Ritorno al vino del futuro. La storia delle Triple A 3

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Ritorno al vino del futuro. La storia delle Triple A 3

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A CACCIA DEI VINI TRIPLE "A"

Parlando al telefono con Nicolas Joly, ci ritrovammo dunque su tutto. Mi convinsi di essere sulla strada giusta, ma dovevo decidere come agire, anche dal punto di vista commerciale. In quel momento navigavo ancora nella nebbia: non c’erano informazioni, protocolli o dibattiti aperti su questi temi.

Una sera, in Irlanda, mentre ero seduto sul letto del mio albergo, pensai alla creazione di una gamma di vini con le nostre caratteristiche. Era il momento in cui prendeva piede il sistema di rating che utilizza la sigla AAA per indicare i prodotti valutati al top, e così pensai alle tre A che stanno per Agricoltori, Artigiani, Artisti. È stato lì, in quell’albergo, che ho scritto di getto su un foglio, di mio pugno, la scritta “Triple A” che è oggi il logo del movimento, presente sulle bottiglie dei nostri vini.

Nel frattempo, Nicolas Joly mi diede il primo elenco di produttori che che stavano entrando nel suo gruppo Renaissance des Appellations. Andammo quindi in Francia a visitare questi produttori. Formammo dei gruppi, con mio fratello Paolo, Fabio Luglio, Alberto Belluomini, e ci dividemmo questa lista di produttori da andare a conoscere.

Fu un viaggio pioneristico. Incontrandoli, scoprii degli autentici agricoltori e il loro stretto legame con la terra e con il vino, tanto che iniziai a notare quanto il vino, proprio come si dice dei cani, possa assomigliare al suo padrone. Facemmo varie spedizioni. Io andai nella Loira, da Mark Angeli. Non sembrava un produttore di vini, secondo l’idea che se ne ha di solito: ci ritrovammo infatti in una fattoria, con una stalla, la cantina praticamente inesistente, nel freddo di quel febbraio. Mark Angeli aveva radunato altri produttori della Loira, tra i quali per esempio Bernaudeau, che lavorava nel vigneto con il cavallo. Davanti alla sua macchina posteggiata, prese due bottiglie e un salame e facemmo una degustazione bellissima, con qualche formaggio, al freddo, intenti ad assaporare e scambiarci idee. Mio fratello Paolo, invece, andò nel Giura, a casa di Pierre Overnoy, che lo accolse in cucina mentre cucinava patate. Era come ritrovarsi all’inizio di un movimento quasi carbonaro, con un nucleo di pochi sopravvissuti, intenti a fare veramente il vino.

Overnoy

Dietro tutto questo c’era una filosofia, quella dei gesti positivi contro i gesti negativi, contro l’uso della chimica, a favore della cura della terra. Alla fine, anche se era la prima volta che ci mettevamo a confronto, tutti la pensavamo esattamente nello stesso modo. C’era una perfetta intesa tra unità scollegate che, per loro percorsi autonomi, erano arrivati alle stesse conclusioni. Fu un’esperienza fantastica, ritrovarsi a condividere le stesse idee degustando questi vini che ti facevano brillare la pupilla e schioccare la lingua.

Per passaparola, da lì creammo quindi una connessione con altri produttori. A questo punto avevo il problema che la creazione della gamma Triple "A” sarebbe stata eticamente in conflitto con gli altri vini distribuiti da Velier, per i quali eravamo famosi. Non potevamo tenere i piedi in due staffe, né era facile scegliere di perdere tutto il fatturato di un catalogo che avevo costruito per 12-13 anni. Mio fratello mi aiutò a decidere: o tutto o niente. Abbracciare e divulgare il protocollo Triple "A” significava creare un vero movimento che, come tale, era incompatibile con il commercio di vini che non ne rispettassero i principi. E così eliminammo tutto il nostro catalogo, salvando solo Chateau Musar e Movia, che rispettavano in pieno il protocollo Triple "A”. Cominciammo solo con i vini stranieri, perché distribuire quelli italiani comportava un passaggio in più, con un conseguente aumento dei prezzi. Quindi importammo vini quasi tutti francesi, attingendo dall’elenco di Renaissance des Appellations.

Luca Gargano

IL PRIMO VINITALY

Quando delistammo tutti i vini che ci avevano resi famosi, per partire invece con i Triple "A” e il loro protocollo, i miei agenti mi presero per pazzo. Anche mio padre inizialmente non capì la scelta. Al primo Vinitaly, ad aprile, parlai della nostra filosofia in pubblico. Avevo preparato dei dossier, perché pensavo che il mio discorso avrebbe attirato molta ostilità. Nel mondo dei vini, era una bomba atomica. In quel contesto, i nostri produttori sembravano alieni, con i loro abbigliamenti da contadini, le loro abbronzature, i coltellini nelle tasche. Sembravano fuori posto, ma erano invece loro i veri produttori. Si creò un gruppo di un centinaio di persone a sentirmi. Quello che dicevo era contro tutti. Alla fine del mio discorso, un uomo mi si avvicinò, presentandosi come un dipendente della Lallemand. Così pensai: “Ecco, adesso mi dice che mi denunciano”. E invece si appartò con me nel nostro stand e mi disse che tutto quanto avevo detto era verissimo.

Inizialmente, comunque, l’intero mondo istituzionale si schierò contro, prendendoci per matti. Poi, pian piano, cominciò a nascere un dialogo. Crescevano i contatti con più persone che condividevano le nostre impressioni. Fu un momento ricco di cene, incontri, degustazioni discussioni. Un periodo bellissimo. Quello che esprimevo era già in pectore per molti produttori e ristoratori. Da lì sarebbe nato il dialogo con Lorenzon, Radikon, altri produttori italiani. Era una convergenza. Si tornava per così dire alle Georgiche: il nostro era un discorso molto profondo, nella comprensione di una scienza che non è solo materialista. Producemmo articoli, studi, materiale vario su questioni mai veramente affrontate prima nel mondo del vino, per quanto cruciali, come la qualità della terra, la vita nel sottosuolo, i batteri, i lieviti. Era un discorso complessivo sulla stessa agricoltura in sé, un serbatoio dove sono nate tantissime considerazioni e scambi di vedute.

LA NUOVA FILOSOFIA DEL VINO VERO

Stefano BellottiNel frattempo stava nascendo in Italia un gruppo di produttori di vino naturale, i cui leader erano Radikon, Bea, Nicolaini di Massa Vecchia, Stefano BellottiI ristoratori iniziarono a mettere nelle loro carte una lista Triple "A”, anche inserendo vini italiani che non erano nostri. Per cui io, per onestà, feci presente che Triple "A” era un nostro marchio, registrato, ma io fornii in ogni caso ai ristoratori un elenco di quei vini naturali italiani che rispettavano le caratteristiche, anche se non erano sotto il nostro marchio. Questo permise anche ai produttori non distribuiti da noi di incrementare le vendite, contribuendo alla conoscenza dei vini naturali e al contatto con altre persone. Da lì, cominciammo a cercare soluzioni per vendere anche i vini italiani, senza cambiare il prezzo di vendita, cosa che riuscimmo a fare con un accordo commerciale.

Erano produttori straordinari, ma quasi tutti sull’orlo del fallimento, essendo fuori dalle guide ufficiali. Per questo sentivo il dovere di difenderli, di permettere la loro sopravvivenza e di favorire la loro crescita. Mi sentivo caricato della responsabilità: erano gli ultimi e non erano mica tanti. Nicolas mi chiede di interessarmi io agli italiani. Così cerchiamo di far entrare nella Renaissance des Appellations il gruppo degli italiani. Dal punto di vista agricolo gli italiani non erano del tutto all’interno degli standard, stavano ancora compiendo un percorso, non erano puliti al 100%, si trattava quindi di dare loro anche gli strumenti per crescere.

Nel frattempo, Nicolas Joly stava preparando la prima manifestazione dedicata ai soli produttori del suo gruppo, la Renaissance des Appellations: la manifestazione Hangar 14, in concomitanza con il Vinexpo a Bordeaux. E lì mi venne l’idea di fare una prima manifestazione analoga in Italia, vicino Verona nello stesso periodo di Vinitaly.

C’era ovvio scetticismo, perché c’era il rischio di una fallimento, con l’aggravante che partecipare voleva dire non poter più rientrare in Vinitaly. Mi assunsi quindi io la responsabilità e i costi dell’organizzazione, garantendo che nessuno ci avrebbe rimesso niente, a parte me, in caso di fallimento. Così siamo usciti dal Vinitaly e abbiamo creato il nostro Contro-Vinitaly a Villa Favorita, la prima manifestazione in Italia dedicata solo ai vini naturali, che ebbe subito successo.

E così che è nata ufficialmente questa nuova filosofia del vino, che oggi si chiama vino naturale.