La vite è una liana e come tale ha natura strisciane e rampicante. Le diverse forme che vediamo assumere alle piante all’interno dei vigneti sono frutto di una operazione colturale, la potatura, che ha rappresentato il fondamentale punto di partenza della viticoltura come pratica agricola.
Nel corso della storia sono andate affermandosi principalmente due scuole di potatura: quella greca dell’alberello, improntata sulla “sclerotizzazione” della pianta, in modo che si potesse innalzare da terra mantenendo autonomamente una posizione eretta, e quella etrusca della vite maritata, fondata sullo sposalizio tra la vite e un’altra pianta che le fosse da sostegno.
Questi due approcci portavano con sé due ideali di viticoltura profondamente diversi: il primo scommetteva su vigneti ad alta densità, con piante di dimensioni ridotte a potatura corta e cadenzata, mentre il secondo era impostato su importanti volumi di produzione e potature lunghe e saltuarie.
Tutte le forme di allevamento oggi diffuse sono in qualche modo riconducibili a una di queste due influenze, conservandone almeno in parte alcuni tratti caratteristici, e si sono sviluppate in relazione a numerosi fattori, uno su tutti il clima. Non c'è quindi da stupirsi se il panorama vitivinicolo italiano, nella sua estrema variabilità, si fa testimone di decine e decine di diverse forme di allevamento con i rispettivi sistemi di potatura.
Tanti sono i sistemi di classificazione proposti, che mettono in relazioni forma di allevamento e potatura con altezza del fusto, direzione della pianta e della struttura di sostegno nello spazio, vitigno, densità d’impianto e numero di gemme per ettaro. In questa sede abbiamo preferito non adottarne uno specifico, quanto piuttosto entrare nel merito di tutti questi aspetti quantomeno per le forme di allevamento più diffuse e rappresentative.
Di origine greca, l’alberello il sistema di allevamento più diffuso del Mediterraneo. Privo di sostegni e coltivato a elevata densità di impianto e a bassa quantità di produzione per ceppo, ha notevoli capacità di adattamento sia in aree cale e aride, per la resistenza alla siccità, che a climi temperati freddi, nei quali i frutti sfruttano la vicinanza al suolo e le temperature diurne per portare a completamento la maturazione. Non c’è quindi da stupirsi che venga impiegato tanto in Valle d’Aosta quanto in tutto il sud Italia. La diffusione è tale da averne fatto sviluppare diverse tipologie a seconda della potatura: dalla cortissima “a testa di salice” del greco al quella lunga dell’almerese, passando per quella corta dell’alberello pantesco e a vaso.
Considerato tra le forme di allevamento più qualitative e di difficile meccanizzazione, l’alberello si distingue per il miglior rapporto tra superfice fogliare illuminata e grappoli e favorisce la profondità dello sviluppo radicale della pianta.
Il Guyot, ampiamente diffuso in tutte le regioni d’Italia, è una forma di allevamento “controspalliera” a potatura mista che utilizza una struttura di sostegno “a fili” che corrono orizzontali lungo il filare e che ben si presta a terreni collinari poco fertili e siccitosi. All’altezza del primo filo si sviluppa da un lato il “capo a frutto” a 5-10 gemme, dalle quali si svilupperanno in verticali i tralci fruttificanti, e dall’altro uno “sperone” a 2 gemme, da cui si svilupperà il tralcio destinato a diventare capo a frutto l’anno successivo. Il Guyot ha numerosissime varianti tra cui le più importanti sono il doppio bilaterale (con due capo a frutto da lati opposti), il doppio sovrapposto (con due capo a frutto a diversa altezza) e il capovolto (con il capo a frutto alto e piegato ad archetto, che può anche essere doppio).
Il Cordone Speronato è insieme al Guyot la forma di allevamento “controspalliera” più utilizzata a partire dagli anni 2000, sia per le capacità qualitative che per la propensione alla meccanizzazione. Molto diffuso in Toscana e particolarmente adatto per terreni asciutti e di media fertilità, consiste in un cordone permanente su cui insistono diversi speroni dai quali nascono i tralci fruttificanti. Questo comporta anche un’ottima rapidità di potatura, motivo per il quale, elevando l’altezza da terra del cordone, è in diffusione anche su terreni più fertili e freschi, originariamente “meno adatti”.
Il Sylvoz è una forma di allevamento “controspalliera” a potatura lunga, particolarmente impiegata in Italia nelle aree nordorientali dove incontra le giuste condizioni pedoclimatiche. Da un fusto notevolmente alto si sviluppa un cordone permanente su cui insistono diversi capo a frutto curvati e legati ai fili sottostanti. In questo modo si sviluppano due fasce: una vegetativa, al di sopra del cordone, e una produttiva sottostante.
Dal Sylvoz si è originato anche il Casarsa, usato specialmente in Friuli, dove i capo a frutto sono lasciati liberi e si piegano naturalmente sotto il peso dei grappoli.
Diffuse specialmente nel nord Italia, la Pergola è una tra le più antiche forme di allevamento, la cui struttura di sostegno è posta trasversalmente ai filari e leggermente inclinata. Ogni pianta dispone di diversi capi a frutto che vengono disposte a raggiera appoggiati sul tetto della Pergola. Possono essere semplici o doppie, impiegate rispettivamente in collina e in pianura. Oltre alla capacità di protezione dei grappoli dall’irraggiamento solare, la Pergola era tradizionalmente usata per altre colture interfilare. Per questo negli impianti più antichi le distanze tra i filari raggiungono anche i 6-7 metri.
Corrispettivo centro meridionale della Pergola, il Tendone è una forma di allevamento estremamente diffusa a partire dal secondo dopoguerra capace di restituire importanti volumi produttivi. A differenza della Pergola la struttura di sostegno è sì posta trasversalmente ai filari, senza però essere inclinata rispetto al piano del terreno. Ancora una volta l’apparato fogliare contribuisce alla protezione dei grappoli.
Particolarmente adatto a terreni freschi e fertili, come le pianure Venete ed Emiliane, il Belussi è una forma di allevamento ad alta espansione che consente un’ottima ventilazione e produzioni massicce di uve a basso grado zuccherino ed elevata acidità. La struttura è composta da pali tenuti in tensione tra loro con strutture a fili parallele al piano del terreno attorno a ognuno dei quali crescono quattro piante. Da ogni fusto si sviluppa un cordone permanente inclinato e sorretto da dei bracci ascendenti. In questo modo attorno ad ogni palo si sviluppa una struttura a raggi (vista dall’alto). Nella viticoltura moderna, questi sistemi sono spesso sostituiti dal Geneva Double Curtain, meno costoso e altamente meccanizzabile. Assimilabile al Belussi, ma priva delle braccia ascendenti, è invece la tipica Raggiera Avellinese, storica forma di allevamento campana in via d'estinzione.
Queste sono semplicemente alcune delle forme di allevamento presenti sulla scena vitivinicola mondiale ed ognuna di esse può e deve essere adattata in funzione della zona, dell’azienda, del singolo vigneto, così come del contesto storico-culturale del luogo. Forma di allevamento e potatura rappresentano solo una piccola parte delle diverse scelte che ogni vignaiolo compie ogni giorno all’interno dei propri vigneti. Ed è proprio nella combinazione di tutte queste innumerevoli scelte che si nasconde la ricetta per la qualità.
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