Varietà calabrese per eccellenza e attore principale del vigneto regionale, il gaglioppo è un vitigno a bacca rossa dal grandissimo potenziale che solo negli ultimi anni sta riuscendo a ritagliarsi la porzione di palcoscenico che merita. Nonostante la sua presenza sia diffusa lungo tutto il territorio calabrese tra le colline orientali dell’altopiano della Sila e la costa ionica, così come in altri regioni del Sud Italia, è nella zona della denominazione d’origine Cirò che dà il meglio di sé mettendo in mostra versatilità e prestigio.
"Il gaglioppo è stato selezionato nel tempo. Una volta qui a Cirò tutte le vigne erano il frutto di coplantazioni di varietà miste, poi si è scelto di isolarlo per caratteristiche come la resistenza alla siccità e una buona produttività specialmente in gioventù" racconta Sergio Arcuri prima di ribadire che, come per ogni varietà, per ottenere un prodotto di qualità le rese devono comunque essere limitate.
“Nonostante il territorio di Cirò non sia di grandissima estensione” continua “il gaglioppo reagisce in maniera molto diversa a seconda del clima e del suolo. Io ad esempio ho cinque appezzamenti differenti tra loro per caratteristiche pedoclimatiche ed esposizione, e questo comporta periodi di raccolta notevolmente distanti tra loro”.
Il grappolo si presenta molto compatto ed il nome stesso “gaglioppo” deriva da un’espressione dialettale che significa “pugno chiuso”, proprio ad evidenziare questo aspetto. Inoltre, sebbene nei vini rossi possa affrontare periodi di macerazione non brevi, gli acini presentano una buccia piuttosto sottile, ricca di tannini e povera di antociani. Questo si traduce in vini scarichi di colore, ma di grande nervo e tensione, che necessitano di tempo per ammorbidirsi garantendo un grande potenziale evolutivo. Non a caso Hugh Johnson ha definito Cirò il “Barolo del Sud”.
“Purtroppo, come spesso accade, il disciplinare del Cirò rosso ha maglie molto larghe quando ne meriterebbe uno sulla falsa riga del Barolo, o quantomeno del Barbaresco” prosegue Sergio “Il periodo di affinamento minimo è molto breve, specialmente in bottiglia dove invece avviene la vera maturazione del vino. Piuttosto che elevare l’immagine di questo patrimonio regionale, si è voluto fare un disciplinare più orientato al commercio consentendo di impiegare altri vitigni più morbidi che finiscono per mascherare la vera natura del gaglioppo. Visto che cresce bene solo in poche zone, lo definirei come un vitigno di nicchia dal grande potenziale che non ha ancora avuto il riconoscimento che merita”.
A dare ulteriore valore aggiunto a questo vitigno è la sua versatilità perché se da un lato il gaglioppo si presta a dare vini rossi longevi e di grande struttura, dall’altro non è da meno nella produzione di rosati freschi e delicati. “Per diversificare la produzione” conclude Sergio “si approfitta proprio di variabilità di espressione. Nel caso dei rosati si opera una vendemmia leggermente anticipata, ricavandone con delicatezza il solo mosto fiore per evitare l’estrazione di tannini verdi, e si prediligono le piante più vigorose che forniscono agli acini più polpa”.
All’interno del catalogo Triple “A” Sergio Arcuri declina il suo gaglioppo in tre vini. Si comincia da Il Marinetto, un rosato marino dal calore del territorio, dalla struttura del varietale e dalla delicatezza della mano di Sergio. Segue il Cirò Aris, un rosso da quattro giorni sulle bucce che mostra l’austerità giovanile del gaglioppo lasciando presagire un grande futuro, di cui presto nascerà anche la versione Riserva portando a due anni la maturazione in cemento e a uno quella in bottiglia. Chiude la selezione invece il Cirò Più Vite Riserva, da piante vecchie, macerazione di quindici giorni e affinamento di quattro anni in vasca e un anno, che Sergio vuole portare presto a due, in bottiglia.