Guida pratica alla Borgogna

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Guida pratica alla Borgogna

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Una breve guida per muovere i primi passi in Borgogna, il più complesso mosaico di vigneti al mondo, un territorio dall’inestimabile patrimonio vegetale che regala le più affascinanti espressioni di chardonnay e pinot noir al mondo. 

Dal mito della Romanée-Conti, il Grand Cru più famoso e il vino più caro del mondo, agli imbattibili Montrachet della Côte de Beaune: la Borgogna non solo ospita alcune delle più rare eccellenze della produzione vitivinicola mondiale, ma rappresenta un territorio chiave nell’affermazione del vigneto come principale protagonista della qualità, del prestigio e dell’identità di uno vino. Tutto l’essenziale per sapersi orientare tra Climats, Villages, Premiers e Grands Crus.

DAI CLOS AI GRAND CRU: MAPPARE IL TERRITORIO NEI SECOLI 

Sulla Borgogna si potrebbero scrivere, e già son stati scritti, libri interi, ragione per cui sarebbe pretenzioso avere l’ambizione di racchiuderne un ritratto davvero autentico e dettagliato in queste poche pagine. A costo però di dover generalizzare e ricorrere a semplificazioni, abbiamo comunque voluto provare a delinearne i tratti caratteristici, cercando di illustrare le ragioni per cui questo territorio è universalmente riconosciuto come patria dei vini migliori del mondo. 

Va da sé che per comprendere le ragioni del successo di un territorio non si può che cominciare le indagini ripercorrendo all’indietro la linea del tempo fino agli albori della viticoltura. Come da copione, ancora una volta, i primi a cimentarsi nella coltivazione della vite furono i Romani, seguiti in questo caso dai Burgundi, da cui deriva l’origine del nome della regione. E poi nuovamente i monaci benedettini e cistercensi a prendersene cura durante il Medio Evo. Nel caso della Borgogna però, l’opera monastica non è solo artefice della diffusione della viticoltura, ma anche responsabile di una prima suddivisione qualitativa dei vigneti, attraverso l’edificazione di muretti in pietra che ancora oggi recintano alcuni appezzamenti particolarmente vocati, i clos.

Le difficoltà dei vini della Borgogna nel raggiungere facilmente le corti della capitale influenzarono il modello produttivo, direzionandolo verso un approccio qualitativo che giustificasse prezzi elevati in grado di coprire anche le spese di trasporto. Per questo il parlamento del Ducato di Borgogna nel 1660 vietò l’impianto di vigneti in aree pianeggianti, dando al vigneto borgognone una conformazione non troppo distante da quella attuale. A dare un’ulteriore scossa al panorama regionale ci pensò la Rivoluzione, con la confisca delle proprietà del clero e la vendita all’asta sotto forma di piccole parcelle.

È nel XIX secolo che finalmente, sulla falsa riga di quello di clos, si afferma il concetto di climat, aprendo di fatto la strada una prima rudimentale classificazione dei vini, o meglio dei vigneti, della Borgogna non troppo distante da quella attuale che si sviluppa su quattro livelli qualitativi, attraverso l’individuazione di parcelle fortemente caratterizzate da suolo, sottosuolo, esposizione, microclima e storia.

Sui gradini più bassi si posizionano le Appellations Regionales, nelle quali ricadono più di metà dei vini della regione con diverse AOC lungo tutto il territorio tra cui la generica Bourgogne, e le Appellations Communales, che raccolgono un terzo della produzione con più di quaranta AOC che portano i nomi dei comuni di coltivazione delle uve, per cui sono dette anche Village. A guidare la classificazione invece sono i Premiers Crus, che si attestano sul dieci percento della produzione con cinquecentosessantadue climat interni ai Village, e i Grands Crus, identificabili in meno del due percento dei vini con trentatré AOC, di cui ventiquattro in Côte de Nuits, otto in Côte de Beaune e uno in Yonne, diviso in sette differenti climat. Nel caso un Grand Cru sia di proprietà esclusiva di un Domaine prende il nome di monopòle.

BORGOGNA E BORDEAUX: ETERNE RIVALI

La classificazione dei vini in Borgogna, se messa a paragone con quella di Bordeaux, apre le porte ad alcune considerazioni interessanti, specialmente perché i vini di entrambi questi territori sono universalmente riconosciuti come esemplari dell’assoluta eccellenza vitivinicola.

Uno degli effetti dell’individuazione dei migliori vigneti piuttosto che delle migliori case produttrici è l’affermazione del concetto di Domaine, in opposizione a quello di Château. Se gli Château indicano le imponenti proprietà vitate bordolesi che circondano la l’edificio principale, i Domaine rappresentano invece insiemi di micro appezzamenti di vigna spesso distanti tra loro e appartenenti a diverse denominazioni. Così, se a Bordeaux la produzione si concentra essenzialmente su due etichette (il primo e il secondo vino dello Château) distinguendo le uve solo in base alla qualità e all’età dei vigneti, in Borgogna diventano invece fondamentali vinificazioni separate per ogni vigneto in modo da esaltarne e metterne in luce le caratteristiche. Per questo intimo legame con il luogo specifico di produzione e per gli oltre millequattrocento climats individuati all’interno della regione, quelli di Borgogna possono essere definiti vini di terroir, frutto della combinazione tra varietà, condizioni pedoclimatiche e fattore umano.

Se poi Bordeaux è principalmente terra di blend, al contrario in Borgogna, salvo rarissime eccezioni, le uve vanno incontro esclusivamente ad espressioni monovarietali con oltre l’ottanta percento del vigneto borgognone equamente diviso tra chardonnay e pinot noir. Il pinot noir, vitigno anemico di difficile gestione, trova il suo habitat ideale in Côte de Nuits, l’area settentrionale della Côte d’Or, dove i substrati particolarmente ricchi di calcare offrono la possibilità di raggiungere una maturazione ottimale. A seconda dei vigneti di provenienza il pinot nero può donare vini freschi, snelli e nervosi, fino a raggiungere, mentre si sale lungo la scala di classificazione, risultati straordinari in termine di ampiezza, volume e maturità.

Lo chardonnay, al contrario non trova concentrazione in unico territorio, ma si adatta alla perfezione ai terreni marnosi argillosi di Chablis, della Côte de Beaune, area meridionale della Côte d’Or, e ai vigneti di alcune aree d’eccellenza del Mâconnais, come ad esempio Pouilly-Fuissè. Scendendo verso sud lo chardonnay, da nervoso, stretto e austero, diventa più ricco, grasso e mediterraneo, trovando forse proprio a metà, nella CôtedesBlancs (da non confondere con quella della Champagne), il prestigio massimo, coniugando morbidezza, complessità e straordinari potenziali evolutivi.

Completano il vigneto borgognone il gamay, uva a bacca rossa appannaggio del Beaujolais e della produzione di rossi nel Maconnais, erroneamente considerata uva minore per vini di scarso interesse, e l’aligoté, uva a bacca bianca, che regala vini sottili, freschi e fortemente gastronomici.

Infine è bene sottolineare come l’accurata frammentazione e parcellizzazione del vigneto borgognone restituisca un panorama stilistico diversificato e complesso, con produttori che possono interpretare in maniera assai differente uno stesso climat, quando all’interno della scena bordolese non è così semplice uscire da uno “stile codificato” che ha determinato il successo internazionale di Bordeaux. Bordeaux e Borgogna eterne rivali, ma solo in termini di capacità d’attrarre a sé gli appassionati di vino, in realtà alleate nella varietà d’espressione della grandeur francese.

DA CHABLIS AL BEAUJOLAIS: LA BORGOGNA IN BREVISSIMO  

Situata nella Francia centro-orientale, la Borgogna, intesta come regione vitivinicola, si spiega lungo duecentocinquanta chilometri che corrono dall’altezza di Auxerre fino quasi a Lione. I vigneti si concentrano lungo questa fascia di terra in cinque distinte aree produttive che differiscono tra loro, oltre che ovviamente per le condizioni climatiche, per composizione e morfologia dei suoli e varietà dei vigneti coltivati.  

La prima area situata a nord è lo Yonne, ad est di Auxerre, attraversato dal fiume Serein e con al centro Chablis, un piccolo comune che ha dato il nome ad una delle più celebri AOC al mondo. I suoli chablisien, originatisi oltre centocinquanta milioni di anni fa, sono composti essenzialmente da marne grigie alternate a banchi di calcare bianchi e ricchi di piccoli fossili di origine marina. È questa matrice, unita al clima rigido della regione, che identifica gli chardonnay di Chablis: puri, taglienti, eleganti e minerali, vere e proprie “lame di coltello” in gioventù, capaci di evolvere nel tempo fondendo la loro vena più acida con la morbidezza della maturità. La classificazione qualitativa distingue quattro aree di produzione ben definite: Petit Chablis, Chablis, Chablis Premier Cru e Chablis Grand Cru, diviso al suo interno in sette diversi climat. A Chablis, insieme a produttori storici e assolute eccellenze come Dauvissat e Raveneau, convive una generazione di vignaioli più giovani guidata da Thomas Pico del Domaine Pattes Loup che sta scommettendo su un modello agricolo sostenibile e rispettoso per l’ambiente, traendo ispirazione dal lavoro pionieristico di Alice e Olivier del Domaine De Moor, punto di riferimento naturale del territorio già dal 1995.  

La seconda area, la Côte d’Or, è la regione più prestigiosa di tutta la Borgogna ed è costituita da una lingua di terra lunga cinquantadue chilometri e larga tre, che si estende da pochi chilometri a sud di Digione fino a Santenay ed è suddivisa a sua volta in Côte de Nuits e Côte de Beaune. 

La Côte de Nuits è la patria d’eccellenza del pinot noir, che dà il meglio di sé sui terreni ricchi di calcare, relegando allo chardonnay i pochi terreni più ricchi di marne e argilla. Tra gli otto Village rivestono notevole importanza quello di Gevrey-Chambertin, con i suoi otto Grands Crus, dove il pinot noir si esprime con forza, potenza, struttura e setosità, e Vosne-Romanée, sul velluto, l’eleganza e la longevità, dove si trovano due dei più famosi monopòle del Domaine Romanée-Conti: La Tâche, che restituisce un pinot più esotico, sulle spezie orientali, massiccio e robusto, e Romanée-Conti, più aereo, soave e fine. Tra i produttori della Côte de Nuits, al fianco del Domaine Romanée-Conti, si trovano altri mostri sacri come i Domaine Trapet e Prieuré-Roch, i capostipiti di una nuova generazione votata al naturale tra cui i Domaine Gilles Ballorin e Philippe Pacalet e giovani emergenti come Yann Durieux del Domaine Recrue de Sens 

Diversamente la Côte de Beaune, divide equamente i quasi equamente i suoi vigneti tra pinot noir, specialmente nei Village Aloxe-Corton, Pommard e Volnay, e chardonnay che raggiunge i massimi risultati nella cosiddetta Côte des Blancs tra i comuni di Meursault, Puligny-Montrachet e parte di Chassagne-Montrachet, dove si concentrano cinque degli otto Grands Crus di tutta l’area. Senza rivali il Montrachet, poco meno di otto ettari, dove lo chardonnay si rivela in tutta la sua maestosità, perdendo i lati più compressi di Chablis: burroso, tostato, floreale, morbido e sontuoso. Tra i pionieri e i più grandi interpreti dello chardonnay sono da ricordare nomi come Pierre Morey, Jean-Marc Roulot e i Domaine Leflaive e Comtes Lafon. Oggi in tutta la Côte d’Or, affianco ai produttori più storici, si stanno affacciando anche tante realtà di négoce che scelgono un approccio sempre meno interventista, come nel caso di Jean Pascal Sarnin e Jean Marie Berrux che hanno aperto la loro Maison a Saint Romain, con la possibilità di offrire un panorama trasversale della Côte d’Or. 

Scendendo ulteriormente a sud si incontrano terza e quarta area produttiva della Borgogna, rispettivamente la Côte Chalonnaise e il Mâconnais. La prima vanta una morfologia pedologica paragonabile a quella della Côte d’Or, oltre a condividerne i vitigni coltivati che si esprimono in AOC come Rully e Givry. La seconda invece, di dimensioni decisamente maggiori, sostituisce il gamay al pinot nero e contiene al suo interno AOC di grande spessore per lo chardonnay, come Pouilly-Fuissé con i suoi suoli di calcare, argille e scisti, Mâcon-Villages e Viré-Clessé dove prevalgono terreni granitici. Nel Mâconnais, lo chardonnay, risentendo dell’transizione climatica verso il sud, dà vita ad espressioni più ricche, grasse, solari ed esuberanti, come nel caso del Domaine Guillemot-Michel. 

A chiudere la lista il Beaujolais, ampia zona di produzione concentrata esclusivamente sui vini rossi dove i suoli granitici prendono definitivamente il sopravvento. Il gamay lavorato con accortezza stupisce sia per immediatezza e precocità espressiva ché per profondità e potenziale d’evoluzione, specialmente all’interno di uno dei dieci crus, tra cui spiccano Moulin-au-Vent e Morgon. Il Beaujolais, nella storia recente del vino, ha giocato un ruolo di primaria importanza in quanto sede della nascita del movimento naturale grazie a produttori come Marcel Lapierre, Jean Foillard e Claude Chanudet. Proprio per questa ragione piuttosto che approfondirlo in questa sede, abbiamo preferito farcelo raccontare direttamente da una delle sue protagoniste: Marie Lapierre. 

4 GIORNI IN BORGOGNA: L’ITINERARIO CONSIGLIATO 

Premessa: Ci sono alcuni territori per i quali itinerari da quattro giorni concedono la possibilità di immergersi a fondo nella scena enogastronomica locale senza dover rinunciare a visite ed escursioni non legate al mondo del cibo e del vino. Non è il caso della Borgogna, perché forse non sarebbe sufficiente un anno intero per cominciare ad avere una conoscenza chiara e dettagliata di questo mosaico di vigneti. Per questo motivo l’itinerario consigliato è pensato per i viaggatori più enofili, a tutti gli altri suggeriamo invece di ridurre il raggio d’azione, concentrarsi su un’unica sottozona e distribuire le attività proposte su più giorni. 

Prima di cominciare, un’ultima avvertenza: il nostro giro di ricognizione della Borgogna comincia da Chablis e termina a Mâcon. Il Beaujolais è stato volutamente lasciato da parte in quanto, essendo la regione simbolo per la nascita del movimento del vino naturale, a nostro avviso merita un viaggio dedicato

Giorno 1: Arrivo a Chablis. La citta di Auxerre si presta ad essere il giusto punto di partenza per il nostro viaggio. Solo venti minuti d’auto vi separano da Courgis, piccolo borgo chablisien e sede del Domaine De Moor. Oliver e Alice saranno felici di accompagnarvi tra i loro vigneti e di accogliervi in cantina dove potrete immergervi nel complesso panorama dei loro chardonnay, senza dubbio una delle migliori introduzioni allo Chablis. Non perdetevi i due premier crus Mont de Milieu e Vaux de Vey, provenienti dagli appezzamenti recentemente acquisiti dai De Moor, e l’Aligoté Plantation 1902, una perla rara frutto di una vigna ultracentenaria che dimostra che la mano di un grande produttore si percepisce specialmente sui vitigni minori. Prima di salutare Olivier e Alice, per proseguire calice in mano nello Chablis, chiedetegli di fare qualche telefonata per raccomandarvi da Thomas Pico o da una delle nuove leve del naturale. Approfittate del tardo pomeriggio per cominciare a dirigervi verso la Côte de Nuits: una passeggiata tra le vie del centro di Digione, una sosta alla storica Moutaderie Edmond Fallot, una tappa allo strepitoso bar à vin La Cave se Rebiffe e infine di nuovo in moto verso Brochon, dove potrete pernottare a Les Clos de la Libellules.

Giorno 2: Esplorare la Côte d’Or del pinot noir.
Con soli due giorni in tutta la Côte d’Or non si può che dividere equamente il tempo tra Côte de Nuits e Côte de Beaune, concentrandosi rispettivamente sul pinot noir e sullo chardonnay. Di prima mattina appuntamento a Chenôve con Gilles Ballorin, dove potrà mostrarvi i duemila metri quadrati da quali ha cominciato la sua avventura imprenditoriale nel 2005. In cantina Gilles è un vero fuoriclasse e ormai può offrire un ventaglio di espressioni di pinot noir sotto forma di Village, grazie alle parcelle distribuite lungo la Côte de Nuits da Marsannay fino a Nuits Saint-Georges.

A pranzo, poco distante dal Domaine, Gilles raccomanda le Castel de Très Girard, a Morey Saint-Denis e, conoscendo la sua attitudine da bon vivant, non è difficile che venga a mangiare insieme a voi.

Nel pomeriggio non potete esentarvi dal più classico dei pellegrinaggi di fronte al Grand Cru della Romanée-Conti, santuario per eccellenza di tutti gli appassionati di vini. Vi farà senza dubbio ragionare sul fatto che il prezzo dei vini non è relativo esclusivamente alla qualità, ma coinvolge numerosi altri fattori tra cui storia, fama e richiesta del mercato. Con un po’ di ricerca non è difficile assaggiare chicche strepitose, magari con qualche anno sulle spalle, di piccoli produttori a cifre sicuramente alte, ma ben distanti da quelle grandi blasoni. Per cena, date ancora una volta fiducia a Gilles, ma questa volta oltrepassate i confini per arrivare fino a Beaune dove potrete scegliere tra i due migliori bistrot e bar à vin della città: Le Maison du Columbier e Les Caves Madeleine. Spiegate il programma del vostro viaggio agli osti e affidatevi a loro per scoprire etichette nascoste e nuove tendenze.

Giorno 3: Esplorare la Côte d’Or dello chardonnay. Se la Côte de Nuits non esaurisce affatto la scena del pinot noir in Borgogna, è bene che in Côte de Beaune ci si concentri maggiormente sullo chardonnay, dove raggiunge eccellenze assolute. Il Domaine Pierre Morey a Meursault fa al caso vostro: oltre a trattarsi di un’azienda storica, la produzione verte sia sui rossi di Monthelié, Volnay e Pommard, che su varie declinazioni dello chardonnay di Meursault fino al Batard-Montrachet Grand Cru. Ad accogliervi troverete Anne, la figlia di Pierre che, dopo anni di esperienza al suo fianco, ne ha raccolto il testimone e porta avanti con determinazione l'importante eredità storica del Domaine. 

Nel pomeriggio non potete non fermarvi a Saint-Romain Jean Pascal Sarnin e Jean Marie Berrux. Non solo vi renderete conto del ruolo delle maison di nègoce in Borgogna, ma potrete allo stesso tempo completare la vostra personale mappa gustativa con i tasselli che vi mancano. La gamma di etichette firmate Sarnin-Berrux è infatti una delle più vaste e spazia su buona parte dei più importanti Village di tutta la Côte d’Or. 

Mentre la giornata volge al termine conviene, come fatto precedentemente mettersi in moto verso la prossima e ultima tappa. Lungo la strada che porta in zona Mâcon, potete concedervi una cena in grande stile in uno degli stellati della zona La Marande, Aux Terrasses e o La Table de Chaintré, per poi proseguire verso LitdeVin, cavist che offre accoglienti chambre d’hôtes a Uchizy. 

Giorno 4: Direzione Mâconnais. Giunti al termine del nostro itinerario, tra le tappe obbligate, manca all’appello l’incontro con lo chardonnay del sud, dove le rigidità di Chablis e la burrosità della Côte de Beaune si trasformano in ricchezza, esoticità ed esuberanza. L’esempio perfetto lo troverete nel calice di Viré-Clessé di Sophie Roussille, che con il supporto del marito Gautier, continua l’instancabile lavoro dei genitori Marc e Pierrette. Il Domaine Guillemot-Michel ha però da offrire un’altra perla rara: la Marc de Bourgogne, un’acquavite di vinacce affinata in legno di incredibile purezza.  

Prima di rimettersi in viaggio, Gautier consiglia altre due soste: la prima per mettere qualcosa nello stomaco nell’informale bistrot a Saint-Laurent-sur-Saône, L’Autre Rive, e l’altra a La Ferme de Bêcheron e La Ferme de Blanot, due microcaseifici che producono il meglio delle specialità casearie borgognone come l’Epoisses, il Brillat Savarin e il Troyes auxherbes, i giusti souvenir da riportare a casa. 

Buon viaggio!