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Vitizionario: il teroldego

Appunti dal catalogo //

Vitizionario: il teroldego

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Un tour dei vitigni del mondo raccontato attraverso le testimonianze degli Agricoltori, Artigiani, Artisti. Il teroldego secondo Emilio Zierock.

Il teroldego è l’uva principe della Piana Rotaliana, quel triangolo di terra della parte settentrionale del Trentino delimitato dai fiumi Adige e Noce, al confine con l’Alto Adige. Oltre a questa culla d’elezione è possibile trovare il teroldego in Veneto, in Toscana e in altre regioni italiane, dove assume il ruolo di uva da taglio, e in California dove si contano ben 600 ettari coltivati di questa varietà.

Le caratteristiche principali del teroldego sono l’alto contenuto di antociani, che si riflette nella capacità di dare vita a un mosto e a un vino molto colorato, un elevato contenuto zuccherino, e quindi un buon grado alcolico, un’ottima acidità e un tannino delicato e non invasivo.

“Dal punto di vista genetico, la storia del teroldego” racconta Emilio Zierock “è molto interessante: pare che sia il nipote del pinot nero e intesse relazioni con la syrah, il marzemino e la mondeuse blanche. Senza dubbio poi vanta una lunga storia con il nostro territorio, infatti le prime citazioni del teroldego risalgono al 1400 durante il periodo in cui si svolse il Concilio di Trento”.

“Se l’alto potere colorante e il buon contenuto alcolico hanno favorito l’uso del teroldego come uva da taglio” continua Emilio la lavorazione in purezza è nata proprio nella Piana Rotaliana, specialmente a partire dagli anni ’70. Tra i sostenitori del teroldego in purezza c’era anche mio nonno, non a caso qui a Foradori il teroldego rappresenta il fiore all’occhiello della nostra produzione”.

“Il teroldego per noi è un vino alpino che vive della sua parte fruttata. Quindi la produzione è intrinsecamente legata allo sviluppo degli aromi primari, anche se particolari lavorazioni riescono a dare vita a vini capaci di sfidare il tempo, di buona struttura e profondità” conclude Emilio.

All’interno del catalogo Triple “A”, fatta eccezione per una piccola presenza in Valpolicella nei vigneti di Musella, dove Maddalena Pasqua lo impiega per la produzione dell’Amarone Senza Titolo, il teroldego caratterizza tutti i vini rossi di Foradori, dove viene impiegato esclusivamente in purezza.

Tra le espressioni che giocano specialmente sui lati varietali e sulla freschezza di quest’uva troviamo il Lezer e il Foradori. Al contrario, il Granato, grazie a un lungo affinamento in legno riesce ad affrontare periodi di maturazione decisamente più importanti, dando vita a un vino più strutturato e complesso.

Le due vinificazioni in anfora Morei e Sgarzon, nate nel 2009, scommettono sull’uso di un materiale non invasivo dal punto di vista del rilascio degli aromi del contenitore. Nello specifico si è deciso di dare vita a due espressioni di teroldego che giocano sulla differenza dei terreni dei due vigneti. Sia Morei che Sgarzon poggiano su terreni alluvionali, il primo caratterizzato dalla presenza di ciottoli, il secondo dalla presenza di sabbie. Queste differenze si esplicitano in un vino più energico e massiccio nel caso del Morei e in uno più elegante, di buon corpo e grande finezza nel caso dello Sgarzon.

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