Quanto è importante essere squadra e avere il proprio ruolo all’interno di un’azienda famigliare? Per scoprirlo siamo andati a trovare i protagonisti della famiglia Kristancic, vignaioli di Movia.
Percorrendo la strada statale che porta da Cormons verso Gorizia vi troverete a costeggiare la linea di divisione tra Collio e Brda dopo aver valicato il confine all’altezza di Ceglo, a poche centinaia di metri, vi imbatterete nelle prime indicazioni per Movia, la storica cantina slovena della famiglia Kristancic.
UNA NOTTE (IN CANTINA) DA LEONI
Ci sono cantine che si prestano ad essere raccontate per la loro storia, altre per l’eccezionalità dei loro vini, alcune per la filosofia di cui si fanno portavoce, altre ancora per quanto simboleggiano all'interno della regione dove si trovano e poi ci sono quelle come Movia che meriterebbero di essere raccontate secondo tutti questi aspetti. Ma se la storia dell’azienda, così come i vini, è già stata raccontata in tutti i modi, la chiave narrativa che abbiamo voluto prediligere è quella relativa alle persone, alla famiglia Kristancic, i protagonisti di quell’organismo complesso e articolato che è Movia.
La prima volta che ho incontrato Ales Kristancic eravamo nel salone del Grand Hotel dei Castelli, a Sestri Levante, la sera prima di uno degli ultimi Triple “A” Live, e della sua attitudine festaiola e nottambula ne ero a conoscenza solo per sentito dire. Quando gli porsi la mano, lui al posto di ricambiarmela mi tese una bottiglia del suo Pinot Nero, poi mi afferrò il braccio e al grido di “facciamo festa” mi trascinò dietro di sé. Cinque minuti dopo sulla terrazza affacciati sulla Baia del Silenzio stavamo cantando a squarciagola Generale di De Gregori.
Ancora oggi il ricordo di quel momento rientra tra le situazioni più divertenti e felici che ho vissuto da quando frequento il mondo del vino. Così, quando partiamo alla volta di Movia, con l’obiettivo di esser lì per cena, sono più che consapevole che ci aspetta una serata impegnativa ma che con ogni probabilità rientrerà tra i nostri ricordi migliori.
Il buio avvolge la tenuta composta da più caseggiati color rosa arancio e la scritta “Movia 1820” conduce a una porta verde. È aperta, ci facciamo avanti e di fronte a noi una scala guida lo sguardo verso l’alto fino ad un grande salone con un enorme tavola apparecchiata al centro.
“Venite, venite!” riconosciamo la voce della padrona di casa mentre ci viene incontro. Vesna è la moglie di Ales, donna di charme, spirito libero e fonte di entusiasmo, anima sensibile e collante essenziale tra le personalità forti che compongono l’universo Movia. Vesna ci fa accomodare al tavolo lungo la parete a vetri e nel frattempo ci raggiungono anche Ela e Lan, i figli, e Nina, fidanzata di Lan, ormai vera e propria parte integrante dell’azienda e della famiglia. L’orologio segna già l’ora dell’aperitivo e Lan subito ci mette in mano un calice di Gredic. Mentre viene servita la cena, Vesna dirige l’accompagnamento musicale della serata, ci illustra i quadri di uno dei suoi pittori preferiti appesi alle pareti e ci racconta di come il salone di casa Movia durante l’anno sia anche sede di diverse esposizioni di opere d’arte. Poco dopo anche Ales fa il suo ingresso trionfale, con il sorriso stampato in faccia abbraccia uno ad uno tutti i presenti, dà un bacio a Vesna e alzando i pugni all’aria esclama “facciamo festa”!
Pronti, partenza, via: allo scoccare della mezzanotte, dopo aver passato in rassegna nel calice cinque o sei vini tra la vasta gamma di Movia, indossiamo i giacconi e scendiamo le scale in direzione cantina, dove Ales si muove più a suo agio di notte. Lan ci guida inizialmente nella stanza di affinamento dei Veliko Belo e Veliko Rdece, i “grandi vini” di Movia in versione bianca e rossa, e poi ci fa largo nella cantina di vinificazione. A luci accese ci si para davanti un corridoio a mezzaluna contornato da vasche d’acciaio e uova di cemento, Ales ci raggiunge dal lato opposto a bordo di un hoverboard, il suo mezzo di trasporto personale da lavoro.
Lan ci versa nei calici la nuova annata di Gredic spillandola dalla vasca e spiega “Il vino è ancora torbido perché è giovane, sta ancora decantando e le proteine vanno via via precipitando dall’alto verso il basso”. “Vediamolo!” interviene Ales dopo aver recuperato il muletto e usando il pallet a mo’ di ascensore fino a farci raggiungere il soffitto. Lan salta sulla cima della vasca, apre il coperchio e recupera il vino con una brocca. A terra confrontiamo i calici. “Da media vasca ti rendi conto del corpo del vino, dall’alto della direzione che prenderà il naso” spiega Ales, poi appoggiando il braccio sulla spalla del figlio più alto di lui conclude “da quando c’è Lan io ho finalmente il tempo di esprimermi e faccio le mie sperimentazioni con libertà”.
La cantina è grande da far perdere il senso dell’orientamento, procediamo tra le botti di legno mentre svelo a Lan il mio desiderio che viene esaudito, non prima però di aver confrontato la Ribolla in legno con quella in cemento. Poi finalmente mi accompagna fino in fondo alla cantina, dove si ergono vere e proprie pareti composte da centinaia di bottiglie di Puro accatastate orizzontalmente. Ales prende una bottiglia, toglie la gabbietta e fa saltare il tappo. “Questo è il Kapovolto, una versione con sboccatura manuale del Puro Bianco, in questo modo la bottiglia si può aprire con una normale bottiglia di spumante” mi spiega Lan “Si tratta di una produzione una tantum: abbiamo imbottigliato il Puro con una partita di tappi difettosi che facevano fatica ad uscire, quindi per non buttarlo via abbiamo dovuto sostituirli. In due ci siamo messi ad aprire quattromila bottiglie a mano. Ci abbiamo messo tre giorni e non ho più voluto vedere Puro per un mese.”
Quando torniamo dalla cantina Vesna, Ela e Nina ci stanno aspettando con i calici pieni e la musica a tutto volume: la serata è tutt’altro che finita.

UN’AZIENDA, UNA FAMIGLIA, UNA SQUADRA
La mattina successiva si apre dopo quattro ore di sonno per i più fortunati e un paio per i più temerari. Il giorno svela aldilà della parete a vetri una distesa di vigne illuminate dal sole, Ela e Nina mi vengono incontro offrendomi un caffè e ne approfitto per fare due chiacchiere con loro. “Sono tornata a lavorare full-time da Movia dopo l’università e un’esperienza a New York dal nostro importatore” comincia Ela “Con Lan abbiamo cominciato ad accompagnare i nostri genitori in fiera sin da piccoli, ora ognuno ha il suo ruolo, ma non sempre è facile conciliare idee, proposte e volontà perché abbiamo tutti un carattere molto forte. Ad ogni modo siamo una squadra e siamo sempre sinceri tra noi. Io mi occupo principalmente dell’export, del marketing e dell’ospitalità lavorando sempre a stretto contatto con Nina, la nostra sposa” conclude guardandola con un sorriso. Nina contraccambia con complicità e continua “Ci compensiamo, siamo un’ottima combinazione insieme: lei è più business-oriented mentre io mi dedico più all’estetica e al design. A marzo concludo gli studi di hospitality a Parigi e andremo tutti insieme in macchina, così dopo la cerimonia ne approfittiamo per fare un giro in Borgogna per cantine. La cosa bella di Movia è che qui non esiste la routine, bisogna essere flessibili, ma si imparano a fare venti lavori diversi”.
Vesna ci ha riservato una colazione da un albergo di loro amici a poche centinaia di metri, sotto al quale hanno appena terrazzato un terreno per impiantare una nuova vigna ad anfiteatro. Lì ci raggiunge Ales giusto per il tempo di sbranare tre brioches e rimetterci in moto verso i vigneti. Ad aspettarci c’è Lan intento a verificare i pali da cambiare. I filari passano dai terrazzamenti alla pianura, arrivando addirittura a curvare nei punti più ripidi per diminuire gli effetti del dilavamento. Una fascia di terra scoperta permette ad Ales di mostrarci il Flysch “sono sostanzialmetne ex pietre macinate in sabbia, formano la tipica stratificazione di arenaria e marne del Collio” ci spiega. Lan mi mostra quattro filari di gewurztraminer piantati con quattro suoi amici come esperimento e gli chiedo cosa ne pensa un vignaiolo della nuova generazione come lui delle viti resistenti.
Mi risponde senza esitazione “rappresentano sicuramente il futuro, specialmente in zone dove queste dove spesso sono necessari più di dieci trattamenti all’anno. È essenziale limitare i trattamenti anche per questioni legate al passaggio col trattore e al compattamento del terreno. Per questo mettiamo in pratica oltre a quelli biodinamici altri preparati a base di alghe che contengono sostante minerali che vengono ingerite dai funghi provocandone la morte”.
Risaliamo in auto e Lan ci accompagna fino alla torre di Gonjace. Centoquarantaquattro gradini permettono la vista panoramica a trecentosessanta gradi sul Brda, fino alle pianure friulane, alle Alpi Carniche e Giulie e alle valli del Vipacco. Nel frattempo ci racconta la sua storia “da piccolo avevo in testa di fare il cuoco, poi nel 2018 ho fatto la mia prima vendemmia dopo il liceo classico e praticamente da quando ho messo piede in cantina non ne sono più uscito”.
UN’AMICIZIA LUNGA VENTICINQUE ANNI
Da Movia ritroviamo la tavola apparecchiata, questa volta in terrazza. Due ospiti sono arrivati senza preavviso e Vesna non ha fatto altro che aggiungere due posti a tavola. Lan apre due o tre annate di Puro una in fila all’altra, dimostrando che “l’effetto Kapovolto” è superato. Nel calice, vino dopo vino, si ritrovano le caratteristiche di ognuno dei protagonisti della famiglia: dallo stile e dall’eleganza di Ela e Nina alla precisione e al rigore di Lan, dall’energia e dallo charme di Vesna alla libertà espressiva e alla visione di Ales. È nella singolarità delle persone, nella loro reciprocità e nella coesione della famiglia che Movia trova la sua forza ed è lì che risiedono l’importanza sua storia, l’eccezionalità dei suoi vini, la filosofia di cui si fa portavoce e il simbolo che rappresenta per la vitivinicoltura slovena.
L’accoglienza e l’atmosfera che si vive in casa Kristancic ci fa sentire in famiglia in maniera ancora più intima e profonda di quanto già succeda di solito con ogni vignaiolo Triple “A”. Il motivo vero e proprio però lo capisco solo dopo risfogliando gli appunti presi alle prime luci del mattino della notte precedente, quanto al tavolo eravamo rimasti solo io, Ales, un loro ospite americano e una bottiglia di Lunar.
“Io ho cominciato con Velier prima ancora delle Triple A” mi aveva raccontato Ales riempiendo i calici “Sarà stato il ‘97 o il ‘98 e avevo un appuntamento con un importante produttore e distributore italiano al Vinitaly. Per una serie di contrattempi arrivo davanti al suo stand con più di un’ora di ritardo. Non mi fanno neanche entrare e rimango lì, con un contratto sfumato e un cartone pieno di vino in mano”.
Poco dopo avevo ricordato ad Ales il modo in cui ci eravamo conosciuti e aveva imbracciato la chitarra attaccando i primi accordi di Generale. Forse anche quella canzone, come l’appuntamento mancato, l’ha scelta il destino, perché le ultime strofe hanno descritto alla perfezione la situazione del momento “tra due minuti è quasi giorno” e i sentimenti che si provano dopo aver vissuto ventiquattrore da Movia in compagnia della famiglia Kristancic“ è quasi casa, è quasi amore”.