Vitizionario: la schiava

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Vitizionario: la schiava

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Un tour dei vitigni del mondo raccontato attraverso le testimonianze degli Agricoltori, Artigiani, Artisti. La schiava secondo Martin Gojer.

La schiava, contrariamente a quanto si possa pensare, non è un singolo vitigno, ma una famiglia composta da diversi biotipi di cui i più diffusi sono la schiava grossa, la schiava piccola (detta anche schiava gentile) e la schiava grigia. Sebbene gli studi genetici e ampelografici abbiano messo in evidenza numerose differenze tra i componenti della famiglia delle schiave, i vari biotipi condividono l’origine geografica, collocabile nella regione croata della Slavonia (da cui probabilmente proviene il nome “schiava”), e le proprietà del frutto che sono facilmente riscontrabili nei vini.

La schiava infatti di norma tende a restituire vini succosi, schietti, di grande freschezza, poco tannici e poco alcolici. Se questo potrebbe far pensare a un vitigno di secondaria importanza, una nuova generazione di vignaioli sta scommettendo da alcuni anni su questa varietà, mettendone in luce virtù nascoste come profondità e finezza inaspettate. Tra loro c’è Martin Gojer, vignaiolo di Pranzegg.

Se la schiava un tempo era ampiamente diffusa in tutto il Nord italia, negli ultimi trent’anni si sta assistendo a una vera e propria inversione di rotta che ha concentrato la produzione quasi esclusivamente in Alto Adige, dove il vitigno è storicamente presente sin dal Medioevo. “Si è passati da più di tremila ettari vitati a poco più di quattrocento, ma per comprendere come mai è necessario analizzare l’evoluzione del vitigno dal secondo dopoguerra in poi” racconta Martin Mi piace definire la schiava come un vitigno generoso, capace di bilanciare una quantità soddisfacente a una buona qualità. Tra gli anni ’60 e ’70 la sua generosità però è stata sfruttata solo in direzione quantitativa. Se questo da un lato rappresentava un successo economico per i commercianti, dall’altro andava creando uno stereotipo della schiava come vinello di poca sostanza meritevole di scarso interesse. In seguito al grande boom, quando la schiava ha smesso di essere competitiva a livello economico, restavano due alternative: scommettere sulla qualità o rimpiazzarla con altre varietà”.

“Una viticoltura indirizzata alla qualità promuove l’equilibrio tra le piante e restituisce risultati incredibilmente bilanciati” spiega Martin “Così la schiava, pur mantenendo facilità di beva, dà vita a vini mai banali che rivelano profondità, materia ed eleganza”. Non è un caso che la schiava di Pranzegg sia stata soprannominata “schiava liberata”.

“Si tratta di una varietà estremamente sensibile. Spesso siamo indotti a intendere la sensibilità come una debolezza, io invece ne trovo un punto di forza: significa che la pianta reagisce in funzione di dove e come viene coltivata. Per giunta la schiava, dando vita a vini schietti e poco sofisticati riesce a mettere in primo piano l’origine come pochi altri vitigni”.

“Da Pranzegg i diversi biotipi di schiava convivono nei vigneti” continua Martin “Per quanto riguarda la schiava grossa troviamo principlamente cloni che sono stati selezionati durante il periodo della produzione massiva, mentre tra le piante più vecchie si trovano anche gli altri biotipi ma provenienti da selezione massale. Non avendo piantato nuovi vigneti di schiava negli ultimi vent’anni non stiamo riproducendo questi esemplari, ma comunque ne abbiamo ricavato delle marze per i sovrainnesti. In questo modo tuteliamo e custodiamo questo prezioso patrimonio genetico su cui fonderà le basi la schiava del futuro”.

All’interno del catalogo Triple “A” la schiava si trova esclusivamente all’interno della gamma di Pranzegg ma in due versioni differenti. Si comincia dal Rosso Leggero, una schiava con una piccola parte di lagrein, che mette in luce il lato più slanciato, succoso e fruttato di questo vitigno. Però ad offrire il ritratto del grande potenziale della schiava è il Campill riuscendo a coniugare nello stesso calice sottigliezza e profondità, finezza e materia, semplicità ed eleganza.

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