Domaine de Beudon: la scalata verso il paradiso

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Domaine de Beudon: la scalata verso il paradiso

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I ricordi del nostro viaggio da capogiro sulle pendenze dei vigneti di Jacques e Marion Granges, i più scoscesi della Svizzera: quando i confini tra viticoltura eroica e alpinismo si confondono.

SULLE VETTE VALLESI: LES VIGNES DANS LE CIEL

Contrariamente al fluire del vino nei nostri calici, durante il lockdown il tempo è scorso molto lentamente. Così, complici le fatidiche pulizie di primavera, si è rispolverato anche l’album dei ricordi, riuscendo ad abbandonare, seppur per un attimo, le mura di casa.

Una vecchia foto mi riaccompagna fino al memorabile agosto del 2008, quando durante un soggiorno in una località montana del cantone elvetico del Vallese, insieme al mio compagno di viaggio Fabio Luglio, decidemmo di recarci su una delle vette più ambite della zona: il Domaine de Beudon di Marion e Jacques Granges.

Ricordo quando in viaggio, abbandonando l’A9 che porta a Martigny, imboccammo le più bucoliche e a noi consone strade serpeggianti tra i vigneti. E quasi mi sembra di sentire ancora l’aria resa irrespirabile dai trattamenti sistemici in corso che ci costrinse a rialzare alla svelta i finestrini della macchina. Di lì a poco però ci saremmo potuti mettere in salvo, lontani dalla civiltà e dall’enologia moderna.

Raggiungere Beudon non è semplice come dirlo, il Domaine si trova sui pendii del massiccio del Grand Chalavard e non esistono strade o mulattiere che conducano fin lì, ma solo un ripidissimo sentiero poco battuto. “Les vignes dans le ciel” recitano bene le etichette. E a toccare il cielo con un dito non potevamo certo andarci in macchina. Dal parcheggio una piccola ed essenziale teleferica, specchio della filosofia di vita di Marion e Jacques, ci avrebbe portato fino in paradiso.

Una volta a bordo bisogna citofonare perché da lassù la cabina venga attivata. Il viaggio in funivia è un’esperienza incredibile, uno spettacolo che lascia senza fiato, mentre la cabina cigolante s’inerpica sopra le vigne.

Basta metter piede a Beudon, a circa mille metri sopra il livello del mare, per respirare un’aria diversa. Sembra di entrare in un’altra dimensione, dove il tempo si è fermato. Rivivo la sensazione di estremo benessere che si impossessò di noi all’istante. Ci eravamo lasciati la civiltà alle spalle, anzi da lassù la dominavamo. Qualche centinaio di metri sotto di noi l’urbanizzata Valle del Rodano si snodava lungo il fiume che nasce proprio in Svizzera, tra le maestose vette elvetiche dell’omonimo ghiacciaio.

domaine de beudon

JACQUES, MARION E UNA VITICOLTURA DA VERTIGINI

Tutto a un tratto mi parve di esser stata catapultata nel mondo di Heidi. Jacques ci aspettava al capolinea con il suo inseparabile basco in testa, la sua folta barba e le montagne a fargli da sfondo, proprio come il nonno dei disegni di Miyazaki: la gentilezza fatta a persona e uno sguardo infinitamente dolce. Figlio di un vivaista e viticoltore, dopo aver studiato al Politecnico di Zurigo, Jacques diventò nel 1969 il più giovane agronomo di Svizzera, anche se con grande umiltà continuò a definirsi contadino dimostrano interesse e rispetto per la natura e il mondo agrario. 

L’amore per il mondo che lo circondava era tangibile già dai primi passi quando ci incamminammo verso i vigneti. Eravamo abituati agli strapiombi sul mare delle Cinque Terre, conoscevamo bene la viticoltura eroica, ma a Beudon le pendenze sono tali da far venire le vertigini anche agli alpinisti più esperti. Jacques si addentrò agile tra i filari, mentre lo seguivamo con fare maldestro e piede incerto. Poi con fare divertito ci indicò due parcelle: “la piatta” ovvero la vigna con meno pendenza (ben il 35%!) e la più ripida, la “rapida”. Lo sforzo e la fatica di quella passeggiata furono ricompensati dalla bellezza del paesaggio e dei racconti di Jacques.

Ci mostrò Pré-des-Saules, a fondovalle, ai piedi della teleferica, che apparteneva una volta a suo nonno e dove si trovavano un ettaro di vigna e uno e mezzo di frutteto, mentre con la voce segnata dall’emozione raccontava della tristemente nota slavina del 1999 e dei 600.000 metri cubi di neve e detriti che si erano abbattuti proprio su quella parcella, devastando le vigne di Fendant. Poi tornò a illuminarsi ricordando gli esordi, di quando nel 1971 realizzò il suo grande sogno comprando la parte superiore di Beudon: sei ettari di vigna esposta a sud tra i 740 e gli 890 metri di altitudine.

Lassù la vegetazione era estremamente variegata: roverelle, conifere, castagni, mandorli e ancora tante piante aromatiche e medicinali, conferite alla più nota fabbrica locale di caramelle per la gola. Beudon offre anche la più importante biodiversità di farfalle di tutta la Svizzera e una grande varietà a livello pedologico e geologico con l’alternanza di falesie di gneiss, loess, morene e rocce cristalline.

Il suo spirito contadino ha animato negli anni le scelte di Jacques, che si è sin dal principio fatto portavoce di un’agricoltura rispettosa del suolo e dell’ambiente. La parte più alta di Beudon è certificata biologica dal 1974 e l’intera azienda è condotta secondo i principi dell’agricoltura biodinamica dal 1993.

Domaine de Beudon
Domaine de Beudon
Domaine de Beudon

Il sole presto cominciò la sua pigra discesa verso le vette, ci radunammo intorno al grande tavolo fuori dalla baita, dove Marion già ci aspettava con un gran numero di etichette: RieslingxSylvaner, FendantPetit Arvine e Dole… a distanza di anni ho dimenticato le annate, ma non le emozioni perché i vini di Beudon mi toccarono l’anima lasciando un segno indelebile.

Quando il cielo fu ormai una distesa infinita di stelle, dopo l’immancabile fonduta, eravamo pronti a salutare Jacques e Marion, ma il destino aveva deciso diversamente. Al momento di attivare la teleferica, colpo di scena! La cabina immobile non ne voleva sapere di riportarci a valle.

Non nascondo l’entusiasmo che ci colse nel saperci costretti a trascorrere la notte nel mondo incantato di Beudon, cullati dall’immensità e dalla quiete della natura circostante. La mattina successiva al nostro risveglio ci aspettava una tavola imbandita di frutta, mieli, succo d’uva e tisane, tutto frutto del lavoro e dell’amore di Marion.

Con la discesa a fondovalle affievoliscono i ricordi, ma resta la gioia di quei momenti e un finale dal triste retrogusto amaro. Quasi quattro anni dopo, mentre Jacques lavorava con il trattore i suoi amati terreni impervi l’hanno richiamato a sé troppo presto, lasciando un vuoto immenso, ma allo stesso tempo, un modello in eredità per le nuove generazioni di vignaioli elvetici e non solo.

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