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Un’innovazione tradizionale: il 280 s.l.m. di Costadilà

Editoriale //

Un’innovazione tradizionale: il 280 s.l.m. di Costadilà

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Con l’aiuto di Alex Della Vecchia abbiamo ripercorso la storia del 280 s.l.m., il rifermentato macerato ideato da Ernesto Cattel, il primo produttore ad aver scommesso sul ritorno al Prosecco originale: l’Arancione col Fondo.

È il 2006 quando Ernesto Cattel lancia per la prima volta i suoi tre rifermentati, sancendo in questo modo la nascita di Costadilà. 280330450 sul livello del mare: i nomi dei vini e l’altitudine dei vigneti recuperati da cui provengono le uve. Bianchetta trevigiana, verdiso, perera e boschera: le antiche varietà che tornavano ad affiancare la glera, ormai diventata solista nella produzione del Prosecco. “Bianchi frizzanti”, col fondo e senza nessuna denominazione, anziché spumanti cristallini. Ernesto rompe le regole nel rigido panorama di Valdobbiadene e, in parte inconsapevolmente, dà il via a un’inversione di rotta nel mondo del Prosecco e della rifermentazione in generale. Ma per comprendere a fondo la portata eccezionale della scommessa rivoluzionaria di Ernesto è necessario fare un passo indietro e capire il contesto in cui Costadilà è nata. E allora non potevamo che fare quattro chiacchiere con Alex Della Vecchia e Martina Celi, che si sono impegnati a dare continuità al progetto visionario di Ernesto.

Quella del Prosecco, così come lo conosciamo oggi, è una storia recente. Del resto l’avvento dell’autoclave come contenitore per ospitare la seconda fermentazione scombina le carte in tavola, cambiando per sempre l’identità originale del vino della zona. “Il Prosecco ha sempre avuto le bolle” racconta Alex “Un tempo però la rifermentazione avveniva in bottiglia. Le temperature rigide invernali fermavano la prima fermentazione prima che i lieviti potessero trasformare tutti gli zuccheri e il vino restava parzialmente dolce. In primavera, i lieviti ricominciavano a lavorare, il vino si imbottigliava e, finendo la fermentazione, si formavano le bollicine”.

La tradizione voleva che fossero prodotti due vini diversi: uno sfuso da pressatura diretta, che veniva venduto in damigiane, e il vin de bottiglia, che invece si consumava nei giorni di festa o nelle occasioni speciali. A far la differenza tra i due era la macerazione: quello da imbottigliare necessitava di una protezione maggiore che in questo modo veniva garantita, non solo dall’anidride carbonica, ma anche dall’estrazione di polifenoli e colore dalle bucce. Il risultato finale? Un vino frizzante macerato, o meglio, un Arancione col fondo.

Da appassionato di storia qual era, proprio questo era l’obiettivo di Ernesto, tornare a dar vita al Prosecco originale, nella sua forma tradizionale per eccellenza, quella del 280 s.lm. Una tradizione la cui esistenza era stata messa a repentaglio proprio dalla nuova metodologia di rifementazione. Come spesso accade, il progresso tecnico e tecnologico non sono andati di parti passo con il rispetto dell’identità originale del prodotto. Così la glera ha preso il sopravvento, i vini base sono andati sbiancandosi e, diventando sempre più secchi, si è resa necessaria una seconda fermentazione con l’aggiunta di zuccheri e lieviti, ottenendo Prosecco freschi, fragranti, pronti per il mercato in tempi record, ma il più delle volte mancanti di espressione territoriale e dell’annata.

Così l’innovazione di Ernesto è stata un semplice, ma accorto ritorno alla tradizione. L’innalzamento delle temperature che porta i vini a secco, gli fa escogitare una seconda fermentazione innescata da un mosto di uve passite, che restituisce una pressione attorno alle due atmosfere. La macerazione torna a essere protagonista, aiutando l’anidride carbonica nella protezione del vino. Il legno ricomincia essere il contenitore di affinamento per le basi e le varietà antiche vengono nuovamente impiegate. Ernesto “ricostruisce” l’Arancione col Fondo.

“La conferma che ci aveva preso viene dalle vecchie generazioni, dai bevitori del Prosecco di una volta. Quando gli faccio assaggiare il 280 s.l.m. si riconoscono in questo vino. Vin che sa de uva, lo chiamano” conclude Alex in una risata.E proprio dalla (ri)nascita del Prosecco storico, prende il via il debutto sulla scena di sempre più bollicine sullo stesso stile: bassa pressione, basso grado alcolico, alto potenziale di beva.

Ecco, se oggi, la macerazione è tornata in voga anche nei rifermentati molto lo si deve al 280 s.l.m. Se davanti allo scaffale delle bollicine di un buon winebar c’è l’imbarazzo della scelta, molto lo si deve a Ernesto Cattel. Se si vuole ripercorrere la storia dei frizzanti d’Italia, non si può che cominciare da Costadilà.

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