Quando ho chiesto a Gabriele Buondonno di parlarmi del Chianti Classico mi ha subito reindirizzato al figlio Errico, studente del Master alla Scuola Sant’Anna di Pisa su vini italiani e mercati mondiali. Quando Errico ci invia il suo testo, è Gabriele il primo ad esserne sorpreso: “Apprezzo che mio figlio, figlio di due napoletani veraci, si senta un vero chiantigiano, un malato di Chianti. Questa è la forza di questo territorio che ti ammalia e ti affascina per come uomo e natura per secoli si sono interrelati, creando dei capolavori unici. Il clima mite, il carattere schietto e tollerante delle persone del posto fanno il resto, affinché presto ti senti a casa. Non a caso la popolazione del Chianti è molto eterogenea, in particolar modo tra i viticoltori, con provenienza dalle più svariati parti del mondo.”
Per chi è nato e cresciuto in Chianti come me è difficile non diventare dipendenti dalla vista di queste colline dove il bosco si alterna con i vigneti e le ulivete e qui e lì, circondata di cipressi, fa capolino una antica casa colonica o un borgo medievale con le sue torri e campanili.
La regione del Chianti si trova tra Firenze e Siena ed è delimitata da dai monti del Chianti a est e dalla Val d’Elsa e dalla Val di Pesa a ovest, comprende così i comuni di Greve in Chianti, Castellina In Chianti, Radda in Chianti e Gaiole in Chianti per la loro intera superficie ed in parte quelli di Barberino-Tavarnelle, San Casciano Val di Pesa, Castelnuovo Berardenga e Poggibonsi.
Di Chianti ne esistono diversi, c’è il Chianti da cartolina con i viali di cipressi i vigneti al tramonto i borghi medievali, le case coloniche ristrutturate e contorniate da giardini e piscine, dei ristoranti e degli agriturismi, ed è forse quello più famoso.
Vi è poi il Chianti del vino, che anche qui ha diverse facce: c’è un Chianti fatto di aziende medio-piccole, di viticoltori che collaborano fra loro, si scambiano consigli e studiano forme di cooperazione e condivisione per meglio affrontare il mercato ed i problemi tecnici che via via si presentano e vie è il Chianti dei grandi numeri, delle imprese commerciali ed industriali che spesso hanno interessi contrastanti con i primi. Questo mondo è inoltre fatto anche di tanti lavoratori, operai agricoli, enotecnici, trattoristi, impiegati, e da tutto le aziende di supporto all’agricoltura, dai fornitori di mezzi agricoli a prodotti per la viticoltura, meccanici e via dicendo.
Un altro Chianti è quello che si concentra nei paesi, ciascuno di questi costituisce una comunità a sé, spesso molto chiuse fra di loro e ha come tutte le realtà di piccoli centri abitati le sue tradizioni, luoghi di incontro anche modi di dire e dialetti che per un orecchio allenato sono distinguibili, e vi sono le famiglie storiche, i nuovi arrivati e vi si intrecciano storie, intrighi e pettegolezzi.
Il mio Chianti preferito, è quello più nascosto, è il Chianti più selvaggio che si scopre solo se lo si va a cercare, addentrandosi nei boschi, oggi territorio di cinghiali, daini e lupi. Qui si trovano luoghi unici, torrenti immersi nel verde, muri a secco di una bellezza commovente, pezzi di acquidocci in pietra murata a secco, vecchi mulini diroccati, resti di strade e ponti che sono stati inglobati dalla natura.
Per modellare questo territorio ci sono voluti millenni di storia e interazione tra l’uomo e natura. Circa tremila anni fa gli etruschi facevano incontrare questo territorio con una pianta con la quale è nata una relazione unica, la vite. Nella necropoli etrusca di Castellina, dove da ragazzini andavamo a giocare, sono stati ritrovati vasi contenenti acini d’uva risalenti al 800 a.C. Gli Etruschi introdussero anche un modo di coltivazione della vite rimasto in uso fino al secolo scorso. Questo metodo, chiamato in italiano “vite maritata” ma qui conosciuto come “Vite a Testucchio” o “Lòppio” consisteva nel far crescere la vite su alberi di acero campestre disposti in larghi filari, al cui interno venivano coltivate altre colture. Questo tipo di coltivazione è diventato molto raro, ma ancora vi sono alcuni vecchi vigneti a vite maritata, noi abbiamo la fortuna di averne uno in gestione risalente al 1936 , e cerchiamo di preservarlo in quanto trovo che sia un patrimonio storico-culturale unico.
Dagli etruschi in poi il legame del Chianti con la vite si è via via consolidato, nel medioevo i vini prodotti in questa zona erano già rinomati ed esportati nelle vicine città. Per averne un riconoscimento ufficiale bisogna aspettare il 24 settembre 1716 quanto i Granduca Cosimo III emanò per la prima volta nella storia un bando che delimitava alcuni territori particolarmente vocati per la produzione di vini di qualità che erano Chianti, Pomino, Carmignano e Val D’Arno di sopra, in cui l’area più estesa era proprio il territorio del Chianti dove oggi si produce il Chianti Classico. Questo è il primo documento legale nella storia che istituisce la delimitazione di un area viticola di produzione, il primo esempio di DOC ante-litteram. Da tale bando la fama del Chianti cresce fino al punto che due secoli dopo i suoi produttori decisero di unirsi in suo difesa, così nel 1924 nasce il primo consorzio vitivinicolo d’Italia, il “Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca di origine”, il simbolo adottato è quello del Gallo Nero, antico simbolo della lega militare del Chianti, che ha le sue origini in una legenda medievale.
“Dopo numerose battaglie per contendersi il territorio del Chianti, Siena e Firenze giunsero ad un accordo per delimitare i confini delle proprie province. Si convenne di far partire dai rispettivi capoluoghi due cavalieri e di fissare il confine nel loro punto di incontro. La partenza era prevista al primo canto del gallo, la cui scelta era perciò decisiva. I senesi scelsero un gallo bianco mentre i fiorenti scelsero un gallo nero che tennero a digiuno e richiuso in una piccola gabbia. La mattina stabilità il gallo nero, per lo stato di esasperazione in cui era stato indotto cantò molto prima del gallo bianco e consentì al cavaliere fiorentino di partire in anticipo, così che arrivò fino a Fonterutoli, una frazione a soli 12 km da Siena. Il territorio del Chianti rimase così sotto il dominio di Firenze.”
Il simbolo del gallo nero è rimasto fino ad oggi il distintivo del Chianti Classico e del suo consorzio, ed è il simbolo che distingue il Chianti Classico dal Chianti. Solo il Chianti Classico è infatti prodotto all’interno della regione del Chianti.
Dalla nascita del Consorzio per la difesa del vino Chianti e della sua marca di origine, diventato poi semplicemente Consorzio del Chianti Classico, la storia del vino di questo territorio ha avuto molte fasi e ha visto tanti cambiamenti. Oggi su di un territorio di circa 72.000 ha, 10.000 risultano vitati e di questi 7.200 ha sono iscritti all’albo del Chianti Classico; i soci del Consorzio sono circa 580 e di questi 376 imbottigliano con propria etichetta.
Ma come mai la vite si è ambientata così bene in questo territorio? Il Chianti offre caratteristiche ideali per la coltivazione della vite, il suolo è argillo-calcareo, ricco di alberese e galestro, così la vite trova un terreno bilanciato dove può andare molto in profondità con le radici. Anche l’altitudine e la leggera inclinazione delle colline del chianti sono ottimali, e il clima mite ma con forti variazioni termiche tra giorno e notte, dovute anche alla posizione intermediaria del Chianti tra la catena appenninica e il litorale, consentono alle uve di dare la loro migliore espressione e ricchezza. Una caratteristica del territorio chiantigiano è anche la sua grande variabilità, vi troviamo infatti al suo interno sfumature di terreno e situazioni climatiche e altimetriche così diverse tra loro da creare un universo quasi inestricabile, il cui unico denominatore sembra essere rappresentato da quel grande ed esigente vitigno chiamato sangiovese, un vitigno che è capace di esprimere il terreno dove è coltivato in maniera sorprendente, basta vedere come un sangiovese della zona di Radda sia diverso da uno di Panzano, ma anche all’interno della stessa azienda a fronte di poche centinaia di metri di distanza si raccolgono uve con caratteristiche organolettiche molto diverse.
Il Chianti non è solo territorio di produzione vinicola, ma è anche un territorio ricco di biodiversità, il 50% del territorio è occupato dai boschi, e ospita una fauna e una flora molto ricche. Vi sono poi le numerose ulivete che contribuiscono alla biodiversità del territorio, e sempre più diffuse sono piccoli produzioni cerealicole e ortofrutticole. Un'altra produzione importate è quella casearia, sono infatti diversi gli allevamenti di capre e pecore, di solito di dimensioni piccole e con prodotti di alta qualità, noi abbiamo un esperienza diretta nella nostra azienda, mia sorella ha infatti da due anni iniziato la produzione di formaggio di capra. Un altro settore che ha una sua importanza è la produzione di spezie, le spezie del chianti che Duccio Fontani produce nella sua azienda di Castellina in Chianti sono forse tra le più famose ed apprezzate.
La vite rimane la principale coltivazione ma una sempre maggior differenziazione della cultura sul territorio del Chianti trovo sia un dato molto positivo, e spero che si vada in questa direzione.
Un altro aspetto positivo che contribuisce al benessere del territorio è la sempre maggior attenzione alle tematiche di un agricoltura sostenibile. Quando mio babbo arrivò in Chianti nel 1989 le aziende biologiche oltre alla nostra erano solo 16 in tutta la Toscana. Oggi invece in Chianti più del 60% della produzione vitivinicola è certificata biologica, e il 17 settembre 2016 è nato il Biodistretto del Chianti, che include tutta la zona di produzione della docg Chianti Classico. Un’esperienza, quella del biodistretto nata dalla collaborazione tra le aziende vitivinicole e le istituzioni locali, e che ha trovato l’appoggio della popolazione e delle aziende agricole di tutto il territorio. Importante nella sua promozione è stata anche la stazione sperimentale per la viticoltura (SPEVIS). Gli obiettivi del biodistretto sono quelli di promuovere una agricoltura che rispetti l’ambiente e che contribuisca a dare una maggior territorialità al vino e a gli altri prodotti agricoli. Pratiche agricole biologiche sono viste infatti sia come fondamentali per l’ecologia e la preservazione dell’ambiente che per la qualità dei prodotti e la loro tipicità. Noi come azienda ci siamo fin da subito impegnati a sostenere tale progetto e stiamo lavorando perché cresca e dia frutti sempre maggiori. Tra le attività vi sono anche conferenze e lezioni su pratiche agricole sostenibili, aperte a tutta la comunità, tra le ultime vi sono state una serie di lezioni sull’apicoltura, tenute da Pietro Benciolini, proprietario insieme a mia sorella Marta Buondonno dell’azienda agricola l’Apicorno.
Certo i passi verso una agricoltura del tutto sostenibile su tutto il territorio del Chianti Classico sono ancora tanti, la viticoltura rimane comunque un agricoltura invasiva, per questo credo sia importante preservare la biodiversità del territorio, i numerosi boschi che coprono più del 50% del territorio sono un elemento fondamentale, ma anche promuovere l’olivicoltura, l’apicoltura, la zootecnia e la varie colture è importante per preservare il territorio e la sua ricchezza.
Giorno 1-2: Prendersi un paio di giornate per visitare i vari paesini e borghi medievali, e percorrere le strade del Chianti godendosi i paesaggi che curva dopo curva si offrono alla vista, è assolutamente necessario. Venendo da Firenze si può percorrere la chiantigiana (S.S. 222) fino a Greve, dove fare una prima tappa nella piazza principale del paese con i suoi portici, sotto i quali si trovano botteghe di artigiani e ristoranti di ottima qualità. Una visita al piccolo borgo medioevale di Montefioralle ad appena 2km dal centro di Greve è vivamente consigliata. da Greve si sale poi verso Panzano, entrando nel cuore del chianti, questo paesino sul cocuzzolo della collina regala scorci unici sulle colline circostanti, e vi si può mangiare la “ciccia” più famosa del Chianti dal macellaio Cecchini e trovare ottimi vini presso l’enoteca Baldi di Piazza Bucciarelli. Da Panzano si prosegue verso Radda e Gaiole, entrami borghi medievali, uno arroccato fra le sue mura e il secondo sulle sponde di un fiume. Lungo la strada per Radda, alla frazione di “Lucarelli“ merita fermarsi a colazione o a cena all’Osteria le Panzanelle, simpatica trattoria chiantigiana con una interessante carta dei vini . Una visita al Castello di Volpaia la consiglio anche vivamente, poco a nord di Radda. Tornando sulla chiantigiana e continuando a scendere verso sud si arriva a Castellina, con il suo cassero medioevale che domina la valle, alla cui base si può mangiare un ottima cena di cucina tipica Chiantigiana al ristorante La Torre o assaggiare dell’ottime specialità di carne dalla macelleria Stiaccini. Un ultimo borgo che si trova più avanti verso Siena è Monteriggioni, forse il più suggestivo, un cerchio di mura contorniato di torri, che come una corona si posa in cima a una collina, pronto a resistere agli assedi più terribili grazie ai suoi numerosi pozzi.
Giorno 3: Una giornata da dedicare al vino è poi d’obbligo, tutte le aziende vitivinicole del Chianti offrono visite e degustazioni in azienda e cantina, i contatti delle aziende si possono trovare sul sito del Consorzio, che fornisce anche una mappa con la loro localizzazione. Se fate un colpo di telefono per sentire la disponibilità e avvisare del vostro arrivo è sempre gradito, soprattutto per le aziende di dimensioni minori, dove è lo stesso proprietario o qualche familiare ad accogliervi. La maggior parte delle aziende offrono sia un servizio di vendita diretta che uno di degustazione con visita e magari un merenda. Il mio consiglio è di chiarire subito il vostro intento, se fare una degustazione con visita che sarà perciò a pagamento, di solito intorno ai 15 euro, dipende poi dal numero di persone, o assaggiare i vini per poi fare acquistare qualche bottiglia, nel qual caso la degustazione dei vini di solito non viene fatta pagare. Non fatevi ingannare dal nome, nonostante siano tutti Chianti Classici, il vino di ogni azienda è diverso da gli altri, ha le sue caratteristiche, dovute sia al terreno, che alla mano e al pensiero del viticoltore. Sentire la differenza dei vini prodotti in zone anche molto vicine e sentirseli raccontare da chi li produce è un’esperienza unica.
Giorno 4: Una giornata infine da dedicare alla scoperta delle strade bianche del Chianti, che si diramano tra i boschi e i vigneti può essere un’ottima idea. I sentieri da percorrere sia a piedi che in bicicletta per i più sportivi sono molti, tra i più famosi vi sono le strade bianche tra Panzano, Volpaia, Radda e Gaiole, dove ogni anno si tiene L’ Eroica, forse la gara ciclistica su bici d’epoca più famosa al mondo che registra ogni anno un numero crescente di iscritti (più di 8.000 nel 2019) provenienti da tutto il mondo.
Buon viaggio!
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