Mentre l’aereo comincia l’atterraggio a Charles de Gaulle sbircio dal finestrino la sagoma di Parigi dall’alto, meta prediletta di tanti miei viaggi di piacere. Questa volta però l’obiettivo della mia visita unisce anche il lavoro e allora la capitale diventa solo una tappa intermedia, prima di spostarsi verso est per un centinaio di chilometri fino a raggiungere la patria delle bollicine più famose del mondo, la Champagne.
L’autostrada scorre sotto il sole torrido d’agosto e le fanno da contorno campi resi aridi e secchi dalle condizioni climatiche che stanno sconvolgendo questo 2022. Il tragitto è breve e le torri della cattedrale di Reims che appaiono in lontananza ci indicano che siamo praticamente giunti a destinazione. A dire il vero, impegnati nell’esercizio di stile di elencare i Grand Cru per costruire una mappa mentale della Champagne, sbagliamo uscita. L’errore ci conduce lunga una stradina panoramica che taglia la Montagne de Reims regalandoci il primo assaggio visivo della maestosa distesa di vigneti che ci accompagnerà durante i prossimi tre giorni. Lungo il tragitto le viti appaiono stremate per il caldo e le scarse precipitazioni, la tempesta d’acqua che si è abbattuta su alcune parti della regione qualche giorno prima non sembra aver migliorato la situazione.
Una volta giunti ad Épernay, giusto il tempo di lasciare le valigie in albergo e rimontiamo subito in macchina, destinazione Domaine Pierre Charlot, la maison che porta il nome del suo giovane régissuer. A Châtillon-sur-Marne il termometro segna trentasette gradi, ma l’impatto con l’aria fuori dalla macchina è meno violento di quanto ci aspettassimo. L’umidità claustrofobica che caratterizza l’estate genovese è ben lontana. Il paesino è quasi deserto, la maggior parte degli abitanti, e quindi dei produttori locali, è in vacanza a recuperar le forze prima del periodo di vendemmia. Pierre non fa eccezione, infatti ad attenderci al Domaine troviamo la madre Lucette.
Lucette è di ritorno da una giornata passata in vigna sotto un sole infernale che avrebbe messo a dura prova chiunque. Chiunque tranne lei che sembra non essere troppo influenzata dalla cosa. Da ottima padrona di casa ci accoglie in cantina e, mentre si fa largo tra le pupitres, ci racconta l’evoluzione del Domaine. Si tratta di una storia al femminile, cominciata con la nonna di Pierre, proprietaria della maison nel secolo scorso, proseguita attraverso lei e i figli, che hanno dato forma all’azienda attuale, a cui si sommano gli altri due progetti vitivinicoli lanciati da Pierre in Loira e in Languedoc.
Tempo di finire il racconto e Lucette ha allestito nel fondo della cantina un tanto improvvisato quanto invitante tavolo da degustazione al fresco del sottosuolo. Gli Champagne che ci propone sono ricchi di personalità e da ogni calice emerge con forza l’approccio naturale e rispettoso del terroir. Le storie e gli assaggi di Lucette finiscono per farci perdere la cognizione del tempo e quando riemergiamo dalla cantina la luce va affievolendosi all’orizzonte. Salutiamo Lucette e torniamo verso Épernay dove andiamo a cena seguendo i consigli del nostro collega Alberto, che durante una delle sue ultime ricognizioni in zona è incappato nell’Eurasienne, un imperdibile incontro tra cultura gastronomica vietnamita e italiana, un matrimonio ovviamente celebrato a base di vino naturale, unica proposta in menù.
Mentre ragioniamo sulle prossime tappe del viaggio con l’ambiziosa idea di riuscire a far chiarezza sulle diverse espressioni del territorio, allunghiamo il ritorno in albergo per incamminarci su Avenue de Champagne, la via delle grandi maison che attraversa la cittadina mostrando la grande forza economica e il buon gusto (con le dovute eccezioni) in materia di architettura che contraddistingue la regione.
La mattina successiva l’appuntamento è fissato da Billecart-Salmon, una delle pochissime grandi maison rimaste di proprietà famigliare, unita a doppio filo a Velier da cinquant’anni di rapporti umani prima che commerciali.
Passare da Charlot a Billecart è come compiere un grosso salto spazio temporale eppure, mentre Jerome ci accompagna lungo i due chilometri di corridoi sotterranei della Maison, a colpirci è l’attenzione maniacale ai dettagli che accompagna ogni singola fase di produzione: le fondamenta per portare nel bicchiere Champagne classici, ma eterni.
Il tardo pomeriggio lo passiamo tra le vigne più famose della regione e quindi del mondo, il nostro tour parte da uno dei più vecchi vigneti di proprietà vicino alla Maison Billecart e mentre ci inerpichiamo sui gradini scopriamo con piacere che confina con il Clos De Goisses, l’iconico vigneto di Charles Philipponat.
Dalla cima della collina la vista è da togliere il fiato e ci fa riflettere su come un territorio così celebre e commercialmente forte sia in realtà riuscito a preservare boschi, prati, seminativi e campi fioriti. E al contrario di quanto si possa pensare, da questa prospettiva, la Champagne quasi si sottrae alla “questione monocoltura” rispetto ad altre zone blasonate d'Italia.
Proseguiamo il nostro tour in macchina visitando con religiosa curiosità i paesi che ospitano i Grand Cru, seguendo un percorso che si snoda lungo la Côte des Blancs e si conclude ad Ambonnay, patria dei Blanc de Noir più rinomati. Attraversiamo un paesaggio dolce e bellissimo, mettendo a dura prova le sospensioni dell’auto a noleggio su strade bianche che ci riempiono la carrozzeria di polvere ma il cuore di pura gioia.
Prima di tornare ad Épernay non possiamo farci mancare una visita alla cattedrale di Reims, fulgido esempio di architettura sacra gotica che ci fa restare col naso all’insù per tutto il tempo, ammaliati dalle linee verticali perfette che nei secoli hanno attratto centinaia di migliaia di fedeli e non. Per cena abbiamo prenotato al Sacré Bistro, dove quasi rischiamo di trascurare una cucina di ottima mano distratti da una carta monumentale di Champagne e vini che spaziano per tutto il territorio francese con la giusta attenzione ai produttori artigianali. Usciti dal locale abbiamo ancora voglia di stare insieme e continuare la bella conversazione iniziata a tavola, torniamo quindi da Eurasienne per un’ultima bottiglia prima della buonanotte ma veniamo sorpresi nel dehor del locale da un forte temporale che ci accompagna fino alle porte dell’albergo.
L’ultima giornata ci porta al Domaine Augustin ad Avenay-Val-D’Or, qualche chilometro a nord di Ay. Terza cantina del nostro viaggio e terzo mondo da scoprire che ci aspetta. Ad accoglierci ci sono Marc ed Emmanuelle, i coniugi Augustin, entrambi figli d’arte che hanno unito la loro terra e la loro propensione per un’agricoltura in simbiosi con la natura dando vita a uno dei Domaine più “controcorrente” della Champagne.
Per avvicinarsi al loro approccio al vino infatti è imprescindibile comprendere il loro modo di intendere la biodinamica come una filosofia di vita, piuttosto che come una semplice serie di pratiche agronomiche. Marc ed Emmanuelle ce ne raccontano con passione ogni dettaglio, accompagnandoci in un viaggio che parla prima di equilibrio universale che di vino.
Nel bicchiere questo modo di lavorare restituisce Champagne vivi e intriganti, vinosi e materici che guadagnano di beva sorso dopo sorso diventando impareggiabili sulla tavola per la loro stupefacente versatilità gastronomica.
Infine Marc, come già ci aveva promesso durante la sua ultima visita a Genova ci tiene a mostrarci la piccola cantina interrata sotto all’appezzamento di pinot noir, dove riposano alcune partite di Champagne. Marc ed Emmanuelle infatti sono convinti che in questo modo il frutto della terra possa mantenere una connessione con il vigneto che gli ha dato origine, concetto cui hanno dato il nome di geomaturazione, arricchendolo in quanto a tipicità, intensità e capacità espressiva.
Mentre Marc ci versa un clamoroso Cote de Champenoise bianco macerato sulle bucce per 730 giorni, ci rendiamo conto che il tempo è volato e che il rischio di perdere il volo di rientro è concreto. Ci rimettiamo in moto a tutta velocità verso Parigi, lasciandoci alle spalle una regione dalle mille sfumature dove convivono piccoli agricoltori e Maison del lusso, piena di contrasti ma ricca di realtà accomunate dalla volontà di scrivere pagine totalmente nuove di un terroir spesso sacrificato alle volontà di un mercato troppo assetato.