Quando abbiamo fatto i nostri primi passi all’interno della cantina di Musella delle vasche di pietra rossa hanno subito catturato tutta la nostra attenzione. “Sono vasche di marmo rosso di Verona” ci aveva spiegato Maddalena “in realtà si tratta di un quasi-marmo perché è un calcare comunque lucidabile, ma non è stato metamorfizzato da pressioni o surriscaldamenti violenti che lo avrebbero cristallizzato. Il territorio di Verona è caratterizzato dalla presenza di un fortissimo calcare proveniente dalle emersioni di fondali marini risalenti a 45 milioni di anni fa che oggi formano i Monti Lessini. Per questo il Marmo Rosso, anche chiamato Pietra Rosa della Lessinia, identifica la città: lo ritroviamo dappertutto nelle chiese e nei resti romani”.
Era la prima volta che ci capitava di imbattersi in contenitori di questo materiale, non a caso ancora oggi il Drago Bianco di Musella è l’unico vino al mondo ad essere vinificato e affinato nella Pietra Rosa della Lessinia. Abbiamo voluto farci raccontare direttamente da Maddalena la storia di questa sua scommessa che sottolinea l’importanza e il potenziale di un rapporto ancora più stretto tra vino e territorio.
Ciao Maddalena, dentro la tua cantina si nasconde una perla rara. Ci racconti di più sull’idea di utilizzare il marmo rosso di Verona come materiale per la vinificazione e l’affinamento dei vini?
“Si tratta di un’intuizione che risale all’autunno 2016, l’anno della prima sperimentazione. Il marmo rosso di Verona, oltre a essere un tipico materiale pregiato identitario della nostra città, ha una composizione che rispecchia esattamente quella della mia terra: calcari molto forti con presenza di argille ferrose. L’idea era quella di permettere al vino di tornare a casa. La stessa terra su cui cresce la vite, ospita la fermentazione del mosto e l’affinamento del vino”.
Quali sono le caratteristiche di queste vasche?
“Vengono realizzate da un professore dell’accademia, scultore e maestro di scalpello che è l’unico al mondo a produrle. Abbiamo scelto una stratificazione piuttosto compatta, per renderle più solide e non porose. Sono spesse cinque, sei centimetri e variano nelle forme e nei volumi dato che sono realizzate artigianalmente. È proprio la forma delle vasche, i suoi diversi volumi a permettere al vino di trovarsi in costante movimento, una sorta di lentissimo e ininterrotto battonage”.
Per quali vini utilizzi il marmo rosso? Quali sono gli effetti che hai ritrovato nel bicchiere?
“Al momento, oltre ad alcune prove di corvina senza solfiti aggiunti, lo impiego per il Drago Bianco, la nostra Garganega. Il marmo rosso di Verona è un materiale non traspirante ma, a differenza dell’acciaio, non è soggetto agli sbalzi di temperature e non è un conduttore di cariche elettrostatiche. Già dal primo anno il Drago Bianco ha trovato la sua forma ideale, la pietra è un materiale vivo che ha restituito pace e comfort a un vino che vinificato in acciaio tendeva a chiudersi e farsi nervoso”.
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