Oltre la Champagne: le sperimentazioni di Pierre Charlot

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Oltre la Champagne: le sperimentazioni di Pierre Charlot

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Dalla Vallée de la Marne a Narbonne passando per la Loira, il racconto di un pomeriggio in compagnia di Pierre Charlot, il vignaiolo itinerante autodidatta.

Non sono mai stati solo i vini a fare di un vignaiolo un Agricoltore, Artigiano, Artista. Conoscersi, guardarsi negli occhi, essere in sintonia e affinità, la fiducia reciproca hanno sempre rappresentato tasselli fondamentali. Forse sono proprio questi gli ingredienti che fanno delle Triple “A” una grande famiglia. 

La prima volta che ho incontrato Pierre Charlot ero a casa di Maddalena di Musella, in occasione di una cena d'aprile post fiera di qualche anno fa. Quel giovane vignaiolo autodidatta così sveglio e reattivo che conosceva e disquisiva di chimica del vino da grande professionista attirò la mia attenzione. Gli elementi per capire che fosse un fuoco d’artificio c’erano tutti già allora: non gli bastò una serata intera per raccontarmi tutte le idee e i progetti che gli passavano per la testa. “Non so quando, ma ti verrò a trovare” gli promisi. 

Quando due mesi dopo in ufficio organizzammo una degustazione di Champagne per valutare l’ingresso di un nuovo produttore a catalogo, ritrovare anche le sue bottiglie in batteria fu una piacevole sorpresa. I suoi vini li conoscevamo già da anni e adesso che conoscevo anche lui potevo esserne davvero certo: Pierre era una vera Triple “A” ed era giunto il momento di mantenere la mia promessa

È un nuvoloso pomeriggio di febbraio quando arrivo allo Chateau de Vaudetré di Warmeriville. Si tratta di una villa anni ‘30 in stile grande Gastby circondata da un parco e con un piccolo laghetto alle spalle. Busso alla porta e ad aprirmi è un uomo sui settanta ben portati e dalla stretta di mano ferrea. “Sono Jacques, il padre di Pierre. Mio figlio mi ha avvertito che sareste arrivati e ha mandato me ad accogliervi, ci raggiungerà a momenti”. Jacques è un colonnello della Gendarmerie in pensione, oggi aiuta il figlio nella gestione dei vigneti e rivende legno proveniente della foresta lì vicino, lo stesso che riveste completamente gli interni della casa, alternandosi a oggetti e arredi a perdita d’occhio, tutti riportati dai suoi viaggi in giro per il mondo. 

Non abbiamo ancora finito il giro della casa che finalmente ci raggiunge anche Pierre “Eccomi, scusate, ero andato a fare un po’ di spesa”. Non facciamo in tempo a salutarci che Pierre già ci sta facendo accomodare sotto il portico sul retro della casa. “La mia famiglia ha comprato lo Chateau negli anni ‘70 in seguito all’esproprio post seconda guerra mondiale, durante la quale è stato impiegato come quartier generale tedesco. L’edificio attualmente sarà grande il 60% della struttura originale che comprendeva una torretta e venne originariamente edificato come dimora di monsieur Mumm. “Lo stesso della Maison di Champagne?” chiedo. “Proprio lui, infatti furono i négociants tedeschi a giocare un ruolo fondamentale nel successo dello Champagne. Fino al punto che cominciarono ad acquistare i vigneti e a creare le loro Maison. Pensate solo a nomi come Krug, Deutz, Roederer, Bollinger, Tattinger...” 

Pierre porta in tavola quattro bottiglie e un tagliere di Jamon Iberico de Patanegra 100% Bellota. Cominciamo dal Bulles de Nacre, un assemblaggio dei tre vitigni della Champagne, seguito poi dai tre monovarietali millesimati, mentre Pierre ci racconta la sua storia e la filosofia. Io ho cominciato nel 2009, quando ho preso in gestione i vigneti che ancora curava mia nonna Solange a quasi novant’anni. Se mia nonna era legata a un certo tipo di agricoltura, io ho scelto di portare con me un nuovo modello che fosse rispettoso della terra, delle piante e dei loro frutti. Allo stesso tempo ho scelto di non avere diktat, non sono un talebano. Per esempio se la solforosa serve la uso, in quantità minime, ma la uso: il mio obiettivo è dare importanza al gesto rispettando la naturalità del prodotto”. 

Le quattro bottiglie si svuotano in fretta e prima di continuare con gli assaggi, Pierre ci tiene a mostrarci un piccolo vigneto sperimentale, uno dei suoi infiniti progetti. Ho voluto piantare delle viti resistenti affiancate da delle piante di mele acidule, in modo da farle maritare come si faceva una volta. Con le mele poi vorremmo produrre anche un sidro. Ho potuto realizzare questa forma di allevamento perché questa zona non è soggetta alla legislazione della Champagne”. E subito mi torna in mente, stile déjà-vu, l’amarezza di Stefano Bellotti quando aver piantato degli alberi di pesche da vigna tra i filari di Montemarino gli costò l’esclusione dalla DOCG per “contaminazione vegetale”. 

Del resto, come già mi aveva raccontato durante quella serata nel veronese, il disciplinare iper rigido dello Champagne non lascia spazio alcuno alla libertà d’espressione del vignaiolo. “Ecco perché mi sono spinto oltre i confini della mia regione” continua Pierre Ho preso in gestione dei vigneti che, nonostante rientrino nella Loira, poggiano su sottosuolo di tipo borgognotto. Qui sono più libero di sperimentare, anche se non vedo l’ora di dare via al progetto di Narbonne, dove avrò davvero carta bianca al cento per cento. Con tre ragazze che si sono formate al mio fianco sto per acquistare ottanta ettari di terreno in Languedoc suddivisi tra vigneti, foraggio e bosco. Loro si occuperanno a tempo pieno della gestione agronomica, io le supporterò e, dal momento che i tempi di maturazione tra Languedoc e Champange sono molto diversi, mi farò carico delle vinificazioni. L’idea generale è quella di dare vita a una linea di vini che siano semplici, genuini e costino il giusto prezzo in modo da poter essere il motore per la promozione e il rilancio di questa zona vitivinicola". 

A forza di chiacchiere sullo Chateau de Vaudetré è scesa la notte. Entriamo a ripararci nella cucina semiprofessionale di Pierre dove accanto ai fuochi una economica resta sempre accesa a riscaldare la casa. Mentre Pierre dà prova delle sue abilità ai fornelli ci tiene a farmi assaggiare i vini ottenuti dalle prime sperimentazioni del progetto in Loira. Nel calice ancora una volta si trova la conferma della rapida e costante crescita della mano di Pierre. Penso che ben presto potrà competere con i mostri sacri della Champagne ma specialmente che non vedo l’ora di assaggiare i suoi vini della Languedoc. 

La mattina seguente lo saluto con un’altra promessa Non so quando, ma ti verrò a trovare. Questa volta però a Narbonne”. 

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