Privacy Policy Cookies Policy
La Langa non è solo Barolo!

Appunti dal catalogo //

La Langa non è solo Barolo!

Scritto da

Nadia Curto e le nuove vesti della Langa del passato. Un sorso della tradizione langarola che non ha mai smesso di essere attuale anche a tavola.

Quando si parla di Langa la testa spesso corre a un vino in particolare: il Barolo. Ma nella storia vitivinicola di questa terra di vino e tradizione c’è di più. Sulle colline vitate che abbracciano la visuale da La Morra infatti si può vedere come i Sorì, le migliori esposizioni in cima alle colline, siano solitamente dedicati agli aristocratici nebbioli da Barolo. Intorno ad essi resistono ed esistono gli altri vitigni langhetti: freisa, dolcetto e barbera. Perché in Langa non si è sempre bevuto Barolo e Barbaresco, come dimostra il vecchio detto: “Il Barolo non lo conoscono neanche a Cherasco”. Il motivo? Per bere il vino dei re serviva il lignaggio, e visto che di re tra i contadini non c’era neanche l’ombra, il Barolo non solo non si beveva ma non si conosceva a dieci chilometri di distanza.

Così all’interno della quotidianità a tavola e nel calice regnavano l’amato dolcetto, la freisa, il nebbiolo che non risultava adatto alla produzione del Barolo e infine la barbera che veniva coltivata sui crinali delle colline dove il vento infastidiva le piante del nebbiolo e le lasciava esposte all’oidio. Questi quattro vitigni non solo si dividevano i vigneti ma si contendevano anche la tradizione gastronomica, grazie al loro consumo più semplice e spontaneo a tavola e non solo.

Così il dolcetto il primo vino di annata, era un vino fresco che accompagnava a tutto pasto, ma che trovava un suo ruolo anche nelle celebrazioni più importanti come i matrimoni dove era solito accompagnare la lunga sfilza degli antipasti piemontesi. Era il vino della comunità piemontese, annacquato nella borraccia accompagnava i lavori nei campi, il “vino del pintone” nella caratteristica bottiglia da due litri e dei pranzi in osteria. Il dolcetto prima degli anni novanta era la vera stella delle Langhe, tanto che prima degli anni novanta e del successo internazionale dovuta alla rivoluzione dei Barolo Boys, all’acquisto di un cartone di Dolcetto spesso i venditori regalavano un paio di bottiglie di Barolo, che “tanto nessuno le voleva e stavano solo a prendere polvere in cantina”.

Anche la freisa, rustica e scattante, abbondava tra i vigneti e solo in seguito è stata ridimensionata per la difficoltà di gestione e sovrainnestata in larga parte dal nebbiolo. Veniva vinificata tradizionalmente frizzante, tra i pochissimi che si avventuravano sulla versione ferma spiccava Conterno. Era un vino da pasto che strizzava l’occhio ai salumi e ai piatti di carne grazie alla freschezza, il tannino e la leggera aromaticità.

La barbera, non è sempre stata così presente in zona, ma grazie alla alta produttività combinata a tannini ed acidità e alla facilità di gestione divenne largamente apprezzata dai contadini, anche se è solo a partire dagli anni ‘80 che la quantità delle uve cedette il passo ad una maggiore qualità, diventando a tavola il perfetto binomio con il bollito alla piemontese.

I nuovi vini di Nadia Curto portano nel calice il ricordo di una tradizione contadina che non esiste più: come il Langhe Freisa che viene da una vecchia vigna di famiglia posizionata nella migliore esposizione della menzione geografica aggiuntiva Arborina, un rosso selvatico e scontroso a tratti ma caratterizzato da eleganza e finezza. La Barbera d’Alba avvolgente e voluttuosa parla di frutta pur mantenendo dinamismo e freschezza. Il Langhe Nebbiolo è capace di mettere in connessione all’interno del calice il tannino e l’intensità del vitigno con la leggerezza e il frutto delle uve di La Morra. Chiude le fila il vecchio re della zona, il Dolcetto d’Alba: franco, fruttato e versatile, capace di strappare un sorriso a chiunque abbinato con un tradizionalissimo vitello tonnato!

Scopri i produttori Triple “A”

Scopri i Vini Triple “A”

Spedizione gratuita a partire da 39€