Dolmadakia: gli involtini di foglie di vite della famiglia Kioutzoukis

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Dolmadakia: gli involtini di foglie di vite della famiglia Kioutzoukis

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Un tour del mondo tra pentole, fornelli e ricettari dei nostri Agricoltori Artigiani Artisti. Federico Francesco Ferrero è andato in Grecia a trovare la famiglia Kioutzukis di Kamara Wines per farsi raccontare come si preparano i dolmadakia: gli involtini di foglie di vite!

La diatriba sull’origine della cucina greca è uno dei temi intoccabili della cultura identitaria del popolo che abita oggi le terre un tempo appannaggio della civiltà che ha influenzato la cultura del Mediterraneo e di tutta l’Europa. Fatto sta che la quasi totalità dei piatti greci vanno fatti ascendere alla tripla influenza gastronomica subita da questo popolo orgoglioso: turca, francese e anglosassone. Ma ogni famiglia ha sviluppato la sua variante alle ricette dell’invasore, utilizzando a perfezione le materie prime del territorio e facendo di questi piatti una bandiera di appartenenza e di resistenza al più pernicioso e subdolo degli invasori: la globalizzazione. Così gli involtini di vite, dolmadakia, ahimè dalla parola turca “dolma”, “ripieno”, sono un vessillo della Grecia sia all’estero che in patria e, normalmente, sono immangiabili, perché riscaldati, cucinati con foglie di vite conservate in salamoia industriale o, peggio, pescati direttamente dalla scatoletta di latta della conserva della grande distribuzione.

Visitando la famiglia Kioutzoukis di Kamara Winery ho avuto l’onore di poter imparare la ricetta originale, quella di casa loro intendo, e di rappacificarmi con i dolmadakia. Non è affatto difficile, con un po’ di pratica ed impegno, ripetere il risultato. Anche se un greco vi dirà sempre che percepisce che sono stati cucinati da uno straniero!

Scegliete le foglie più piccole dell’uva sultanina (qui i Turchi non c’entrano perché il nome deriva da Sultania, città della Crimea), al mattino, prima che siano colpite dal sole. Le foglie dell’uva apirenica hanno una consistenza più soffice e risultano più malleabili. La perfezione non è di questo mondo, quindi potete provare anche con le foglie più delicate di un’altra varietà, se proprio non riuscirete a trovare un filare di uva sultanina. Quante più foglie e più riso prenderete quanti più involtini riuscirete a fare. E per le dosi resta valido il consiglio delle nonne greche: si va ad occhio e si mette a punto la ricetta dopo molte, molte prove. Proverò però a darvi qualche indicazione per sei persone o due molte golose.

La nostra ricetta

1. Mondate le foglie di vite dal picciolo, mettete da parte quelle rotte o rovinate e lavatele tutte sotto l’acqua corrente.
2. Gettate cinquanta foglie di vite in acqua bollente, per farle ammorbidire ulteriormente, scolatele, passatele in acqua corrente fredda e poi acqua e ghiaccio, per mantenerne colore e consistenza.
3. Con le foglie meno belle ricoprite il fondo di una pentola a bordi alti, così che gli involtini non si attacchino al fondo durante la cottura, disponendole “a faccia in giù”.
4. Ammollate sei pugni di riso bianco in acqua fredda e scolatelo dopo quindici minuti.
5. Tritate finemente, e in parti uguali, un mazzolino di aneto, uno di menta piperita e uno di prezzemolo freschi.
6. Mondate otto cipollotti e affettateli finemente insieme a una grande cipolla bianca.
7. Fate sudare in padella erbe e cipolle, aggiungendo un po’ d’olio e un po’ d’acqua. Aggiustate di sale e di pepe. Aggiungete il riso crudo. Spegnete il fuoco e lasciate raffreddare a pentola tappata.
8. Adesso viene la parte complicata: disponete una foglia “a faccia in giù” su di un piatto piano, con la punta lontano da voi. Mettete un cucchiaino scarso di ripieno di ripieno nella parte di foglia più vicina a voi. Chiudete le due “ali” della foglia sul mucchietto di ripieno, quindi iniziate ad avvolgere rotolando verso la punta.
9. Adagiate l’involtino appoggiando sul fondo della pentola, tappezzato di foglie, la parte beante (la punta), in maniera che non si apra in cottura, Partite dal bordo della pentola e procedete in maniera concentrica fino ad aver creato un unico strato.
10. Coprite gli involtini con un piatto rovesciato, affinché non si spostino durante la cottura.
11. Versate acqua calda nella pentola e mettete sul fuoco, al minimo, per venti minuti. In caso di dubbi assaggiate un involtino per controllare che il riso sia cotto.
12. Lasciate riposare qualche minuto, scolate e servite.

La cottura lenta del ripieno da crudo, assolutamente non presente nella cucina italiana (pensate agli agnolotti) ma presente invece nella maggior parte delle altre cucine del mondo, conferisce al fagottino una maggiore unicità, umidità e equilibrio. Vi consiglio, quando vi sarete impratichiti, di utilizzare le foglie più piccole e una minima quantità di ripieno, per creare dei microscopici bocconi, come i raffinati pasticcini delle confetterie sabaude, che facevano a gara nella miniaturizzazione dei propri dolci.

Inoltre, se eliminerete la cipolla a favore del solo cipollotto, di pochissima buccia di limone e di una punta appena di peperone verde fresco piccante mondato dai semi o di peperoncino infuso in olio, andrete oltre la tradizione ma otterrete qualcosa di molto interessante, soprattutto come stuzzichino per il giorno seguente, se avrete l’accortezza di far raffreddare i dolmadakia a temperatura ambiente, senza metterli in frigorifero.

Per un piatto più corposo, invece, sostituto di un primo, al posto dell’acqua, cuocete gli involtini in brodo di carne ben sgrassato.

Stappate una cassa di Stalisma White di Kamara, fresca ma non fredda, meglio ancora se conservata in cantina per un paio d’anni, e vi pentirete dopo un attimo di non aver raccolto le foglie di tutto il filare. Che la festa abbia inizio!

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