Tra le colline laziali un vitigno a bacca nera dalle origini incerte ha approvvigionato le osterie della capitale fin dall’epoca dell’antica Roma, una storia che vede ancora poco chiaro il momento in cui questo vitigno abbia trovato dimora e radicato in questo luogo ma che, con ogni probabilità, vede ancora una volta i romani collegati al suo sbarco in suolo italico: in molti attribuiscono il suo arrivo ai soldati di ritorno da località remote, che portarono con loro le barbatelle per piantarle nelle colline intorno a Roma, disboscate per l’occasione. Proprio da quei boschi tagliati deriva il nome del vitigno, caesum “tagliato” che indicava le zone di impianto.
Nella zona laziale questo vitigno trovò la sua dimora ideale, sviluppando diversi varietà che hanno dato vita ai due vitigni oggigiorno conosciuti: il cesanese di Affile e il cesanese comune. Figli dello stesso ceppo sono caratterizzati da grappoli alati che sostengono sferici acini bluastri dalla buccia spessa e pruinosa, i due cloni però differiscono per la dimensione e la produttività che vedono il cesanese comune leggermente in vantaggio.
“Il cesanese di Affile è un vitigno autoctono con tanti figli, sono circa trenta i cloni studiati e mappati durante gli studi universitari ampelografici svolti in zona e sette di questi sono stati certificati e vengono replicati dai vivaisti.” ci racconta Maria Ernesta Berucci, la nostra produttrice laziale, la cui storia familiare è da generazioni legata alla produzione di cesanese. “Recenti studi genetici hanno evidenziato che il cesanese di Affile e quello comune non hanno parentela con nessun altro vitigno in Italia, ma tra di loro a livello genetico sono molto simili, tanto che attualmente si parla di Cesanese di Affile o Cesanese Comune.”
Il cesanese comune e quello di Affile restituiscono vini molto affini, se pur divergono per piccole differenze di carattere organolettico e di longevità e struttura. Entrambi esprimono fedelmente il terreno su cui risiedono. Fondamentale per capire le potenzialità del cesanese comune e di Affile è la zona di produzione: l’area in cui il cesanese è coltivato comprende diverse località laziali ad est della zona dei Castelli Romani tra le provincie di Roma e Frosinone, che danno luogo a due Doc e una Docg. I due vitigni si trovano all’interno delle vigne di tutte e tre le aree, infatti all’interno dei vecchi vigneti spesso convivono cesanese di Affile e comune.
“Nel nostro areale il cesanese ha dato luogo a tre denominazioni: la prima la Cesanese di Affile Doc che si estende per poco più di 15 ettari circa in alta collina alle pendici dei Monti Affilani, nel territorio di Affile, Roiate e parte di Arcinazzo. Su queste colline le uve del cesanese di Affile sono coltivate ad altitudini di quasi 900 metri slm, più in alto rispetto alle altre due zone di produzione. L’altitudine dona all’uva una maggiore aromaticità silvestre grazie alle escursioni termiche. Questa è la zona più antica in cui si coltivava da sempre il vitigno: una leggenda racconta che il cesanese è arrivato a Piglio proprio da Affile come pegno d’amore da parte di una donzella”, ci racconta Maria Ernesta che conosce a fondo il vitigno.
Maria è figlia d’arte della viticoltura, a lungo ha lavorato per la diffusione e la conoscenza del vitigno, prima di dedicarsi completamente ai suoi vigneti, un dettaglio fondamentale per comprendere la profonda conoscenza che traspare dalle sue parole: “La seconda denominazione di origine controllata è quella del Cesanese di Olevano Romano: ci troviamo nella zona che segue la antica Via Prenestina a sud di Roma tra Genazzano e Olevano Romano appunto. All’interno di un’area suddivisa tra le pendici dei monti Ernici-Simbruini e le ampie vallate che si aprono tra le montagne dimora storicamente il cesanese comune. Ma in tutti i nuovi impianti della zona di Olevano da una decina di anni si trova in uguale misura il cesanese di Affile, piantato per apportare struttura nella vinificazione.
La terza denominazione è il Cesanese del Piglio Docg, nonché unica Docg a bacca rossa laziale. La zona è un anello ovale che racchiude Anagni, Acuto, Piglio, Serrone e Paliano, dalle Pendici dei Monti Ernici all’alta Valle del Sacco. I suoli delle tre denominazioni, che contano circa 400 ettari in totale, sono molto diversi tra loro, anche tra i vari comuni. La zona di Affile è caratterizzata da terre rosse, colore dovuto alla grande presenza di ossido di ferro, mentre a Piglio il suolo è composta da argille vulcaniche con zone di arenarie e zone di pozzolana che si riflettono in vini più minerali, aldilà della valle a Paliano è il confine dove le argille vulcaniche incontrano terre di origine limosa e sabbia. L’area della denominazione di Olevano segue la lingua dei suoli bruni vulcanici della Docg Piglio con le stesse variabilità. Questa grande eterogeneità è molto interessante, specialmente se si è interessati a lavorare e vinificare per vigna, secondo il concetto di cru francese. Così si permette all’uva di esprimere sentori completamente differenti che rispecchiano la terra”.
All’interno del catalogo Triple “A” i due vitigni di cesanese si trovano esclusivamente all’interno dei vini di Maria Ernesta Berucci, la quale riesce ad assecondare le espressioni dei vitigni e dei territori dando vita a vini con caratteri diversi.
Raphael è un vino agile figlio dell’assemblaggio dei due vitigni, come da tradizione, caratterizzato da freschezza, frutto e una bella acidità che da tensione al vino. Il Cesanese del Piglio L’Onda è frutto di uve di cesanese di Affile provenienti dalla sua vigna più vecchia e dalla più giovane, rispettivamente a Serrone e a Paliano. L’Onda si esprime nel calice intenso con un tannino morbido e piacevole, unico a fare un breve affinamento in botte che lo rende ancora più vocato ad un invecchiamento in bottiglia. In maniera completamente diversa si esprime invece Il Cesanese del Piglio Mola da piedi, il secondo cesanese di Affile in purezza. Mola da piedi infatti è un rosso carico di struttura e materia conferita dalla vinificazione a grappolo intero delle uve, una bevuta che gioca sull’equilibrio tra la giusta acidità e un tannino elegante.