Rosa antico, chiaretto o cerasuolo? Uvaggio, salasso o macerazione breve? Gli strumenti giusti per orientarsi nel mondo dei rosati, i vini che più di tutti stanno tornando alla ribalta negli scaffali dei winebar e sulle tavole degli italiani.
Quante volte, ordinando un calice al bancone o scegliendo una bottiglia con gli amici, vi è stato chiesto “Bianco, rosso o bolla?” I vini rosati, bistrattati un po’ da tutti e considerati legati a produzioni di bassa qualità, non rientrano neanche tra le opzioni. O meglio, non rientravano neanche tra le opzioni. Almeno fino a qualche tempo fa.
Negli ultimi anni infatti si sta assistendo alla grande ascesa dei rosati, una vera e propria pink revolution: una riscoperta del gusto mossa da consumatori e appassionati, sempre alla rincorsa delle ultime novità che ormai affollano i banconi dei winebar. Basti pensare che se una volta erano relegati a pochi territori d’elezione come Puglia, Garda e Provenza, oggi i rosati saltan fuori da ogni dove come funghi, con risultati che mettono a tacere chi ancora prova ad additarli come vini di scarsa qualità.
Il loro momento è proprio la primavera: quando i rossi invernali lasciano posti ai bianchi estivi, i rosé sono capaci di coniugare profumi e tempra dei primi alla freschezza e agilità dei secondi.
Se siete ancora tra i pochi refrattari al mondo pink, lasciate da parte i pregiudizi e seguiteci, ma attenzione! Il rosati offrono un panorama vastissimo, ricco di sfaccettature di colori, consistenze e gusti, il rischio di innamorarsene perdutamente è dietro l’angolo.
Rosati da uvaggio
Il modo più intuitivo per fare un vino rosa sarebbe quello di mischiare un vino bianco e un vino rosso. Liberissimi di farlo a casa, magari esercitandovi in più calici fino a trovare la più giusta combinazione. Vietato invece farlo in cantina se siete dei produttori di vino, a meno che facciate degli spumanti (pensate agli Champagne rosé). Ciò che però si può fare è partire da uve bianche e rosse e fare una co-fermentazione. È il caso dell’affascinante Alsace Si Rose di Christian Binner e del Corail di Château de Roquefort, dove insieme alle tipichi uve rosse provenzali convivono anche clairette e grenche blanc.
Rosati da breve macerazione
La maggior parte dei rosati viene prodotta invece da una normale vinificazione in rosso, ma con una macerazione sulle bucce (che sono le responsabili del colore nei vini) brevissima. In questo modo, si riescono ad estrarre i polifenoli responsabili del colore, gli antociani, e ad evitare completamente o quasi, i tannini, responsabili dell’astringenza tipica dei rossi e degli orange wine. Gli esempi sono innumerevoli e ce n’è per tutti i gusti: dai più scarichi e golosi Harù del Domaine Milan e Rebecca di Di Giulia, fino ai più colorati e intensi Rosé d’Amour di Possa e Musar Jeune Rosato di Chateau Musar.
Rosati da salasso
Il salasso è una tecnica che consiste nel prelievo di una parte di mosto fiore di un vino rosso. In questo modo la massa viene separata in due parti: una destinata appunto alla produzione di rosé e un’altra che diventerà vino rosso, dove si concentrano tannini e colore. Questa tecnica è spesso utilizzata per raggiungere un doppio risultato da uve di qualità non eccelsa, ottenendo un rosso un po’ più carico di quelle che le uve avrebbero permesso di produrre e un rosato di poca sostanza. Nonostante ciò, se la materia prima di partenza è perfetta e portata alla giusta maturazione, se ne possono ricavare vini di grande stoffa, come dimostra il vibrante Rosato di Pacina.
Rosati grigi
Alcune uve sono dette a bacca grigia, per il loro basso quantitativo di pigmenti contenuti nella buccia. È il caso ad esempio del pinot grigio, che se vinificato in rosso finisce per dare un vino rosato. In questo caso il contatto sulle bucce può protrarsi per più giorni rispetto ai rosati da macerazione breve. In questo modo i questi rosé acquistano spesso un lato tannico più importante e un bel grip al palato. Sono “rosati grigi” i pinot grigio di diversi produttori: da quello Frus, a quello di Radikon fino a quello oltre confine di Slavcek.
Rossi leggeri
Questa ultima categoria appartiene a tutti gli effetti ai vini rossi, ma considerata la macerazione spesso breve, risultano vini dal colore non troppo carico (dipende dal potenziale colorante della varietà) e di struttura esile. Serviti freschi, in tavola possono sostituire alla perfezione dei vini rosati. Un ottimo modo per avvicinare ai rosé, chi proprio non ne vuole sapere e li rifiuta a priori. Cominciate dai più carichi come lo Scapigliato di Calafata e il Lezèr di Foradori, scendendo di tonalità fino al Rosso Leggero di Pranzegg.
Come riconoscerli tutti? Guardando sull’etichetta se c’è scritto “vino rosato” o vino rosso”, leggendo se tra le varietà ci sono uve bianche o a bacca grigia o, semplicemente, chiedendo al vostro oste. Anche perché alla fine saperlo è importante, ma al fine di farsi una buona bevuta tra amici conta poco!