Vostra cugina è un fenomeno nel gestire le riunioni di famiglia. Profilo grazioso, lavoro di tutto rispetto, un fidanzato che fa un sacco di cose, il padre che applaude ogni sua parola. A tutti gli altri è lasciato l’annuire con finta disinvoltura, l’accennare un sorriso di tanto in tanto e qualche risata da dissimulare dietro un calice di vino. Il sole fuori è ancora alto e come spesso capita in queste occasioni, la bottiglia in mezzo al tavolo è finita. Urge una nuova fonte di intrattenimento.
Chiedete permesso, vi alzate e sparite dentro casa. Mentre vi riavvicinate al gazebo, lanciate un’occhiata alla bottiglia che stringete tra le dita. Fate un lungo respiro. Sapete già cosa sta per succedere. Non appena vi sedete e allungate una mano verso il cavatappi, la cugina si zittisce. Piega la testa e fissa il vino. -E quello cos’è?-
Dal fondo del tavolo vostro zio è pronto come sempre. -Io lo so! Sono gli orang uainz!-Voi storcete la bocca, il pubblico tace, la cugina arriccia il naso, confusa. Sono secondi di tensione. Le cose da fare in questi casi sono due. Lasciare che il silenzio si prenda tutto (o peggio, lo zio) oppure riempire i calici con una piccola spiegazione che duri il tempo che serve a non lasciare affiorare nemmeno uno sbadiglio. Impresa ardua, soprattutto perché la cugina vi sta fissando spaparanzata sulla poltroncina, con le braccia conserte e un’espressione annoiata come non mai.
Bene, eccoci qui. Brevi, concisi, facili, a portata di riunioni di famiglia. La prima cosa da dire quando servite un vino arancione a chi di arancione conosce solo il colore dello spritz è una sola. -Stiamo per bere un vino rosso travestito da bianco!- Con l’incipit da romanzo giallo dovreste esservi guadagnati l’attenzione di tutti. Ma badate bene: adesso arriva lo spiegone e sarà il caso che non vi complichiate troppo la vita. Provate così.
Quando si parla di orange wine, o più semplicemente di bianchi macerati, ci si riferisce a una categoria di vini prodotti a partire da uve a bacca bianca, vinificate come se si trattassero di vini rossi, ossia svolgendo un periodo di macerazione a contatto con le bucce. Nel caso in cui lo zio dovesse alzare un sopracciglio, aggiungete che, se il vino bianco si contraddistingue per un’immediata separazione delle bucce dal mosto, negli orange wine questo contatto si protrae, così da permettere al vino di assumere un colore intenso, maggior struttura e profumi più complessi.
Lo zio prende in mano il calice e lo osserva. -Le bucce lo fanno diventare arancione?- Esattamente. In base alla durata della macerazione il vino cambia, perciò definirlo orange wine non basta a spiegarne i diversi gradi di complessità. Per esempio, un vino frutto di una macerazione breve tende ad assumere un colore più dorato, dalle sfumature calde. In questi casi la struttura del vino rimane pressoché invariata: parliamo di vini bianchi macerati. Idem se il processo viene svolto in ambiente riducente: in assenza di ossigeno il vino tende a sviluppare tonalità più dorate.
Invece, se i tempi di contatto si allungano e l’ambiente è di tipo ossidativo, ossia con la presenza di ossigeno, l’estrazione di sostanze coloranti dalle bucce permetterà al vino di assumere un colore molto più intenso e ambrato. Avremo inoltre un vino dotato di grande struttura, tannico e dal ricco ventaglio aromatico altrimenti inespresso. Insomma, un rosso travestito da bianco.
Alle spallucce della cugina -a me sembra soltanto una moda!- non lasciatele il tempo di aggiungere altro. Annuite con lei, perché in un certo senso ha ragione: negli ultimi vent’anni il vino orange ha ammaliato come mai prima d’ora. Ma spiegatele che in realtà i vini macerati sono il risultato di una lunghissima tradizione vinicola. Come spesso capita nella viticoltura artigianale, l’innovazione è il frutto della riscoperta.
I primi orange wine affondano le proprie radici negli albori della viticoltura, in quella terra magica e lontana che diede la luce al vino, oltre 6000 anni fa: la Georgia. Con ogni probabilità infatti, i vini dalle sfumature ambrate hanno origine nelle tradizioni vinicole delle kvevri, le famose anfore di terracotta georgiane che venivano interrate per lunghi periodi.
Poi, nei primissimi anni ’90, produttori del calibro di Stanko Radikon e Josko Gravner hanno avuto la lungimiranza di ripristinare l’ancestrale tradizione della macerazione sulle bucce nei vini bianchi. Non a caso, oggi, la sottile linea di confine tra Friuli e Slovenia viene considerata la patria degli orange wine.
Prendete la gocciolina di sudore che si sta prepotentemente facendo strada sulla fronte dello zio come un’avvisaglia del fatto che vi restano pochi secondi: potreste aggiungere che gli orange wine sono molto affini al mondo dei vini naturali, perché con loro condividono la filosofia controcorrente e artigianale. Inoltre, la macerazione permette una migliore propensione alla fermentazione spontanea e all’abolizione dei solfiti aggiunti. Ma la cugina vi ha nuovamente rubato la scena, cominciando a raccontare di quella volta che il suo fidanzato… Perciò, senza ulteriori indugi, schiaritevi la voce, proponete un brindisi a questo piccolo momento di felicità.
Quando lo zio annuirà vigorosamente. -Buoni questi orang uainz!- Voi sorridete e, senza nascondervi dietro al calice, fatevi volere bene per i puntigliosi che siete -Si dice orange wine, zio, senza la “s”-
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