Tutto il fascino del cioccolato

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Tutto il fascino del cioccolato

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Dalla diffusione del "cibo degli dei" alle tecniche di produzione, fino al cioccolato Claudio Corallo, il Willy Wonka delle Triple “A”.

STORIA DEL CIOCCOLATO, FISIONOMIA DEL CACAO

Sono il piemontese meno sciovinista del mondo, ma stavolta c’entra proprio Torino, prima capitale d’Italia, che, corroborata dalla raffinatezza gastronomica giunta da Versailles con spose, madri e cugine dei Savoia, anticipò molte mode.

Il cioccolato come bevanda fu servito in Italia per la prima volta già nel 1563, quando Turìn divenne capitale del Ducato strappato ai franchi, ma fu nel 1678 che Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, la seconda Madama Reale, concesse la prima licenza conosciuta di “cioccolataio” a un monsù Gio Antonio Ari, che portò quella polvere scura e profumata fuori dalle farmacie, consegnandola al piacere. A Torino nacque anche il primo cioccolatino vero e proprio, incartato con carta dorata, che incontrò le nocciole, per risparmiare sulla nobile materia prima, dando vita al giandujotto, finché l’industria inizio a produrre in serie un succedaneo e nacquero una serie di prodotti per il consumo di massa, che sempre meno esaltavano il sapore della materia prima.

Solamente negli ultimi trent’anni si è tornati a dare importanza al cacao e ad interessarsi alla valorizzazione di tutta la filiera, “bean to bar”, dal seme alla tavoletta, facendo emergere enormi differenze aromatiche e nutrizionali tra i prodotti artigianali e quelli industriali e tra quelli artigianali di alta qualità ed altri meno interessanti.

Il termine indica la lavorazione finale dei frutti del cacao theobroma cacao, cibo degli Dei, una pianta presente nei paesi della fascia tropicale come Africa Occidentale, Brasile e America Latina. Il nome deriva dalla mitologia delle civiltà precolombiane del centro America, che consideravano il cacao una pianta donata agli uomini dagli Dei. In questa pianta sempreverde i frutti crescono direttamente sul tronco e non sui rami. È caratterizzata da un’estrema fragilità e necessita di microambiente umido, piovoso, con temperature costantemente alte e fitta ombra. Per questo motivo spesso i coltivatori, insieme alle piante di cacao, coltivano alberi più alti, come i banani, per proteggere le piante dai raggi solari diretti.

Esistono tre sottospecie del cacao che prendono il nome di Cacao Criollo, Cacao Forastero e Cacao Trinitario.

Cacao Criollo

Il Criollo è considerato spesso la varietà di cacao più pregiata. Se non è ibridato è una pianta estremamente delicata e sensibile agli attacchi dei parassiti. Il vero Criollo è un prodotto raro in natura e solo una minima parte del cacao presente sul mercato è costituito da questa varietà, che possiede un gusto leggermente amaro, con qualche nota di miele, frutti rossi e frutta secca. La coltivazione del Cacao Criollo è molto limitata e si concentra in alcune zone di Venezuela, Colombia, Perù e in varie isole dell’oceano Indiano.

Cacao Forastero

La varietà del Forastero è la più diffusa. L’aroma è più acido meno intenso e meno complesso, ma esistono alcune varietà di una superiore qualità come il Forastero Amelonado, una varietà purissima, trapiantata dall’Amazzonia in Africa nei primi anni dell’Ottocento. 

Cacao Trinitario

Dal nome dell’isola di Trinidad, Venezuela, questa varietà è il risultato dell’ibridazione delle due principali. Intorno al ‘700 questa zona geografica fu soggetta a una catastrofe naturale che distrusse letteralmente tutte le piante di Criollo coltivate. Queste però non sparirono completamente ma ne rimasero alcune tracce nel terreno. Dopo qualche anno dall’accaduto i coltivatori decisero di dar nuova vita alla loro produzione, seminando il terreno con i semi di Forastero. Crebbe così un’ibridazione delle due varietà principali, che conserva alcune caratteristiche di entrambi i progenitori.

Una pianta di cacao vive in media 25 anni e i frutti necessitano tra i 150 e i 165 giorni per la maturazione completa: è possibile raccogliere frutti tutto l’anno. Ogni frutto contiene dalle 20 alle 50 fave di cacao di varia lunghezza e spessore.

DALLA FAVA AL CIOCCOLATO: QUANDO IL CIOCCOLATIERE È UN ARTIGIANO

La fermentazione

Il primo passaggio nella produzione del cioccolato è rappresentato dalla fermentazione delle fave di cacao, fondamentale per donare gli aromi al cacao e quindi al cioccolato. Analogamente a quanto avviene per il succo dell’uva, della canna da zucchero, per la frutta destinata alla distillazione e per i latticini, è durante la fermentazione che si crea tutto il coacervo di sapori che costituiscono il potenziale aromatico di qualsiasi prodotto lavorato artigianalmente. L’assenza di fertilizzanti e pesticidi, di forzatura nella fermentazione, di processi di addizione e sottrazione di alcun genere, in una parola la “lentezza”, determinano tutti insieme le caratteristiche di un prodotto artigianale, contadino, artistico. Per procedere alla fermentazione, dopo aver separato i semi (le fave) dalla polpa, di cui sono golose le scimmie che, sputando i semi, hanno permesso il disseminarsi di questa pianta nelle foreste tropicali, le fave vengono riposte in stanze buie e areate. 

fermentazione
essicazione

L'essiccaizione

A seguito della fermentazione, le fave di cacao vengono sottoposte a essiccazione, procedimento utile a bloccare la fermentazione e a controllare il tenore di acido acetico presente al loro interno. Anche per questo processo, la lentezza, l’assenza di forzature e l’esperienza dell’uomo, garantiscono la miglior garanzia del prodotto.

La tostatura

Le fave vengono selezionate a mano e ripulite dalle impurità. Si procede quindi alla tostatura, che avviene attorno ai 100°C. Questo processo, come per il caffè, è fondamentale per la creazione dell’aroma. Ma avviene quando il seme ha ancora la buccia. Non è quindi possibile controllare visivamente il grado di “abbrustolimento” dei semi e solo l’esperienza può stabilire temperature e tempi di questa fase molto delicata, sospesa tra il rischio di bruciare il seme e quello di non estrarne gli aromi.

tostatura

Decorticazione, macinatura e raffinazione

Dopo la tostatura le fave vengono sbucciate, anche a mano, e la granella (le nibs) viene lavorata al mulino, come avviene per le olive, trasformandosi in massa di cacao, la cui granulometria viene ridotta ulteriormente da una macchina a cilindri, in analogia con la produzione artigianale della farina. 

Il concaggio

È il processo inventato dal Sig. Lindt (proprio lui) tramite il quale lo sfregamento della massa di cacao all’interno di macchine a forma di conchiglia (da cui il nome), porta allo scioglimento del burro di cacao e al passaggio della massa allo stato liquido. La fase di concaggio è utile sia all’emulsione del cioccolato, sia all’abbattimento dell’acidità. 

Il temperaggio

L’abbassamento della temperatura dopo il concaggio rende il cioccolato più omogeneo, non soggetto a sbalzi di temperatura, meno voluminoso e meno opaco. Il cioccolato temperato, modellato in blocchi, può ulteriormente essere fatto maturare a umidità e temperatura controllate, per attenuare il gusto acerbo tipico dei prodotti naturali ed esaltarne invece la complessità: è il riposo in botte.

Un cioccolatiere artigianale non lavora a partire dalla massa di cacao, ma dalle fave. Un vero artigiano che voglia seguire tutto il processo parte dalle fave crude. Un artigiano contadino si occupa anche della coltivazione.

Oggi in Italia ci sono molti artigiani di qualità. Alcuni di questi seguono direttamente la coltivazione del cacao o hanno acquistato o affittato appezzamenti per uso esclusivo. Ma l’unico al mondo a seguire tutto il processo, coltivando in prima persona la pianta di cacao, è Claudio Corallo, che esegue la maggior parte del processo in maniera manuale.

Il suo lavoro è contadino, dedicato alla potatura delle piante, alla raccolta, al processo di fermentazione, all’essiccazione. Inizia poi la parte artigianale, tesa ad estrarre la maggior intensità e ricchezza aromatica del prodotto, senza tradirne la naturale complessità e delicatezza: la torrefazione, la macinatura, la raffinazione. Ma è nella miscelazione con lo zucchero, il sale, il caffè o altre materie prime artigianali, che emerge l’animo dell’artista, che crea un prodotto unico, come lo è ogni bottiglia di vino Triple ”A”.

Agli inizi degli anni ’90 Claudio Corallo si diresse verso le isole di Sao Tomè e Principe, che formano lo Stato della Repubblica democratica di Sao Tomè e Principe, il più piccolo dell’Africa, situato nel Golfo di Guinea a ovest del continente africano, dando vita a due piantagioni, di cacao e pepe e di caffè. Coltiva il Cacao Forastero Amelonado, una varietà purissima, che venne introdotta dai portoghesi quando erano ormai certi che avrebbero perso il potere in Brasile.

Il cioccolato così ottenuto è davvero ha un sapore diverso da tutti gli altri. Ne amo le fave pure, come snack, la massa 100%, in cucina, tavolette e chicchi di caffè ricoperti, per terminare una cena, e perfino le bucce, che ricavo mondando le fave tostate, e che utilizzo per brodi ed infusi.