Sweet dreams: il lato più dolce delle Triple "A"

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Sweet dreams: il lato più dolce delle Triple "A"

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Spesso dimenticati e trascurati, i vini dolci stanno vivendo un periodo di vero e proprio rinascimento grazie anche al movimento del vino naturale che ha saputo rimettere in discussione l’immagine di stucchevolezza che gli era stata assegnata.

Amati e odiati, i vini dolci rappresentano una delle categorie di vini più vaste e complesse sia in termini di produzione e tecnica ché di qualità e quantità della dolcezza. Spesso relegati al solo ambito della ristorazione, i vini dall’importante residuo zuccherino vantano un’ammirabile varietà di momenti di consumo, dall’abbinamento con i grandi dessert ai sapori decisi di piatti salati come foie gras, ostriche, formaggi erborinati e a lunga stagionatura, fino a piatti agrodolci e di stile “orientaleggiante”, ma anche al servizio liscio dall’aperitivo al dopocena giocando sulle temperature di servizio. Dimenticati o considerati “fuori moda”, negli ultimi anni, grazie anche al movimento del vino naturale, si sta assistendo a un vero e proprio rinascimento dei vini dolci, che sempre più spesso si liberano della loro immagine di vini stucchevoli, riuscendo a dimostrare tutto il loro potenziale di beva nonostante la grande quantità di zucchero. Acidità, sapidità, tannini (nel caso di vini rossi o bianchi macerati) e bolle (nel caso dei frizzanti e spumanti) aiutano infatti a fronteggiare la tipica “collosità” nauseante dei tanti vini dolci sul mercato.

Proprio dallo zucchero, o meglio dalla sua provenienza, nasce il primo importante interrogativo: cosa rende i vini dolci tali? Fatta eccezione solo per gli spumanti, dove il dosaggio (ossia l’aggiunta di zucchero) è pratica consueta e consentita, gli zuccheri dei vini dolci fermi devono essere zuccheri residui dell’uva, ossia zuccheri che non sono andati incontro alla trasformazione in alcol ad opera dei lieviti. Questo vale quantomeno in Italia, perché non in tutti i paesi lo zuccheraggio è vietato, anche se è tecnica relegata alle grandi produzioni industriali e a vini di basso costo e qualità. E da qui nasce il secondo interrogativo, legato alle varie metodologie che permettono allo zucchero di non essere fermentato: come è possibile bloccare la fermentazione? I metodi sono molteplici e non sempre vanno di pari passo con il “protocollo” di produzione dei vini naturali. Difatti tra questi si annoverano l’aggiunta di anidride solforosa, la filtrazione, l’abbassamento della temperatura (che la blocca solo momentaneamente), la fortificazione oppure come naturale conseguenza del raggiungimento di un elevato grado alcolico) Da qui può nascere una prima distinzione tra varie categorie di vini dolci.

Vini a vendemmia tardiva e vini passiti

SciacchetràConsiderando che la maggior parte dei vini provenienti da uve raccolte a maturazione perfetta risultano secchi bisogna escogitare un sistema per aumentare il contenuto zuccherino del mosto in modo naturale. Si ricerca quindi l’evaporazione dell’acqua contenuta dagli acini in modo da concentrarne sia gli zuccheri sia tutti gli altri componenti che vanno a bilanciare la beva dei vini dolci, come acidi, sali e polifenoli nel caso dei rossi. Si parla di surmaturazione, quando viene effettuata una vendemmia tardiva rispetto al periodo di raccolta a perfetta maturazione del frutto, e di appassimento quando invece le uve vengono lasciate appassire in pianta, su graticci, stuoie o addirittura appesi (come avviene nelle famose vinsantaie toscane). Il mosto ottenuto dalla pigiatura di uve surmature o appassite risulterà quindi molto denso e concentrato. Se da un lato non tutti i mosti di uve appassite danno luogo a vini dolci (si pensi all’Amarone della Valpolicella, dove l’effetto dell’appassimento si riflette solo nell’elevato grado alcolico e nella morbidezza), nella stragrande maggioranza dei casi con il raggiungimento di un grado alcolico elevato la fermentazione si blocca spontaneamente prima dell’esaurimento degli zuccheri.

È il caso di vini come il Pian de’ Sorbi di Fattoria di Bacchereto, una vendemmia tardiva di sangiovese che nonostante gli oltre cento grammi litro di zuccheri residui si mantiene fresco e di grande beva, grazie ad acidità e tannino. Tra i vini passiti invece meritano menzione gli Sciacchetrà di Heydi Bonanini, le cui uve appassiscono fino a dicembre nella cantina di Possa per poi essere sgranate acino per acino per dare vita a uno dei più grandi e riconosciuti vini dolci d’Italia, e il Merlot Esenca di Movia, i cui grappoli appassiscono in pianta fronteggiando l’elevata esposizione agli eventi atmosferici. Nei climi estremi, come per esempio in Canada e in Germania, un appassimento in pianta può portare addirittura al congelamento della stragrande maggioranza dell’acqua contenuta negli acini, dando vita ai vini più dolci del pianeta, i famosi icewine.

Vini muffati

Il processo di appassimento necessità di un’elevata umidità e al contempo di una buona ventilazione affinché le uve non corrano il rischio di venire attaccate dalle muffe. In particolari territori, che alternano nebbie e umidità mattutine a grande luce e insolazione diurne, si può verificare un ammuffimento tutt’altro che dannoso: è il caso della Botyritis cinerea, la cosiddetta “muffa nobile”, capace di attaccare i grappoli favorendo il processo di evaporazione dell’acqua e apportando particolari note e profumi caratteristici alle uve.

Sebbene l’aspetto estetico delle uve non sia invitate è proprio dai grappoli attaccati dalla Botrytis cinerea che nascono i vini dolci più famosi al mondo: i TBA della Mosella e i Sauternes francesi. A pochi chilometri dall’AOC nasce la versione di “Sauternes” di Chateau Le Puy, il Marie-Elisa, mentre in Italia nelle rarissime annate in cui la muffa nobile attacca i grappoli del vigneto di sémillon di La Stoppa, Elena Pantaleoni si dedica alla produzione della Buca della Canne.

Vini fortificati

Come detto precedentemente, l’alcol può inibire l’attività dei lieviti sia se arriva spontaneamente ad alte percentuali, sia se viene aggiunto sotto forma di distillato. Questo secondo caso riguarda i vini fortificati, come Porto, Marsala e Sherry, di cui esistono sia versioni secche, che dolci, come nel caso del Moscatel Pasas (le cui uve sono anche parzialmente appassite) e il Moscatel Dorado di Bodega César Florido, il primo produttore di Sherry Triple “A” nonché uno dei pochissimi ad occuparsi dell’intera trasformazione del prodotto dai vigneti alla bottiglia!

Rientrano in questa categoria anche i famosi Vin Doux Naturel del Languedoc-Roussillon, la cui fermentazione viene bloccata prima dell’esaurimento degli zuccheri con acquavite di vino al 90% di alcol.

Vini dolci con le bolle

Moscato BeraIl mondo dei vini dolci naturali si chiude con un’altra macro categoria che richiederebbe un articolo a sé per vastità e varietà. Capostipite indiscusso della famiglia è senza dubbio il Moscato d’Asti, vino dolce italiano per eccellenza prodotto sulle colline dell’astigiano. Caratteristica di questo vino oltre all’effervescenza, che contribuisce anch’essa a combattere la dolcezza, è il basso grado alcolico, che si aggira sul 5,5%. In casi come questo il blocco della fermentazione avviene sia col raffreddamento del mosto, sia attraverso una filtrazione che se però nell’industria viene microfiltrato e poi chiarificato, nel caso del Moscato d'Asti di Bera viene filtrato a cartoni sterilizzanti che trattengono i lieviti, ma lasciano passare materia e sostanze colloidali in sospensione che conferiscono tattilità, concentrazione e grassezza al vino, oltre che a garantire longevità ed equilibrio. Il risultato è freschezza, sale e beva infinita nonostante gli oltre 150 grammi di zucchero residuo. Da provare servito freddo prima di pranzo, per avvinare la bocca a senza “andar su di giri” anche se si è a stomaco vuoto.

Che li amiate o li odiate, assaggiate anche voi il lato dolce delle Triple “A”. Ne rimarrete stupiti, a bocca aperta per berne ancora senza stancarsi mai!

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