Quando la concentrazione del sapore incontra la possibilità di esprimersi senza la fatica della masticazione, il piacere esplode al palato e nel cervello, generando vera e propria dipendenza. Per questo è difficile resistere alle bevande zuccherate, al gelato quando si stia leggermente sciogliendo, alla maionese e, naturalmente, al vino. Ma se tutta la bontà del formaggio può fare a meno dei denti e incontrare il profumo di un vino di qualità, l’effetto mistico è assicurato.
Sono contrario a utilizzare il formaggio di grande qualità per cucinare, perché non è etico ridurre ad ingrediente ciò che è, già di per sé, un piatto finito. Ma se vorrete utilizzare i residui di un baccanale caseario o ripulire il frigorifero dagli avanzi di uno shopping compulsivo nella formaggeria più fornita della città, resistete alla tentazione di cucinare paste o risotti e buttatevi sulla fonduta, anzi, sulla “fondue”.
Voglio consegnarvi la ricetta che si pratica tradizionalmente nelle montagne tra la Svizzera e la Francia, pur interpolata con un accorgimento tipico della versione valdostana e piemontese e privata dell’amido di mais che, spacciato dall’industria, ormai si trova in tutte le versioni che pur si definiscono “originali”.
1. Private della crosta e tagliate a tocchetti 300 g di Emmentaler svizzero e di Gruyere, prodotti con latte crudo di montagna e senza fermenti aggiunti. In alternativa utilizzate altri formaggi fondenti a pasta compatta (una buona Fontina, Montasio, Cheddar o Compte).
2. Metteteli a riposare per qualche ora in poco latte intero crudo.
3. Portate a bollore, in una pentola spessa di metallo, posta a bagno-maria, o in una di terracotta, appoggiata sullo spargifiamma, 150 ml di un buon vino bianco secco Triple "A".
4. Abbassate la fiamma e iniziate a incorporare a poco a poco il formaggio, rimestando con un cucchiaio di legno sempre nello stesso verso.
5. Per ottenere una consistenza cremosa, invece di aggiungere amido di mais, dotatevi di pazienza e lasciate all’acqua il tempo di evaporare, senza stancarvi di mescolare.
6. Raggiunta la consistenza voluta, aggiungete ancora una spruzzata del medesimo vino.
7. Evitate aglio, pepe, noce moscata e altre spezie, perché il formaggio non industriale non ha bisogno di correttivi.
8. Servite maritata a crostini di pane o, meglio, a verdure dell’orto, crude o appena scottate.
Se per molti, in quanto a finezza, i grandi vini francesi non hanno rivali al mondo, sui formaggi non c’è partita. Quando ci riferiamo a prodotti davvero contadini, pratiche ancestrali, pascolo d’altura e assenza di fermenti aggiunti, gli svizzeri vincono a mani basse la contesa della raffinatezza nella consistenza e nel sapore.
Possiamo riportare la disputa gastronomica in equilibrio abbinando a questa “fondue” uno vino prodotto in Francia, in una zona fresca, limitrofa al confine elvetico come lo Chardonnay Les Bruyères del Domaine André et Mireille Tissot. Mineralità, acidità e secchezza tipica dei vini della Jura faranno esplodere il potere seduttivo del formaggio fuso.
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