina ferrovia, alle ambulanze e alle sirene dei pompieri. Ma quando nevicava, ad un tratto, come ricoperti da un manto di soffice cotone, i rumori risultavano attutiti, lontani. E allora mi alzavo e andavo alla finestra a guardar scendere la neve fino al mattino.

Per raccogliere il regalo più bello dovevo aspettare però il fine settimana. Andavamo in montagna e noi bambini salivamo gli scalini a balzi, per affacciarci sul terrazzo sperando che ne fosse rimasto almeno mezzo metro, per mangiarla. Proprio così, non stavamo nella pelle per quel dolce così umile e freddo ma anche un po’ trasgressivo. Era infatti una delle poche occasioni in cui era concesso il vino anche ai piccolissimi.

Con l’aiuto di un cucchiaio toglievamo il primo strato di neve, per cercare quella più pulita, poi ne riempivamo un bicchiere, lo condivamo con una generosa aggiunta di zucchero, su cui spremevamo qualche goccia di limone e poi passavamo in processione dagli adulti per ricevere la benedizione di un po’ di rosso a macchiare di sangue quella candida coppa.

Ancora oggi il solo pensiero mi eccita la salivazione. E ricordo una bella serata trascorsa all’elegante ristorante dell’Hotel Bellevue di Cogne, dove riuscii a convincere il maître a uscire in giardino e riempire un enorme bacile d’argento con la neve soffice, appena caduta sui prati di Sant’Orso. Poi condimmo con zucchero a velo, champagne, buccia di limone grattugiata e lamponi fuori stagione.

Ma oggi sono tornato a preferire la semplicità e il sapore schietto di quel dolce genuino ma non ingenuo, che ricorda da vicino il sorbetto leccornia che, fin dal Cinquecento, segnò prima la distinzione a tavola di aristocratici e dei gourmet di tutto il mondo, prima di corrompersi negli anni Ottanta come digestivo tra le troppe inutili portate di pranzi da cerimonia molto più popolari.

Ma probabilmente nessun sorbetto può riprodurre la texture della della pioggia gelata. La delicata consistenza della neve che scricchiola tra la lingua e il palato, non è infatti eguagliata da nessuna granita artigianale né dalle più recenti creazioni del magico Pacojet, omogeneizzatore istantaneo per cibi congelati. E lozucchero in cristalli aiuta a restituire un po’ di croccantezza a quella nuvola di ghiaccio.

La nostra ricetta

1. Approfittate allora delle ultime precipitazioni dell’inverno e depositate in una terrina qualche cucchiaiata di neve pulita, e, malgrado la mia idiosincrasia per lo zucchero semolato, vi consiglio di spolverarla, per una volta, con una nevicatina di zucchero bianco e miscelarla poi delicatamente e per breve tempo, dal basso verso l’alto, come si fa per incorporare un ingrediente agli albumi montati a neve.

2. Trasferitene un paio di cucchiaiate in una coppa da gelato, lasciate perdere gli agrumi e cercate l’acidità nel vino. Provate ad affidarvi ai profumi di un rosso di frutto, che abbia colore e un pizzico di residuo zuccherino, per sostenere ulteriormente la preparazione.

3. Versatelo sulla granita di neve attraverso un colino, in maniera che si spanda e colori tutta la coppa senza trasformarla in un affogato. Ho provato con Li Sureddi Rosso di Antichi Vigneti Manca e il risultato è stato sorprendente.

4. Dimenticavo, tenete d’occhio la bottiglia e soprattutto i bambini, perché è difficile resistere al bis.