Il racconto di un weekend passato insieme a Denis e Carlo Montanar, vecchia e nuova generazione di vignaioli, agricoltori e amici friulani.
DENIS E L'INTIMITÀ DEL VIGNETO
Sono andato in Friuli, a Borc Dodon, in quella parte della Venezia Giulia che costituisce la bassa friulana, stretta tra i fiumi che scendono dalle Alpi e la laguna di Grado, una porzione di terra strappata all’acquitrino dalle bonifiche e ancora oggi disegnata da canali, rivi, pozze e fontane rigogliose. Sono andato per trovare l’amico Denis Montanar, il vignaiolo Denis Montanar, il compagno di convivio Denis Montanar, ma soprattutto l’agricoltore Denis Montanar.
Denis mi aveva contattato durante i giorni del primo confinamento semplicemente per chiedermi l’indirizzo dove potermi inviare qualche bottiglia per rendere più lieve quel periodo di follia. Non sono gesti che si dimenticano facilmente e mi ero quindi ripromesso di fargli visita il prima possibile.
Quando arrivo ci ristoriamo dal caldo torrido con un bicchiere di quell’acqua di fonte, all’ombra delle volte che ricordano le vestigia del convento medievale dove è iniziata la storia d’amore e di fatica che ha portato la sua famiglia a unirsi in maniera indissolubile con queste terre. Erano gli inizi del Novecento quando il bisnonno di Denis prese a mezzadria alcune vigne attorno alla proprietà. Poi toccò a suo padre Claudio, per cui questa non era l’attività principale. Quindi fu la volta di Denis, che prese in affitto i terreni del nonno, acquistò altra terra e iniziò a coltivare e vinificare, col suo stile, i vigneti di quei territori, nelle parcelle di Dodon, Sandrigo e Scodovacca, un piccolo universo racchiuso in pochi minuti di pedalata, dove oltre alle uve Refosco dal peduncolo rosso, Cabernet franc, Merlot, Verduzzo friulano, Tocai friulano, Pinot bianco, Chardonnay e Sauvignon, crescono antiche varietà di frumento, mais e grano saraceno, per la produzione di farine, e, a rotazione, avviene la coltivazione di erba medica, per le concimazioni, nonché di girasoli per olio alimentare e ancora di soia, farro e frumento.
Partiamo subito in bicicletta per andare a toccare con mano le foglie della vite, quell’albero che dà la vita e che ha modificato per sempre e in maniera ineluttabile il destino degli uomini che la coltivano. Visitiamo per prima una vigna centenaria, ormai abbandonata e sepolta dai rovi, da cui proviene la selezione massale di Tocai da cui Denis ha ottenuto le barbatelle che ha impiantato nei suoi terreni. Selezione massale significa la riproduzione per talea di piante scelte all’interno del vigneto per caratteristiche ritenute interessanti dal viticoltore: resistenza, produttività, sapore, tipicità. La selezione massale è completamente diversa dalla selezione clonale, che produce tutte piante geneticamente identiche, in quanto ad essere riprodotto con questa tecnica è un mix della popolazione del vigneto e non un solo individuo. Questo garantisce resistenza, conservazione di caratteristiche biodifferenti e minore rischio di suscettibilità a malattie che colpiscano una determinata popolazione genetica.
Denis mi mostra le foglie attaccate dai parassiti: peronospera, oidio e fillossera sulle foglie dei portainnesti. Non tocca le foglie, le accarezza, quasi a volerle rassicurare. Mi fa notare le piante che ce la stanno facendo da sole, quelle più resistenti, che hanno circoscritto l’avanzata degli aggressori, e che non avranno necessità di aiuti esterni. E mi spiega per quali sarà necessario qualche trattamento: solo zolfo, rame, il meno possibile, e preparati biodinamici. Guarda il cielo e spera che la pioggia non arrivi. Il suo sguardo alla vite è paterno e figliale insieme. Gli racconto cosa mi disse il prof. Bicchi, grande chimico torinese, “la pianta se non la si aiuta si aiuta da sé, e le sostanze aromatiche che produce non sono prodotti di scarto, ma fanno parte del metabolismo primario, quello che la pianta mette in atto per sopravvivere e riprodursi”. Denis l’aveva già intuito: viti più resistenti, meno trattamenti, più capacità di cavarsela da sole e più sapore.
Proprio per questo Denis ha deciso, credo tra i pochi al mondo nella storia della viticoltura, di lasciar riposare le vigne per un intero anno ogni sei. L’altr’anno ha potato le viti molto vicino al tronco e ha riservato un po’ di privacy alle sue migliori amiche: nessuno sfalcio, nessun trattamento, nessun ingresso in vigna col trattore. Qualche pianta ha prodotto comunque qualche grappolo, senza ammalarsi. Proprio tra queste piante sceglierà quelle che riprodurrà nei prossimi anni per rimpiazzare le viti mancanti nei filari.



CARLO E DENIS, MONTANAR OLTRE IL VINO
Il sole è arrabbiato oggi e ci rintaniamo al fresco della cascina, nella sala da pranzo dai muri spessi che conservano una temperatura adatta a stappare una bottiglia. Pranziamo con Carlo, il figlio di Denis, che affetta un meraviglioso ossocollo lavorato e stagionato da loro e salame del maiale di casa, che io accompagno con qualche verdura che ci ha regalato Betty, la vicina, che ha un affittacamere davvero grazioso, con un orto eccezionale, dove gli agrofarmaci non hanno mai fatto capolino. Ma alla sera va ancora meglio, ceniamo col branzino pescato in Laguna da Carlo e messo nel forno a legna insieme alle patate. L’olio è quello intenso e complesso di un'agricoltrice in Puglia, da cui vengono anche le mandorle. Presto insieme a Denis produrranno anche un vino. Non stento a credere che sarà intenso, appagante e vero, come tutti i vini di questo agricoltore appassionato che, attorno ai prodotti della terra, ha costruito la propria vita, l’amore e i sogni per il futuro.
La sera andiamo a sederci nella vigna, per guardare la luna, grande nel cielo, e brindare alla vita. Circondati dalle lucciole ascoltiamo il silenzio e respiriamo la terra, quella terra all’interno della quale Denis pare avere radici, e che vuol farmi respirare da vicino, perché anch’io possa capire fino in fondo qual è il legame che lo rigenera ogni giorno.
Al mattino vado a correre presto, lungo il canale. Trovo il padre, Claudio, già sul trattore, tra i filari, e il figlio, Carlo, che a mano sistema le viti, toglie i getti in eccesso, e rimette in ordine i rami tra i fili tesi tra i pali di testata. Tra i filari sbucamo le lepri, trovo un capriolo curioso, due cigni, gli aironi vicino all’ansa del canale e parecchie folaghe. Nelle vigne dei vicini, condotte in maniera intensiva, ordinate, rigogliose nel fogliame ma prive di biodiversità tra i filari, gli animali non vanno. E me ne tengo lontano anch’io. Accanto a casa invece pullulano gli animali da cortile, e un polletto ruspante sarà il nostro pranzo dal sapore unico, deciso ma rotondo, come i bianchi d’annata che Denis tira su dalla cantina. Non manca una birra di malto d'orzo, farro crudo decorticato, mosto d'uva di Verduzzo Friulano e mais "Dente di Cavallo", che Denis coltiva nei campi attorno alle vigne. Con sano orgoglio contadino mi offre all’assaggio tutta la sua produzione e mi sento un privilegiato.
Prendiamo la bicicletta e torniamo a vedere tutti i vigneti, Denis conosce ogni pianta, quasi per nome. Si ferma e ha uno sguardo per ognuna. Alla sera Carlo ci porta a fare un giro nella laguna di Grado col suo piccolo, magnifico, motoscafo. Sono anni che Denis non ci andava, perché il lavoro della terra è meno romantico di quanto vorremmo noi tutti che ne assaporiamo i frutti. Di fronte al Santuario dell’isola della Barbana restiamo in silenzio a contemplare la bellezza argentea dell’acqua, i voli d’uccelli, il mare ingrossato dal vento al di fuori dei moli. Un tuffo per lavarsi il caldo di dosso e un brindisi prima del tramonto sigillano questa giornata intensa.
A casa minestra, sorsi di rossi soavi e complessi e molte chiacchiere sui progetti futuri, di vini, ma soprattutto di coltivazioni, sempre più in armonia con la madre terra. Mi addormento ringraziando nel cuore di questo regalo della vita. Quando riassaggerò i vini a casa sentirò il sapore di quella terra, del sudore di chi l’ha coltivata, delle muffe della cantina, dell’acqua salmastra poco discosta, delle fontane fresche a bordo campo e di quell’erba che cresce rigogliosa tra i filari e che profuma di verità e di vita.