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Olo-omeopatia, quando l’agro-omeopatia pensa in grande

Editoriale //

Olo-omeopatia, quando l’agro-omeopatia pensa in grande

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Alla scoperta dell’olo-omeopatia, un approccio agro-ecologico sul lavoro in vigna basato sul processo di rafforzamento e tutela dell’ecosistema dei vigneti spiegato da Maria Ernesta Berucci e Geminiano Montecchi, i nuovi produttori laziali delle Triple “A”.

Maria Ernesta e Geminiano, tra i recenti ingressi all’interno degli Agricoltori, Artigiani e Artisti, si prendono cura dei loro vigneti tra Piglio e Paliano, sulle colline laziali, utilizzando un approccio rispettoso dell’ambiente e utilizzando la sinergia delle piante per il benessere dei loro vigneti di cesanese. Ci siamo messi in contatto con loro per farci raccontare della filosofia e delle pratiche su cui si basa l'azienda agricola.

Che cos’è l’olo-omeopatia?

L’olo-omeopatia è un approccio sviluppato dal Dott. Radko Tichasky, docente dell’Università Autonoma del Messico per trent’anni, che si basa su una filosofia agro-omeopatica che guarda ad una visione sistemica più che sintomatica. L’oggetto di intervento e analisi non è la pianta malata, ma l’intera azienda agricola, in tutte le sue componenti che viene così definita Olone. Questo termine viene coniato da Arthur Koestler nel 1968, e inteso come sistema complesso che ha una sua individualità, composto di sottosistemi e a sua volta parte integrata di un sistema di ordine superiore.

Alla base dell’olo-omeopatia c’è lo studio e l’utilizzo delle similitudini metaboliche, ovvero dei metaboliti secondari, utilizzati in svariati modi dagli organismi viventi (sia vegetali che animali) per comunicare tra di loro, secondo gli studi fitochimici e di etnobotanica sviluppati dal Professor Duke e pubblicati dall’ FDA. I metaboliti secondari infatti sono composti chimici prodotti del metabolismo, definiti secondari perché non fondamentali per la crescita o la riproduzione, ma con una funzione di difesa contro insetti o agenti patogeni.

Quale è la differenza con l’agro-omeopatia?

“L’omeopatia è un metodo clinico-terapeutico messo a punto nell’800 dal medico Samuel Hahnemann applicato principalmente all’uomo, ma anche su piante e animali. Secondo il principio della similitudine si somministrano sostanze diluite e dinamizzate, che in piccolissime quantità andranno a indurre lo stesso sintomo che si vuole curare. Ma un sistema antropocentrico non può essere utilizzato, senza alcun adattamento, a organismi vegetali. L’approccio del Dott. Radko Tichasky infatti permette il controllo e la gestione dei processi agricoli attraverso l’applicazione di sostanze naturali altamente diluite. Parassiti e patologie vegetali sono gestiti tramite la stimolazione della naturale resistenza già presente nel sistema agrario. Qui in azienda poniamo particolare attenzione alla biodiversità dei nostri vigneti, perché crediamo che la tutela è fondamentale per avere un agrosistema resiliente alle avversità, capace di fronteggiare parassiti, malattie e stress climatici senza il supporto d’interventi esterni, capace di produrre uve sane da portare in cantina.

Come funziona questa stimolazione della resistenza del sistema agrario?

Tramite l’applicazione della similitudine metabolica favoriamo piante che si consociano meglio e hanno più affinità tra di loro. Tramite l’utilizzo dei preparati omeopatici stimoliamo la resistenza naturale dell’ecosistema e riduciamo determinati squilibri che si manifestano con la presenza di parassiti e patologie vegetali.

Per fare questi preparati utilizziamo piante spontanee e micorrize indigene, questo per non portare nessun elemento estraneo in campo che possa sconvolgere gli equilibri dell’ecosistema. Per esempio “catturiamo” nei boschi qui intorno funghi della specie Trametes Hirsuta, una specie saprofita che vive sui tronchi degli alberi con trappole di riso, li riproduciamo con acqua e melassa e spargiamo le spore tra i filari ogni volta che piove. I fughi diventano in questo modo nostri alleati, mantenendo sotto controllo l’equilibrio dei microorganismi in vigna. Così nel caso dovesse esserci un attacco di peronospora incontrerà una resistenza naturale in campo.

Quando e come siete venuti a conoscenza dell’olo-omeopatia?

Siamo venuti a conoscenza di questa pratica ormai nel 2015 in occasione di un corso di approfondimento che abbiamo seguito in Messico, dove abbiamo avuto modo di conoscere il Dott. Radko Tichasky. Da lì abbiamo fatta nostra questa visione e abbiamo cercato di riprodurla dall’inizio sui nostri vigneti.

Quali sono secondo voi le maggiori differenze dell’approccio biodinamico rispetto all’ olo-omeopatia?

La biodinamica lavora invece tramite la dinamizzazione dei preparati e dei prodotti, con una maggiore attenzione al processo energetico e informativo, l’omeopatia è stata utilizzata per la prima volta in campo proprio dai biodinamici seguaci di Rudolf Steiner che sperimentavano con l’omeopatia il germogliamento e l’accrescimento delle piante partendo dal seme seguendo le fasi lunari. La differenza con la biodinamica è che mentre la biodinamica utilizza una serie prestabilita di preparati, l’olo-omeopatia offre un ventaglio più ampio di preparati perché si può utilizzare qualsiasi pianta, a patto di sapere quale pianta usare e come. Crediamo che sia molto più accessibile a tutti, grazie all’utilizzo in autonomia di prodotti autoctoni dell’ecosistema intorno ai vigneti.

Quali sono i vostri preparati che state studiando in questo momento e che vi stanno dando i migliori risultati e perché?

Attualmente ci stiamo orientando sui micro-organismi del suolo e verso gli endofiti, sia funghi che batteri che vivono dentro le piante e partecipano sia nel favorire l’assorbimento dei nutrienti della pianta sia a contrastare gli stress idrici, ambientali ma anche proteggere le piante da attacchi animali e da parte di insetti. Sono organismi che instaurano un rapporto mutualistico con la pianta ospite e grazie l’aumento dell’assimilazione di nutrienti e l’induzione della sintesi di alcuni fitormoni stimolano la crescita delle vigne.

Come ha reagito all’inizio la vigna a questa nuova pratica? Quale è stato il momento più difficile che avete avuto quando vi siete avvicinati all’olo-omeopatia?

Sicuramente il momento più difficile è stato all’inizio della conversione, come succede quando si passa da un qualsiasi sistema ad un altro. Non si può pensare di osservare nell’immediato le differenze, deve essere un processo graduale che necessita di tempo per permettere alle vigne di adattarsi a nuovo approccio. Ripensando a quando abbiamo preso in gestione un vecchio vigneto, ormai anni fa, lo stesso vigneto è irriconoscibile da come era appena preso. Questo perché, pur attraverso le molte mani che si sono succedute prima delle nostre, la vigna ha una memoria storica che è stata risvegliata.

 

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