La cucina è evoluzione, contaminazione. Quando il dibattito sulle ricette confonde l’identità con la difesa di supposte granitiche radici diventa populista bandiera politica, che è altro dalla gastronomia. Invece la bellezza della contaminazione è proprio quella di saper interpolare le intuizioni, andando a cogliere ciò che vi è di interessante in un’idea che viene da lontano realizzata con un prodotto coltivato vicino. Esattamente l’operazione opposta a quella della gastronomia industriale, che vuole ammannire prodotti lontani per ricette cosiddette tradizionali di cui, in barba alla sapienza contadina, si perde ogni stagionalità. Ecco allora che la parmigiana di melanzane viene cucinata con orgoglio dalle ultime casalinghe ancora in vita, in pieno inverno, nelle città del Nord Italia, nell’illusione di ripetere un atto agricolo tramandato di generazione in generazione. Purtroppo, senza le melanzane mature, senza sapore, la parmigiana non esiste. La vera cucina di tradizione popolare, infatti, si è sempre basata sui prodotti della terra, di stagione, al loro massimo del sapore.
In Toscana, patria della ribollita, di cui il cavolo nero, cotto ben due volte, è il principe indiscusso, Errico Buondonno, seconda generazione di una famiglia di vignaioli in Chianti, traferitasi nelle colline toscane dalla natia Napoli, ha raccolto per me gli ultimi teneri ricacci del cavolo nero e li ha reinterpretati con un archetipo della cucina siciliana, probabilmente di influenza Nord Africana: l’insalata di arance e finocchi. Un bell’esempio di intelligenza e contaminazione di cui voglio darvi la ricetta completa.
1. Procuratevi le foglie più tenere del cavolo nero.
2. Mondatene una manciata per ogni commensale e, se non fresche di giornata, eliminate la costa centrale.
3. Tagliatele finissime e mettetele in un’insalatiera dove le lavorerete, con sale e il succo di un limone biologico, massaggiandole delicatamente con la punta delle dita.
4. Pelate a vivo delle arance biologiche, meglio se rosse, mezza per ogni commensale e conditele con poco sale e aceto.
5. Miscelate cavolo e arance e condite con nocciole tostate ridotte in granella grossolana.
6. Per un tocco ancora più arabeggiante, passate le nocciole in padella in poco olio, una punta di zucchero e un cucchiaio abbondante di za’atar, miscela di erbe aromatiche del Mediterraneo e sesamo. Lasciatele raffreddare e quindi preparate la granella.
La magia di questa piatto agro-dolce e piccante, grazie alla forza della foglia del cavolo cruda, che ricorda la senape, appartenendo alla medesima famiglia, è proprio nel condimento senza olio: gusti decisi non ammorbiditi dal succo d’oliva.
I sapori di questa insalata sconfiggerebbero qualsiasi vino troppo informale. É perfetto invece un rosso col nerbo del Sangiovese, ingentilito dal Trebbiano, come facevano un tempo i contadini toscani per poter bere un vino tanto ricco in tannini già dalla primavera successiva alla vendemmia, e arricchito dai sentori di frutta dovuti alla macerazione a grappolo intero in anfora. Sto parlando del Buontempo.