Acqua di zafferano

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Acqua di zafferano

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Materie prime d’eccellenza e qualche piccolo trucco del mestiere: come portare in tavola piatti semplici, ma degni dei grandi chef.

La chimica gastronomica ha sempre esaltato la capacità dei grassi di intrappolare i sapori. L’esperienza però insegna che nell’olio d’oliva o nel lardo si riesce a distinguere una gamma limitata di sfumature di sapore mentre nel vino, per la maggior parte composto d’acqua, i descrittori aromatici sono centinaia. Il grasso, piuttosto, aderendo tenacemente al palato finché un sorso di vino non venga a rimuoverlo, garantisce la persistenza del sapore, spesso non lasciando spazio a quello successivo, generando un effetto ovattato, ottundente.

Forse dobbiamo ripensare al nostro vettore di sapori preferito, come fece nel Settecento uno dei più grandi cuochi della storia moderna, Marie‑Antoine Carême, che si cimentò con brodi soavi ma intensi, delicate cotture al vapore, verdure mantenute croccanti tramite lunghe infusioni in acqua tiepida, carni e pesci magistralmente bolliti. E gli stomachi ingordi dei parrucconi aristocratici, avvezzi a smodate libagioni, così come le fauci fameliche della nuova ricca borghesia, che tentava di rivaleggiare in raffinatezza e opulenza con gli ultimi esponenti dell’ancien régime, non ne furono affatto delusi.

Il più grande detrattore del brodo è sempre stato l’alibi della mancanza di tempo, che ha dato vita alla produzione del terrificante dado industriale, coacervo di sale, aromi, glutammato. A dir la verità esistono anche dadi fatti per bene ma, in emergenza, vi assicuro che il brodo si può fare anche in quindici minuti. Un brodo delicato, intendo, un’acqua soave e profumata, che migliora qualsiasi piatto umido o asciutto. Basta sminuzzare gli ingredienti a piccoli bocconi, ridurre al minimo la quantità d’acqua, alzare il fuoco, raffreddare con ghiaccio, lasciar riprendere il bollore e concentrare. Ma è sempre preferibile procedere con calma. Lentamente. E poi filtrare due volte, prima al colino e poi in una garza, per ottenere un’acqua ricca di gusto e priva di impurità e di inutile grasso. Solo a questo punto sarà il momento di salarla.

La nostra ricetta

1. Mettere in pentola pochissima acqua insieme a ½ cipolla, 3 foglie di sedano, 1 gambo di prezzemolo, 2 chiodi di garofano 1/2 foglia d’alloro, che avrete tritato finemente.
2. Dopo averla battuta col batticarne, aggiungete la testa di un nasello (oppure un trancio di osso di vitello col suo midollo, oppure 100 grammi di carne di vitello o di maiale, oppure la testa e gli ossi di un piccolo coniglio di cortile, oppure la carcassa di un polletto ruspante).

Brodo

3. Schiumare il brodetto e filtrarlo più volte con una garza, fino a limpidezza.
4. In una ciotola coperta mettete in infusione 20 pistilli di zafferano con un mestolo di brodetto.
5. Conservate il resto del brodetto in caldo.
6. Quando l’infusione di zafferano avrà raggiunto colore e intensità decisi ma non amari, filtratela e unitela al brodetto.
7. Regolate di sale e aggiungete una goccia d’ aceto per fissare il colore.

Utilizzate questa acqua di zafferano come passe-partout per la cottura di un risotto ma anche per sfumare, bollire o umettare le verdure, la pasta fresca, i legumi, il pesce, i crostacei, la carne, le frattaglie. Perché il brodo riesce a compenetrare nel cibo gli aromi che una salsa può solo aggiungere dall’esterno.

Se il brodo ha una mancanza, è la persistenza del sapore, garantita più sovente dal grasso. Ma non c’è aroma più avvolgente e persistente di quello dello zafferano. È per questo che, con qualche pistillo di zafferano il sapore del brodo, anzi di questa acqua di zafferano, diventa eterno.

Le spezie amano le bolle. Per l’abbinamento scatenate la fantasia! Io vi propongo Bullicine di Tenuta Fornace, un metodo ancestrale agile e scattante, con una punta di aromaticità.

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