La sveglia all’Archetipo suona prima ancora dell’alba: cinque e mezza, sei meno un quarto al massimo siamo tutti in piedi. Una colazione veloce, ma sostanziosa che ci permetta di dare il via alla giornata lavorativa alle sei e trenta e di tirare dritto fino a pranzo. L’organizzazione del lavoro è particolarmente meteoropatica: dipende dal tempo che fa, da quello che ha fatto e da quello che farà. Se la notte ha piovuto per esempio, prima di andare tra i filari, che qua son tutti inerbiti, si aspetta fino alle dieci altrimenti si finisce per impantanarsi e basta. E allora per ingannare il tempo si passa prima dalla cantina, dove si fanno travasi, si lavano le vasche, o quello di cui c’è più bisogno in quel momento. Altrimenti di norma la mattina ci si dedica ai vigneti e ai campi.
Qui non c’è una divisione dei lavori precisi, si va a seconda delle necessità e quindi si finisce per fare tutti un po’ di tutto. Abbiamo finito di fare la potatura invernale una ventina di giorni fa e stiamo ultimando le legature. Questo è forse il periodo più tranquillo dell’anno, quello di calma prima della tempesta: tra un paio di settimane abbondanti infatti comincia la potatura verde e da lì in poi, fino a inizio gennaio, non c’è tempo di fermarsi neanche un attimo. Cinque giorni fa le piante hanno cominciato a germogliare. La crescita è veloce e, da un giorno all’altro, i germogli crescono anche di un paio di centimetri. A mettersi di traverso però c’è come sempre il meteo. Le previsioni indicano una minima sotto zero: un bell’incubo per chi fa il vignaiolo. Solitamente chi pensa alla Puglia pensa al caldo, ma a Castellaneta, dove ci troviamo noi, c’è un crocevia di venti notevole e delle escursioni termiche molto importanti. Se questo da un lato rappresenta un vantaggio più avanti nella stagione per il raggiungimento della maturazione fenolica delle uve, in questo periodo il rischio gelate è dietro l’angolo e bisogna essere pronti a intervenire.
Le cellule vegetali che formano i germogli sono ancora molto delicate e non hanno delle pareti molto resistenti. Nel momento in cui le temperature scendono sotto lo zero, l’acqua all’interno della cellula si ghiaccia e aumentando il volume finisce per rompere la cellula. Se muoiono le cellule perdi il germoglio. Se perdi il germoglio perdi l’uva. Se perdi l’uva puoi anche chiudere la cantina. Questa dunque è una fase di cruciale importanza e se non si sta attenti si rischia di buttare all’aria il lavoro di tutto l’anno.
Per combattere le gelate adottiamo due diverse strategie. Lungo i nostri filari corrono i fili per l’irrigazione di soccorso che di solito vengono utilizzati d’estate in caso di siccità estrema. La temperatura dell’acqua sta attorno ai 13-14 gradi centigradi e il gocciolamento crea un volano termico tra i filari che funge da rete di protezione. Spesso però questo non è sufficiente e bisogna passare alle maniere forti accendendo i fuochi. Noi abbiamo la fortuna di avere mezz’ettaro di frutteto e un viale alberato che conduce alla cantina e che ogni anno ci regalano più di venti quintali di legno di potatura secca. La strategia consiste nel creare delle cataste di legno esterne ai vigneti, dove si trovano anche le piante più esposte. Si fanno dei veri e propri falò che riscaldano l’aria e così si riesce a mettere in salvo i germogli. Bisogna giocare d’astuzia e posizionare i fuochi a seconda della direzione del vento, in modo che l’aria calda investa le giuste porzioni di vigneto. I falò vanno accesi poco prima che le temperature raggiungono la minima, qui di norma accade verso le quattro e mezza di mattina e questo significa svegliarsi alle quattro per accendere i fuochi. E a quel punto, già che si è in piedi, si va avanti a lavorare e si fa una tirata unica.
La mattina stacchiamo all’una meno un quarto e riusciamo a mangiare tutti insieme prima di rimetterci al lavoro verso l’una e mezza. Il pomeriggio di solito è dedicato alla cantina. In questo periodo si può pensare che i vini non abbiano bisogno di grandi attenzioni, ma non è così. Se le temperature sono troppo basse la notte, di giorno si rischia che siano troppo alte. Se le masse si riscaldano troppo l’attività microbica troppo elevata può portare a diversi problemi, come la riduzione, soprattutto nei vini più giovani. Per evitare questo è bene fare dei travasi in modo da eliminare le fecce più grosse, che sono anche le meno eleganti, e soprattutto per far prendere un po’ di aria ai microbi che in questo modo non vanno in stress.
Lavorando anche con l’estero non ci si ferma mai e, finiti i travasi, ci si mette ad etichettare, a preparare i pallet e soprattutto ci si cimenta con la burocrazia, che purtroppo è una parte sempre più consistente del nostro lavoro. Ci si organizza in modo da finire il lavoro verso le 19, ma il più delle volte andiamo lunghi, anche perché spesso la burocrazia ci costringe ad andare ad Altamura dove si trovano la maggior parte degli uffici. A volte non si fa in tempo a far tutto e allora qualcuno si ferma ad Altamura e non si riesce a stare tutti insieme a cena.
Il nostro vino in tavola non manca mai, ma solo per essere bevuto. Le degustazioni dalle vasche invece, quando sono necessarie, vengono organizzate di mattina, in modo da avere il palato pulito e la mente fresca. La gamma è ampia e quindi si va avanti anche fino a pranzo. Di solito dopocena si crolla, perché la mattina successiva ci si sveglia presto. Ma prima c’è da controllare bene il meteo, che se la notte gela ci si sveglia ancora prima del previsto.