Era dal primo sorso di quel nebbiolo senza solfiti aggiunti che ha fatto scattare la scintilla tra Cascina Fontana e le Triple “A”, che chiedevamo a Mario di fare il bis. Allora era il 2016 e di tempo ne è passato un po’, ma alla fine ci ha dato ascolto. Questa volta però a far da protagonista non è il nebbiolo, ma un’altra uva iconica di Langa, quella che non manca mai sulla tavola di tutti i giorni di un vero piemontese: il dolcetto.
“Sai da quando è cominciata la nostra collaborazione” mi racconta Mario “ho cambiato indirizzo di produzione anche sugli altri vini. Ho sempre lavorato con fermentazioni spontanee ed evitando chiarifiche e filtrazioni, ma lavorare in completa assenza di solforosa mi ha dato ancora più fiducia e mi ha permesso di abbassare le dosi anche sugli altri vini. Io un dolcetto per le Triple “A” lo volevo fare già da tempo, ma mi mancavano le uve, il mio lo vendevo già tutto”.
In testa mi si accende la lampadina e mi torna in mente la nostra ultima visita a Cascina Fontana, quando Mario e il figlio Vasco ci avevano portato a conoscere Ugo, un ex muratore ritiratosi a Montelupo Albese, dove coltiva due ettari a dolcetto, barbera e nebbiolo. “Ma è l’uva di Ugo?” gli chiedo. “Esatto! Lui in vigna è attento e bravo e gli diamo una mano a fare i trattamenti. Lo fa per passione e, fatta eccezione per una piccola parte di uve per l’autoconsumo, a lui non interessa vinificare, ma solo fare agricoltura”.
“Sai, da noi” continua Mario “il dolcetto è il vino quotidiano, quello che si beve in famiglia tutti i giorni durante i pasti. È beverino, ha meno alcol degli altri rossi locali, ha una bella acidità che gli dà freschezza e anche un tannino che aiuta a pulir la bocca. Insomma è versatile, sta bene con tutto e si beve anche d’estate. Io per esempio lo tengo in frigo e lo tiro fuori una mezz’ora prima di mangiare”.
Però, come ci rivela Mario, alla semplicità di beva non corrisponde affatto una facilità di lavorazione. “Il dolcetto fa sempre di testa sua. In vigna non è mai costante, continua a rigettare germogli durante tutto l’anno, quindi bisogna corrergli dietro per tenerlo pulito. Anche se con gli anni ho imparato che restare un po’ sporco gli piace. Diciamo che non c’è mica da starlo a pettinare. E poi è tremendo anche in cantina, dove va travasato spesso e subito separato dalla feccia grossa, altrimenti ha tendenza a ridurre. Anche per questo motivo un pizzico di solforosa sul dolcetto io ce lo metto comunque”.
Così le uve appena arrivate in cantina, dopo essere state diraspate e pigiate, finiscono dritte in vasca. “Quando non inoculi” ci spiega Mario “la massa almeno due o tre giorni ce li mette a cominciare la fermentazione. Tradizionalmente in questa fase non si fa più di un rimontaggio “a freddo” al giorno, mentre col tempo noi abbiamo imparato che facendone tre o quattro, oltre a far moltiplicare i lieviti assicurandosi una fermentazione stabile, si riesce a estrarre più frutto e più croccantezza. La macerazione post fermentativa invece, che dura dai 4 ai 6 giorni dopo che il vino è andato a secco, estrae grazie all’alcol la parte tannica. Magari non avrà la nobiltà e la seta del tannino del nebbiolo, ma di certo non è ruvido e conserva un suo lato più vellutato”.
Così oggi a far da spalla al nebbiolo sbarazzino senza solfiti aggiunti che esce sotto il nome di Vino Rosso, si aggiunge il nuovissimo Dolcetto d’Alba di Cascina Fontana. In tre parole: succoso, gastronomico e versatile! E chissà che un giorno Mario, a furia di farsi prendere la mano, non tiri fuori dalla botte anche una barbera!