00 o Tipo 2, bianca o integrale, nuove o antiche varietà? Abbiamo setacciato la storia delle farine, per selezionare la migliore di tutta Italia, una vera farina Triple “A”.
DALLA RAZIONE-K ALL’INDUSTRIA DEL GRANO
C’era una volta uno studente modello, un certo Ancel Keys, nato nel 1904 a Colorado Springs, negli Stati Uniti, che portò a termine brillanti studi di Economia, ottenendo poi due master in Biologia e Fisiologia e iniziando ad occuparsi di nutrizione, divenendo professore a Minneapolis, presso l'Università del Minnesota, dove durante la Seconda guerra mondiale si occupò, per conto del ministero della Guerra, dell'alimentazione delle truppe. Fu lui l’inventore della famosa “razione-K”, che prende il nome proprio dall’iniziale del suo cognome, cibo in scatola altamente energetico di cui venivano dotate tutte le truppe alleate.
Durante la guerra fu al fronte con i soldati americani nei territori del Mediterraneo, soprattutto in Grecia. Durante questo periodo e negli anni successivi alla guerra, grazie all’esperienza maturata in Grecia e ai contatti col fisiologo napoletano Bergami, si rese conto di come la popolazione americana fosse in sovrappeso e soggetta a morte per patologie cardiovascolari mentre nell’area del Mediterraneo gli eventi letali legati al cuore e ai vasi sanguigni fossero molto rari. Ebbe l’intuizione che questo dipendesse dalla dieta, che lui chiamò “Dieta Mediterranea”. Questo regime alimentare era molto povero in grassi animali, a differenza di quello in uso negli States, ed era incentrato sulla farina, da cui si otteneva la maggior parte delle calorie giornaliere, ottenute da pasta e pane fatti in casa, accompagnati da olio crudo, legumi e pesce, con pochissima carne e una montagna di verdure fresche. Iniziò a sottoporre i soldati americani a questo tipo di alimentazione, tagliando i grassi e la carne e aumentando le quantità di farina. Fu uomo dell'anno negli USA nel 1961 e il "Time" gli dedicò addirittura la copertina. Mise a punto un ambizioso studio sulle popolazioni di 7 Paesi con culture e stili di vita diversi: popolazione italiana, greca e yugoslava contrapposte a quella dei Paesi Bassi, Finlandia, Giappone e Usa, il “Seven Countries Study”, ancor oggi il più grande e serio studio alimentare mai realizzato, condotto su oltre 12 mila individui, le cui abitudini alimentari e le condizioni di salute furono seguite per quasi quarant’anni. Le conclusioni furono che l'infarto non è casuale, ma si può prevenire, dipende dall'alimentazione e l’alimentazione migliore è quella che fornisce il 60% di calorie a partire da farina e vino. Keys divenne un mito e la sua fama e le sue scoperte furono destinate a essere pubblicizzate in ogni angolo del globo.
C’era una volta anche un’altra storia, parallela a questa, che si svolgeva negli stessi anni proprio nei medesimi luoghi e nei medesimi tempi. Proprio a Minneapolis, attorno alle cascate del fiume Mississippi, nasceva, nei primi anni del Novecento, il più grande distretto mondiale di lavorazione della farina. Mulini enormi processavano grandi quantità di cereali provenienti dagli Stati limitrofi, dove la rivoluzione industriale era già arrivata. Mentre in Calabria si mieteva ancora a mano, le immense pianure americane erano lavorate a macchina, irrorate con ogni sorta di pesticidi e fertilizzanti, ricoperte, soprattutto dopo il secondo dopoguerra, di varietà di grano create in laboratorio e fatte maturare con l’utilizzo massiccio di diserbanti. Questi chicchi trasformati in farina bianchissima, impalpabile come la cipria e dolce come lo zucchero, erano perfetti per sfamare i soldati al fronte, per garantire all’America la sua immensa dose quotidiana di pane insapore ma morbidissimo, da farcire con hot dog, hamburger e salse piene di zucchero, e per essere donate alle popolazioni liberate con la dicitura “regalo del popolo degli stati Uniti d’America”. I grandi sacchi di iuta recavano in etichetta anche la dicitura “sbiancata” e “arricchita”. Il capitalismo non poteva aspettare. Nella farina veniva inserita qualsiasi sostanza che la potesse rendere più facile da lavorare in maniera industriale. Vennero inoltre sviluppate farine sempre più ricche in glutine e proteine, tipo la farina Manitoba, che tenessero la cottura, che sopportassero lievitazioni molto veloci e intense, che non avessero assolutamente alcun sapore e che fossero il più bianche possibile, per far dimenticare gli anni bui della guerra e la grande fame. L’industria del grano e della farina iniziò a fare soldi a palate, divenendo una delle finanziatrici del governo americano, dei piani di ricostruzione europea e anche della ricerca universitaria.
Le due storie si incontrano proprio a Minneapolis, dove Keys era professore, la stessa città che si reggeva per la maggior parte sugli impianti industriali di raffinazione del grano. L’industria del grano e della farina divenne la miglior amica di Keys e, per illustrare efficacemente i concetti del professore, finanziò in maniera massiccia prima gli studi scientifici e successivamente, insieme all’industria della pasta, che stava crescendo a dismisura in Europa, e che utilizzava i grani americani, la pubblicazione e pubblicità delle piramidi alimentari che tutti abbiamo visto fin da piccoli. La base della piramide alimentare inventata dall’industria è costituita da pane, biscotti, pasta fresca, pastasciutta, grissini, fette biscottate, pizza, ben rappresentati nella parte bassa della piramide. Così milioni di individui nel mondo, soprattutto nei Paesi del Mediterraneo e negli Stati Uniti, hanno iniziato a pensare che la farina raffinata fosse il loro miglior alleato nella salute, che biscotti e cereali a colazione fossero l’alimento più sano con cui iniziare la giornata, che pane, pizza e pasta fossero garanzie di lunga vita e che bisognasse guardarsi dal grasso, compreso qualsiasi minuscolo pezzo di burro spalmato sul pane, ma non dagli zuccheri e dai dolci, soprattutto se fatti in casa con le bianche farine dell’industria. E così vissero tutti felici e contenti.
WALTER WILLET E UNA NUOVA PIRAMIDE ALIMENTARE
In realtà c’è una terza e ultima storia, che non conosce quasi nessuno. Il professore Walter Willett, dell’Università di Harward, che tra il resto è ancora vivo e, pur essendo uno degli autori scientifici di questo campo più prolifici e citati al mondo, è praticamente sconosciuto all’opinione pubblica, alla fine degli anni ’80 iniziò a mettere in luce un paradosso di cui Keys stesso si era già accorto quindici anni prima, ma di cui non si poteva più far parola, perché le rotative delmulini giravano ormai troppo velocemente. In pratica i soldati americani nutriti con lo schema di Keys “a tutta farina” iniziarono ad ingrassare e anche ad avere eventi cardiovascolari. E così succedeva alle popolazioni in Italia e Grecia che avevano dimostrato le migliori sopravvivenze nello “studio dei sette stati”. Quelle medesime persone, conosciuto il benessere, il pane bianco, le farine raffinate portate dagli americani e i semi che giungevano da Oltreoceano, adatti ad essere coltivati con l’aiuto della chimica, iniziarono ad ingrassare ed ammalarsi. E le sopravvivenze dei nipoti, che nati negli anni del boom, diventarono peggiori di quelle dei nonni che avevano patito la fame e subito la guerra. E l’imputata era proprio lei, la farina. La farina bianca raffinata veniva assorbita alla velocità dello zucchero e, come lo zucchero, diventava immediatamente grasso. I lipidi invece, anche di origine animale, non avevano lo stesso potere ingrassante. Inoltre l’industria della pasta aveva diffuso il concetto ingannevole che la base della piramide fosse costituita dai carboidrati, mentendo, o quanto meno essendo poco chiara, sul fatto che si trattava di energia, numero di calorie assunte, e non di volumi. In poche parole si potevano mangiare 400 grammi di pane al giorno, ma accompagnati non da un simile volume di verdure ma dalla quantità di vegetali che ne rappresentava un uguale potenziale energetico, diciamo almeno due piatti colmi di broccoli. Ecco fatto. Willett corresse la parola “cereali” nella Dieta Mediterranea con “cereali semi-integrali”, corresse “farina” con concetti che oggi possiamo esemplificare in farine macinate a pietra, poco raffinate, da grani antichi a basso contenuto di glutine e lievitate con lievito madre. E aggiunse che, alla base della piramide, dovevano starci anche due cardini fondamentali: l’attività fisica quotidiana, rappresentata un tempo dal duro lavoro nei campi, e la frugalità: mangiare meno, soprattutto alla sera. La pubblicità che fece di Keys un idolo pregò gentilmente quel genio di Willett di farsi i cavoli propri. E venne così praticamente dimenticato.
La storia contemporanea è invece quella degli studi sul microbiota, cioè l’insieme dei batteri che popolano l’intestino umano. Si è scoperto che se ricevono, tramite l’alimentazione, farine semi-integrali e lievitate con lievito madre, intanto competono con i villi intestinali per poterle assorbire, e quindi si ingrassa meno, poi, avendo da processare una grande varietà di nutrienti, opposta alla povertà di quelli contenuti nella farina raffinata, producono un’abbondante ricchezza di sostanze, che agiscono come mediatori metabolici sulle cellule del corpo umano e, non da ultimo, cambiano la loro composizione, selezionando le colonie più favorevoli alla salute umana e alla protezione dell’individuo dalla capacità di ammalarsi. Insomma, qualcosa di simile a ciò che capita nei batteri che trasformano il mosto in vino se gli si dà da mangiare uva vera, fertilizzata, trattata con pesticidi o direttamente zucchero. Queste erano le informazioni che Willett ai tempi non poteva avere ma che oggi dimostrano perché quelle diete basate su grani e vini veri fossero davvero più sane. E perché una farina non è uguale all’altra.
L’industria reagisce sempre in maniera piuttosto rozza alle scoperte scientifiche e oggi ha quindi iniziato a impestare gli scaffali dei supermercati con prodotti ottenuti da farine integrali. Spesso si tratta di farine raffinate reintegrate con crusca per dar loro un aspetto scuro. La crusca intanto è indigeribile per l’uomo, e anche dannosa ai villi intestinali, mentre tutte le sostanze nutritive pregiate sono contenute nella parte semi-integrale. Si tratta cioè di finte farine integrali.
Morale della favola. Abbiamo cercato per Dispensa la miglior farina semi-integrale, quella che consumavano i contadini ai tempi dello studio di Keys, cioè la farina macinata a pietra e poi setacciata al buratto: quella che, se si tratta di grano tenero, si chiama Tipo 2. É una farina completa, sana, gustosa perché ottenuta in questa maniera e prodotta con grani non trattati in campo e non selezionati per capacità produttiva o caratteristiche tecnologiche ma per contenuto di sapore e potenziale nutritivo. La farina Triple “A” non contiene enzimi aggiunti non contiene lattosio, acidificanti, antifungini, addensanti, gelificanti, stabilizzanti né altri prodotti chimici utilizzabili come conservanti e miglioranti delle caratteristiche tecnologiche. Potete semplicemente sostituirla alla farina raffinata, nelle stesse identiche dosi, in qualsiasi ricetta dolce o salata e vedrete che il sapore e il potere nutritivo saranno tutta un’altra storia.