Di vigne vecchie, vieilles vignes e vigne antiche se ne fa un gran parlare. E se da un lato tutti concordano a individuare nell’anzianità delle viti un valore aggiunto per il vino, dall’altro non esiste una visione comune sulla soglia d’età minima per definire “vecchia” una vite.
In Francia per esempio, nonostante la dicitura “vieilles vignes” sia diffusa già da tempo, non esiste alcuna regolamentazione specifica, lasciando di fatto spazio alla libera interpretazione del vignaiolo. Altrettanto accade in Italia, dove non solo manca la normativa in materia, ma anche la valorizzazione dell’anzianità di un vigneto non ha un precisa “forma di espressione”. Tutt’altro avviene invece dall’altra parte del mappamondo, in particolare nella Barossa Valley, dove è stato delineato un vero e proprio disciplinare che suddivide le piante in quattro categorie: le old vines, maggiori di 35 anni, le survivors, con più di 70, le centenarians, secolari, e le ancestors, addirittura oltre i 125, dei veri e propri monumenti vegetali. A tal proposito però è giusto sottolineare che il vigneto di quest’area è tuttora composto in buona parte da viti a piede franco, naturalmente propense a sopravvivere più a lungo di una vite innestata.
Ad ogni modo, facendo una generalizzazione, è possibile fissare l’asticella della vecchiaia per il vigneto europeo attorno ai 35 anni. Difatti, prendendo in esame un qualsiasi manuale di viticoltura, il ciclo vitale di una vite viene suddiviso in quattro fasi. Una prima improduttiva, della durata di due anni, una di produttività crescente, identificabile tra i tre e i sei anni, una di produttività costante, della durata di circa vent’anni, e infine una di produttività calante, coincidente con il periodo di senescenza. Durante questa fase l’apparato radicale invecchia più precocemente della parte aerea, nutrendo in misura minore la pianta, che di conseguenza svilupperà meno frutti. Per questo motivo solitamente una pianta anziana viene considerata “economicamente insostenibile” e ne viene fortemente consigliato il reimpianto.
Eppure, da alcuni anni a questa parte, sempre più produttori stanno focalizzando la loro attenzione sulla salvaguardia delle piante antiche, considerate allo stremo di un vero e proprio patrimonio vegetale. Le ragioni di questa scelta sono da ricercarsi nella qualità intrinseca dei pochi grappoli restituiti dalla pianta. Considerato che ogni pianta ha una certa quantità di sostanze ed elementi che ripartisce equamente tra i grappoli, allora non è difficile immaginare che a un numero maggiore di grappoli corrisponderà un maggior “grado di diluizione” del mosto. A ciò si aggiunge la capacità dell’apparato radicale di una pianta antica di esplorare gli strati più profondi del terreno riportando nel frutto, e di conseguenza nel calice, importanti componenti sapide e saline.
Ecco quindi che un vino proveniente da vigne vecchie si esprimerà nel bicchiere più denso, più profondo, più materico. Una vera e propria quintessenza della materia prima in perfetto equilibrio tra le parti, un concentrato di “forza non sgraziata”, un pugno di ferro in un guanto di velluto.
Tra i produttori che si fanno sempre più sostenitori della salvaguardia di viti vecchie e vigne antiche non potevano mancare i nostri Agricoltori, Artigiani, Artisti, custodi di questi veri e propri “giganti fragili” che stanno scomparendo. Infatti molti tendono a vinificare a parte le uve provenienti da questi vigneti, per esaltarne rarità e qualità. Produttori come Luigi Tecce, che per il suo Poliphemo utilizza solo aglianico proveniente da un vigneto del 1930, e Emidio Pepe, che da tempo ha scelto di impiegare solo i grappoli delle piante più antiche per la produzione delle riserve, sono solo due delle tante realtà che hanno deciso di investire in questa direzione, come testimonia la nostra selezione di vini da vigne antiche.
Infatti ci siamo disfatti del concetto di “vecchiaia” scegliendo di valorizzare tutti i vini provenienti da vigne che superano i cinquant’anni, dei veri e propri “monumenti vegetali”, spesso depositari di un patrimonio genetico in via d’estinzione… ma questa è tutta un’altra storia.
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