La leggenda vuole che, a metà degli anni ’80, uno sparuto gruppo di ragazzi delle Langhe portò nelle aziende di famiglia una serie di innovazioni in netto contrasto con la tradizione: ridurre le rese delle viti e stravolgere l’affinamento del Barolo abbandonando le botti grandi in favore delle barrique. Ne scaturì un forte scontro con la precedente generazione di vignaioli, dividendo la scena langarola in due fazioni; i modernisti da un lato, i tradizionalisti dall’altro. Erano ufficialmente nati i famosi Barolo Boys che, attraverso la loro “piccola rivoluzione”, conquistarono tutti i mercati internazionali, sugellando il successo a livello mondiale del Barolo. Ma, come spesso accade anche alle rivoluzioni più accese, il conflitto col tempo si affievolìsce, la novità diventa norma, e le varie correnti si riappacificano fino a finire per contaminarsi tra loro.
A quarant’anni di distanza, c’è chi sceglie di perseguire la strada tracciata dai Barolo Boys e chi invece continua a riconoscersi in un Barolo più legato alla tradizione. E poi c’è chi di questa duplice anima del “Re dei Vini” ha saputo farne tesoro, come Nadia Curto, la prima Barolo Woman a debuttare tra le file degli Agricoltori, Artigiani, Artisti.
Nadia, nonostante nasca tra i filari sulla collina dell’Arborina, non insegue sin da piccola il sogno di diventare vignaiola, ma comincia a farlo col tempo. Forse è senso di responsabilità nei confronti dei genitori Marco e Adele, forse il forte richiamo del luogo che l’ha vista crescere. Senza dubbio è destino, visto che in frazione Annunziata di La Morra, su 250 abitanti, ci sono 25 cantine con etichetta. Così nel 1998 comincia ad aiutare il padre nella gestione dei quattro ettari di famiglia, fino a diventare vignaiola “a tempo pieno” nel 2002.
È in quel periodo che Nadia conosce da vicino le due fazioni dello scontro cominciato qualche anno prima. Da un lato c’è il Barolo di casa di papà Marco, da lunghe macerazioni e affinamento in botti grandi, dall’altro quello dello zio Elio, fratello di Adele, da macerazioni brevi e affinamento in barrique. L’Elio in questione fa “Altare” di cognome: è il capostipite dei Barolo Boys, è tra i produttori più affermati di tutta la Langa e si offre di aiutare Nadia durante le prime vendemmie. È lì che Nadia impara a fare vino in un’ottica produttiva diversa da quella che ha vissuto nell’azienda di famiglia, rimasta legata al concetto di autosufficienza delle piccole cascine: qualche mucca, un paio di pecore e un maiale che affiancavano la produzione di pesche, mele, nocciole e ovviamente uva che, dopo essere stata vinificata, era venduta perlopiù a grossisti che etichettavano a loro nome.
Forte di quest’esperienza, Nadia torna a casa e riesce nell’impresa di coniugare gli insegnamenti ricevuti dallo zio con quelli imparati crescendo al fianco dei suoi genitori.
Ne nascono due diverse versioni di Barolo, il La Foia, d’ispirazione tradizionale e l’Arborina, filo modernista. Ma soprattutto Nadia trova la sua identità di vignaiola della nuova generazione. La rivoluzione dei Barolo Boys è passata, oggi se ne gioca un’altra, prima in vigna e poi in cantina, ed è quella che più ci sta a cuore, quella su cui abbiamo scommesso più di venti anni fa.
Nadia sin dal principio rifiuta di usare fitofarmaci, pesticidi, concimi e fertilizzanti chimici, tenendo a bada oidio e peronospora col solo uso di rame e zolfo, usando trappole a ferormoni per limitare gli effetti di insetti dannosi e impiegando il letame per mantenere suoli fertili e vitali. Nei quattro ettari coltivati, oltre al nebbiolo, di cui alcune piante superano agevolmente gli ottant’anni, convivono dolcetto, barbera e alcuni rari filari di freisa, posizionati proprio nel punto con l’esposizione migliore di tutta la collina dell’Arborina.
In cantina, il rispetto della materia prima è sempre al primo posto, le fermentazioni sono innescate da un pied de cuve che nasce dalle migliori uve di tutta l’azienda, e il frutto viene accompagnato nel suo naturale processo di evoluzione. A chiarifiche e filtrazioni sono preferite le decantazioni statiche, sfruttando il freddo invernale, e l’anidride solforosa è aggiunta in dosi limitatissime per assicurare la stabilità del vino, specie durante i lunghi trasporti.
Nel bicchiere il risultato è sorprendente. Sia per quanto riguarda Dolcetto e Barbera d’Alba, freschi e fruttati vini quotidiani di Langa, sia per i più nervosi e scalpitanti Langhe Nebbiolo e Freisa, sia per la doppia espressione di Barolo, che nelle annate migliori danno vita anche alle versioni Riserva. Chiudono la gamma un Barolo Chinato e l’Informale, l’ultimo arrivato di casa Curto, un rosso glou-glou ottenuto dall’assemblaggio di dolcetto e nebbiolo delle piante più giovani.
Benvenuta in famiglia, Nadia!