Privacy Policy Cookies Policy
Serge Hochar: un homme vraiment exceptionnel

Editoriale //

Serge Hochar: un homme vraiment exceptionnel

Scritto da

Che ruolo ha giocato l’amicizia tra Serge Hochar e Luca Gargano nella formazione del pensiero delle Triple “A”? Alla scoperta delle origini degli Agricoltori, Artigiani, Artisti tra ricordi, influenze e contaminazioni positive.

Tra tutti i produttori di vino che ho incontrato nella vita, Serge Hochar è stata la persona più importante e decisiva per la creazione del protocollo che ha dato la nascita alle Triple “A” e a quello che oggi chiamiano “vino naturale”. (Luca Gargano)

IL PRIMO INCONTRO CON SERGE

Ci sono tre tappe fondamentali nella nascita delle Triple “A”. La prima, la più recente, è il debutto nel 2003, l’anno in cui è iniziata la distribuzione e di cui oggi si festeggia il ventesimo anniversario. La seconda risale al luglio di due anni prima, con la redazione da parte di Luca Gargano del Manifesto e del Decalogo degli Agricoltori, Artigiani, Artisti. La terza invece non è identificabile in un momento preciso perché si tratta del processo che riguarda lo sviluppo del pensiero che ha portato a tutto questo. Per risalire alle origini della rivoluzione culturale che ha investito il mondo del vino in questi ultimi vent’anni, bisogna cominciare da qui. O, più precisamente, dalla nascita di un’amicizia, quella tra Luca e Serge Hochar, storico produttore di Chateau Musar.

Tutto inizia con quel viaggio in Libano che ha dell’incredibile. “Non avevo idea che quei tre giorni sarebbero rimasti scolpiti nella mia memoria in questo modo” dice Luca, mentre fatica a trovare le parole per descrivere le sensazioni che ha provato entrando, per la prima volta nella vita, in un paese in guerra, e per giunta in uno dei momenti più violenti del conflitto. “Il Libano era sulle prime pagine di tutti i giornali. Da un lato le macerie e i bombardamenti, dall’altro la vita quotidiana delle persone che doveva continuare a svolgersi”. Il compagno di viaggio è Francesco Arrigoni, braccio destro di Veronelli, il visto arriva tramite il consolato libanese in Vaticano, la tratta consiste in un volo fino a Cipro, per poi proseguire in nave per Jounieh. L’obiettivo è incontrare Serge, primo Man of the Year di Decanter nel 1976.

“Quando Serge è uscito da questa Mercedes nera, a colpirmi di furono i suoi occhi piccoli, scuri e intelligenti. Furbi, curiosi. Ci portò a fare colazione spiegandoci il suo rituale mattutino per affrontare ogni giornata. Tra noi nacque subito una reciproca simpatia” racconta Luca, prima di perdersi nel ricordo dell’affascinante degustazione nella cantina di Chateau Musar a Ghazir. A cinque o sei piani sotto terra, circondati da oltre un milione di bottiglie, Serge descriveva i vini come se fossero delle persone. “Io e Arrigoni andavano alla ricerca di profumi, aromi, retrogusti e lui ci diceva che nel calice c’era: ora un uomo anziano, serioso e garbato, ora una signorina gentile ma determinata, ora un giovane ragazzo ribelle”. Forse era ancora troppo presto per coglierli, ma Serge gli stava inviando i primi segnali di un possibile diverso approccio al vino.

“Serge considerava il vino” prosegue Luca “il frutto della trasmutazione dell’uva in un essere vivente in grado di instaurare una relazione con chi lo beve. Il frutto della natura e dei gesti dell’uomo che lo rendono unico. Avrei capito solo col tempo che questa visione del vino derivava da una più profonda visione della vita e da una grande conoscenza del mondo invisibile, sia a livello spirituale che culturale”.

Quel giorno, però, a catturare l’attenzione di Luca e Francesco sono altri dettagli: l’età delle piante, la scelta di vinificare ogni vitigno singolarmente per poi procedere all’assemblaggio, i lunghissimi affinamenti in bottiglia prima di uscire sul mercato. “I vini erano straordinari, ma l’idea delle Triple “A” era ancora molto lontana dal nascere. Non parlammo neanche del fatto che usasse i lieviti indigeni e che non controllasse le temperature di fermentazione”.

Del resto, il viaggio in Libano sancisce semplicemente l’inizio di un’amicizia e di un rapporto di reciproca stima. L’influenza di Serge sul pensiero di Luca non si esaurisce in un incontro illuminante, ma passa attraverso la scoperta della sua rara sensibilità di uomo e della sua profonda conoscenza e consapevolezza in materia di vino. Questo farà di Serge uno dei maestri di Luca, e tra i maggiori ispiratori degli ideali che hanno dato vita alle Triple “A”.

L’INFLUENZA DI UN UOMO E DI UN PRODUTTORE

Luca non ha esitazioni nel definire Serge Hochar uno dei più grandi filosofi e conoscitori di vino e di vita. Figlio di banchieri, laureato in Enologia, uomo di legge e di incredibile esperienza, imprenditore illuminato, produttore straordinario. E ancora abile cuoco, gourmet e gentleman dai modi garbati e charmant, molto religioso ma capace di godere della vita con gioia e leggerezza. “Non c’è stata volta in cui l’ho incontrato in cui non mi sia stupito della sua intelligenza, umanità e curiosità”. I ricordi degli incontri successivi sono tanti, si sommano e si confondono nel tempo e nello spazio.

Mi racconta di quando a Portofino un ristoratore propose orgogliosamente a Serge del salmone che aveva affumicato personalmente. “Perché?” rispose Serge, “Avete salmone in Italia?”. “Erano tempi diversi” spiega Luca. “Tutta la filosofia green di oggi non esisteva, ma la tradizione si stava già perdendo. Servire il salmone a Portofino però era considerato moderno. E io nel frattempo cominciavo a capire la sua filosofia e il suo approccio alle cose”.

“Però” ricorda Luca Serge non ha mai avuto l’atteggiamento del maestro o dell’istruttore, anzi, lui forse era più interessato a comprendere lo spirito e l’essenza delle persone che lo circondavano”. Allo stesso tempo, però, quando Luca comincia ad approcciare al mondo del vino con nuove prospettive, Serge è il primo a offrirsi di guidarlo per mano. “Mi ha spiegato come, nonostante in Libano non piova mai, gli effetti di gelo e disgelo garantiscano una riserva idrica alle piante, oppure come l’altitudine compensi la forte insolazione con minor calore, restituendo finezza e potenza nei tannini: un pugno di ferro in un guanto di velluto”.

E più Luca approfondisce il discorso sul vino, più Serge entra nel dettaglio. Uno dei momenti più significativi si presenta durante una cena a Bordeaux in compagnia dei figli di Serge, Marc e Gaston, dopo una giornata di lavoro a Vinexpo. Serge porta con sé e mette a confronto bottiglie degli anni ’70 e degli anni ’80 di Chateau Musar Rosso e di alcuni Premier Grand Cru Classé di Bordeaux. “Fino agli anni ’70, in tutti i vini si riconoscevano vitigni e origine, dagli anni ’80 in poi solo Musar conservava l’autenticità dell’espressione di un luogo, di un frutto e di un’annata. Serge, che è sempre stato molto diplomatico, si limitava a fissarci, con lo sguardo interrogativo e un’espressione sorridente, ma senza sorridere davvero. Sono stato io a dover approfondire il discorso, ed è in quell’occasione se gli ho chiesto se usasse i lieviti indigeni. Così ho scoperto che Serge produceva vino che oggi chiameremmo naturale o Triple “A”. Gli Chateau Musar erano vini figli dello stesso luogo, che cambiavano in funzione dell’annata, del blend, del tempo. Forse è stato in quel momento che ho compreso veramente cosa intendeva Serge dicendo che il vino è un essere vivente”.

Così, quando Luca esprime per la prima volta a Serge il concetto delle Triple “A”, Serge, senza esitazione, risponde: “Chiaro! È così che si fa il vino”. A fine anni ‘90” continua Luca “tutti i tecnici mi parlavano dei lieviti indigeni e delle volatili come il male assoluto del vino. Serge invece mi ha insegnato tutt’altro, con due espressioni che ancora oggi faccio mie. Per lui i lieviti naturali rappresentavano lo “sperma” del vino, in quanto detentori del DNA del frutto, dell’annata e del territorio. Viceversa, l’acidità volatile era la “pensione” del vino, che gli aveva permesso di assaggiare bottiglie ancora integre, risalenti alla fine dell’Ottocento”. Nonostante la sua diplomazia e il suo legame con un mondo del vino più istituzionale, presenziando al primo Contro-Vinitaly a Villa Favorita Serge si schiererà al fianco delle Triple “A”.

RICORDI DI UN UOMO ECCEZIONALE

Dalle parole di Luca traspare l’urgenza di riuscire a trasmettere come, passando diversi momenti al fianco di Serge, si potesse accedere alla sua consapevolezza e concezione del vino, entrambe rivoluzionarie per i tempi. Poi però, inevitabilmente, le emozioni lo riportano a ricordi e aneddoti dei momenti vissuti insieme.

“Nella mia ultima visita a Chateau Musarricorda Luca “ aprimmo una bottiglia che per me era un “tappo completo”. Serge insistette per decantare la bottiglia e lasciarla sul tavolo. Dopo un’ora e mezza il vino era perfetto. Non mi è mai più successa una cosa simile in tutta la vita. Era come se Serge avesse sentito che il vino si sarebbe rimangiato il tappo. Aveva una sensibilità davvero rara”.

Mi racconta della precisa morfologia rituale di Serge alle degustazioni di Chateau Musar, che arrivava tre ore prima, apriva le bottiglie, decantava i vini che ne avevano bisogno ed era sempre l’ultimo ad alzarsi dalla sedia. Poi di quando lo aveva portato a mangiare da Ferran Adria, e davanti a ogni portata lo guardava con i suoi occhi che dicevano: “Guarda un po’ cosa si è inventato questo”. E ancora di come avesse attentamente pianificato la trasmissione del suo savoir-faire all’enologo Tarek e ai figli, perché i vini di Chateau Musar potessero conservare quella classe e quello stile inconfondibili.

Poi incupendosi continua il racconto: “Non mi sono accorto subito della sua malattia, perché quando l’ha saputo ha cominciato a viaggiare freneticamente. Era un uomo molto religioso e ci ha lasciato alla fine del 2014”.

“L’ultima volta l’ho visto a una cena a Verona, dove l’ho lasciato in compagnia di una mia cara amica, perché ero stanco dalla giornata di lavoro” dice Luca prima di concludere il suo racconto. “Senza che ne sapessi niente i due sono diventati amici. Lei l’ho rincontrata qualche anno dopo a Milano, al Settantesimo anniversario della Velier. Mi è corsa incontro dal fondo della sala con le lacrime agli occhi: ‘L’ultima volta che ho incontrato Serge mi ha dato questo’ mi ha detto, porgendomi il rosario di Serge di Lourdes, luogo a lui caro e meta frequente dei suoi viaggi. ‘Prima di salutarmi mi ha detto che io sapevo a chi avrei dovuto darlo”. E su queste parole anche Luca si commuove.

Dopodiché, ancora per un momento, ritorna con la memoria a quei tre giorni in Libano, quando a Beirut, negli uffici di Serge, tra i pochi edifici rimasti in piedi di tutta la via, arrivò un postino a consegnargli una lettera. Sulla busta, proveniente dagli Stati Uniti, c’era scritto semplicemente: Serge Hochar: homme exceptionnel. Beirut, Lebanon”. “Non c’era nessun indirizzo!” esclama Luca. “Era un homme vraiment exceptionnel”.

Scopri i produttori Triple “A”

Scopri i Vini Triple “A”

Spedizione gratuita a partire da 39€