Orange is the new (old) wine

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Orange is the new (old) wine

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Gli orange wine hanno conquistato uno a uno i palati dei bevitori di tutto il mondo, infrangendo le regole di un mondo del vino rigido che non accettava eccezioni. Quella del vino arancione è stata una rivoluzione nata dal basso, che ha trovato nel movimento del vino naturale il suo più grande alleato.

Ci si abitua a tutto. Oggi anche mia madre berrebbe un “orange wine” senza farsi troppi problemi. Eppure non è passato troppo tempo da quando di fronte ai primi vini arancioni si storceva il naso. Sarà stata la novità (anche se, come vedremo, tanto novità poi non lo era), sarà che ci si era finalmente stufati dei bianchi di poca sostanza poco più che trasparenti, sarà che Netflix tappezzava le città con i manifesti della serie “Orange is the new black” che ben si prestava ai vari giochi di parole, fatto sta che l’orangemania è cominciata ed ha coinvolto tutti, perfino mia madre.

Gli orange wine nascono insieme al vino stesso, in Georgia, dove infatti ancora si conserva la tradizionale vinificazione nei kvevri, le tipiche anfore di terracotta, anche se il recente ritorno in auge dei vini arancioni si deve soprattutto alla scuola friulana-slovena e a produttori del calibro di Josko Gravner e Stanko Radikon Il colore di un vino deriva dal contatto con le bucce. Così dei grappoli a bacca bianca che non vanno incontro a pressatura diretta, ma a una pigiatura, durante la macerazione rilasciano tannini e antociani, polifenoli rispettivamente responsabili di astringenza e colorazione. Non si fatica quindi a credere che in passato, tutti i bianchi fossero macerati.

Quindi bianchi macerati e orange wine sono sinonimi? Tecnicamente sì, nella pratica meno, ancor meno nel linguaggio comune. Una prima distinzione da fare sta nella durata della macerazione. Macerazioni molto brevi prediligono l’estrazione del colore (si pensi ai vini rosati dove il colore è dato da un breve contatto con le bucce a bacca rossa e il tannino è assente), mentre lunghe macerazioni portano maggior astringenza e struttura, più materia a svantaggio del colore.

Ecco qui che in un Cinque Terre di Possa, i cinque giorni di contatto con le bucce garantiranno sì un po’ di materia, ma sopratutto un colore molto acceso grazie anche alla maturità delle uve, mentre in un De Sol a Sol Airén Natural di Esencia Rural, i diversi mesi di macerazione ci metteranno di fronte a un vero e proprio rosso travestito da bianco. Bianco macerato il primo, orange wine il secondo.

Un secondo aspetto non di poco conto è il contatto con l’ossigeno. La macerazione infatti può essere svolta in ambiente riducente o ossidativo. In caso di assenza di ossigeno, il colore prenderà una piega più dorata, come nella Verdeca Sette Lune dell’Archetipo, dove i sette mesi di macerazione incidono per lo più dal punto di vista dell’astringenza; in caso invece di presenza di ossigeno si raggiungeranno tonalità più aranciate, come nell'Oslavje di Radikon. Bianco macerato il primo, orange wine il secondo.

Terzo fattore imprescindibile è la propensione di una varietà alla macerazione, a seconda dello spessore della buccia e del potenziale tannico e colorante, cosa che vale allo stesso modo per i vini rossi.

Che siate tipi da bianchi macerati o da orange wines o che per voi siano la stessa cosa poco conta. Ciò che pensiamo sia importante è notare come il movimento degli orange wine e quello per l’ascesa dei vini naturali si sono spalleggiati a vicenda. Non è un caso.

L’ostilità del mondo convenzionale nei confronti del “nuovo” colore ha fatto sì che i produttori trovassero campo fertile nel settore naturale, la macerazione difatti offre numerosi affinità con la filosofia naturale come una maggior facilità di far partire una fermentazione spontanea e un minor impiego di solforosa per preservare il vino. Così i due mondi hanno trovato reciproca accoglienza l’uno nell’altro, finendo per ricevere le medesime accuse. “I bianchi macerati sono naturali, quindi puzzano e la macerazione serve a nascondere i difetti.” Mentre questo accadeva, le carte degli stellati, i banchi delle enoteche, gli scaffali dei winebar si riempivano di orange wines e vini naturali. A controprova che il gusto non è il frutto di una scuola, ma rimane uno spazio di negoziazione nel quale sono i consumatori a dettare le regole.

Quindi chi ancora accusa gli orange wine di essere vini difettati, chi definisce la macerazione sui bianchi omologante, forse dovrebbe fare i conti con chi il vino lo beve per davvero, senza farsi troppi problemi. A cominciare da mia madre.

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