Il sole che non ci ha quasi mai abbandonato durante questa torrida estate ha accompagnato la nostra macchina fino alla porta di casa della famiglia Bera, che si eleva sulle vigne di proprietà a Canelli, sulle colline dell’Astesana. Appena scesi dall’auto ad aspettarci troviamo i fratelli Alessandra e Gianluigi entusiasti di vederci nonostante il ritardo.
Dopo i saluti si comincia dalla più classica delle domande “Come sta andando con questo caldo? Come stanno le vigne?”.
La risposta è un invito a fare un giro tra i filari.
Sotto casa il primo vigneto che incontriamo è il Sorì del moscato (in dialetto piemontese, una vigna esposta a sud). Le piante mostrano segni di sofferenza, ma resistono con ostentata eleganza. Alcune foglie sono costellate da bruciature dorata e i grappoli con acini tesi e pieni, pronti alla vendemmia, si alternano ad altri vuoti e secchi, le vittime del caldo estivo.
“Quando una pianta va in stress idrico” ci spiega Alessandra “ha come primo obiettivo la sopravvivenza della pianta stessa, come secondo la crescita vegetativa e come terzo il compimento della maturazione del grappolo. Quindi le viti in forte carenza d’acqua hanno la tendenza a richiamare a sé quella contenuta negli acini. Questo comporta una grave perdita di resa, che al momento stimiamo intorno al 30%. Non si tratta però solo di una questione di quantità, ma anche di qualità delle uve. L’arresto della maturazione fa sì che molti dei grappoli abbiano ancora un’acidità troppo alta e livelli zuccherini troppo bassi per fare il Moscato, per cui la vendemmia verrà posticipata fino a che non troveremo il miglior equilibrio”.
La preoccupazione chiaramente è alta, le condizioni climatiche spaventano, ma la possibilità d’intervento è limitata. “Non sei tu a importi sulla natura, ma la accompagni solamente” spiega Gianluigi “Si lavora senza paracadute. Per coerenza ovviamente non interveniamo anche se la situazione sembra sfuggire al controllo. Più che il caldo estivo, il vero problema è stata l’assenza di precipitazioni invernali e primaverili. La vite di norma resiste bene alla siccità, ma mancando l’acqua anche in profondità ne subisce le ripercussioni, specialmente sulla cima della collina”. Motivo per il quale i Sorì, che tradizionalmente sono considerati i vigneti di maggior pregio, quest’anno hanno sofferto molto di più rispetto agli appezzamenti esposti a nord o a fondo valle, restituendo rese minori.
L’argomento è oltremodo interessante, impossibile non domandarsi se stiamo arrivando al completo capovolgimento delle più diffuse convinzioni in materia di viticoltura. Chiediamo a Gianluigi se privilegerebbe l’esposizione nord nel caso in cui avesse la possibilità di impiantare un nuovo vigneto. La risposta è affermativa “Con la situazione a cui sto assistendo in questo momento sì. Però è importante non soffermarsi solo sull’esposizione e il posizionamento del vigneto, ma anche sui portainnesti. Quest’anno ho potuto osservare all’interno dei miei vigneti che alcune tra le piante che hanno reagito meglio all’emergenza idrica sono quelle innestate sul 41B, portainnesto ottenuto dall’incrocio tra chasselas x berlandieri. Attualmente è in disuso perché di norma si sono sempre preferiti portainnesti più vigorosi che restituiscono rese maggiori. Inoltre bisogna anche considerare che minore interesse verso il 41B che è dovuta dalla scarsa capacità attecchimento in vivaio”.
Le informazioni da assimilare sono moltissime, ma un’altra domanda ci preme “Quali problematiche si potrebbero sviluppare in cantina?” Gianluigi ride “Il futuro non lo leggo ancora! Però sicuramente il caldo rallenta le fermentazioni spontanee, i lieviti indigeni si fanno più svogliati e ci possono essere alterazioni batteriche. I rossi spesso non riescono a concludere la fermentazione lasciando zuccheri residui. Tutte situazioni che una cantina convenzionale potrebbe facilmente correggere, però noi abbiamo scelto la nostra strada e la vogliamo portare avanti. Sicuramente quest’anno avremo dei vini diversi agli anni precedenti che porteranno dentro di sé gli aromi più maturi tipici della siccità. Nel caso del moscato i fiori e le piante officinali come la salvia verranno sostituiti da frutta matura e albicocche secche. È già successo in altre annate, come la 2012, quando le commissioni ritennero i profumi atipici.”
Il sole ormai è alto sopra di noi, e quando Alessandra ci invita a tornare su per il pranzo non esitiamo. Arrivati davanti alla casa veniamo accolti da Vittorio, padre di Alessandra e Gianluigi e fondatore dell’azienda agricola, e da un magnifico tavolo in legno che osserva le colline e offre un aperitivo che potrebbe essere tranquillamente un pranzo estivo. Un tripudio di colori e verdure fresche da intingere nella bagna fërgia (versione estiva della bagna cauda), annaffiati dal loro moscato secco Baravantan e dal Ronco Rosa che “sta così bene con il salame che non si può non aprire”. Il viaggio e la passeggiata in vigna hanno riacceso gli appetiti e, vuotati i piatti, saliamo in casa per il pranzo.
Alessandra è una cuoca fenomenale, la precisione che insieme a Gianluigi mette in cantina si rispecchia in cucina. Il menù è semplice e autentico, una sfilata di sapori che vede la cucina contadina come protagonista. Veniamo introdotti alla Supa d’ sucot, una zuppa di pane fritto nel burro e zucchini con basilico, un’esplosione di gusti difficile da dimenticare. Il primo vino che ha fatto capolino sulla tavola è stato il Sarvanet, un dolcetto in purezza che regala freschezza e genuinità. Tempo di finire il calice ed entra in campo Ronco Malo, il tannino si fa più vellutato, la bevuta più persistente ma sempre elegante e va ad accompagnare un tris di secondi. Le polpettine di carne, preludio alle abilità culinarie della madre, sono merito di Vittoria, rappresentante della nuova generazione di Bera!
Dal Ronco Malo al Ronco Matto è un attimo e il calice si svuota per riempirsi con un grignolino ottenuto da metodo ancestrale senza indicazione di vitigno, in quanto non permessa ai vini senza denominazione di origine. Le bollicine accompagnano le zucchine all’aceto con le uova in camicia e il pollo in carpione. Le mie papille raggiungono vette inesplorate quando ci presentano il Bianchdusèt, un moscato bianco ossidativo del 2007 affinato per dieci anni sotto vela che mi ruba il cuore. Il moscato si tinge di venatura minerali e sapidità che regalano una bevuta mistica e introspettiva. Il secondo calice qui è d’obbligo ed è talmente affascinante che meriterebbe un assaggio tête-à-tête con il vino. Ma i ritmi dei pranzi in compagnia sono serrati e un pranzo del genere non poteva che concludersi con un piatto di formaggi locali e un dolce.
Il dolce in questione è una galette con farine di mandorle e una compote di frutta di stagione preparata da Betta, sorella di Alessandra e Gianluigi. Un dolce rustico, ma buonissimo che si accompagna alla perfezione con il Moscato d’Asti dolce, e fin qui nulla di nuovo. Del resto moscato e dessert è un abbinamento scontato nella mente di tutti.
La mia sorpresa nasce nel girare la bottiglia e notare che si tratta di un Moscato d’Asti del 2013. Pur con la bolla smorzata dal’'invecchiamento, profondità e ricchezza di profumi e sapori si legano per una beva leggera, tutto il contrario del Moscato colloso e stucchevole che tutti conosciamo.
Gli ultimi due vini ribalterebbero la concezione di chiunque sul moscato. Per molti è stato il primo vino bevuto da bambini e concesso durante le festività natalizie, legato nell’immaginario collettivo a una sfera intima e familiare, come la madeleine di Proust. E forse proprio per l’accoglienza con cui la famiglia Bera ci ha accolto, da un lato per noi è impossibile slegarlo da questa accezione, dall’altro assume una maturità e uno spessore nuovo: non il vino per il dolce concesso ai bambini, ma una preziosa coccola per gli adulti.
Mentre mi perdo in questo pensiero la fame è saziata, i piatti sono arrivati man mano più lentamente così come i vini, tutti sono impegnati a gustare, parlare, assaporare il momento. La fretta non è invitata a tavola, ma l’orologio corre e non è mai clemente quando si passano bei momenti. Impegni estranei a questa oasi di pace ci richiamano indietro, di nuovo verso il mare, e mentre dal finestrino saluto le colline ricoperte dalle vigne, non riesco a non ripercorrere mentalmente questa giornata.
Un excursus di aneddoti, confronti e discussioni, con i vini, il cibo e l’accoglienza della famiglia Bera ad avvolgerci in una vibrante energia domestica che ci accompagna fino a Genova. E tutti silenziosamente incrociamo le dita per questa vendemmia e le successive.
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