I vigneti eroici delle Triple "A"

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I vigneti eroici delle Triple "A"

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Dalle Cinqueterre, alla Mosella, passando per la Svizzera francese: quando fare viticoltura diventa un gesto eroico.

A Natale, ormai i parenti si sono arresi, il vino lo porto solo io. Fossi in loro ne sarei ben contento, ma lo faccio comunque sempre volentieri per due motivi: il primo è che così posso bere anche io, il secondo invece è perché mi piace poter, attraverso il vino, raccontare storie e dar loro uno spaccato di quello che il mio mondo e la mia passione. Conquistarsi il pubblico dei grandi col vino è un gioco da ragazzi, ma per la prima volta lo scorso Natale ho catturato l’attenzione anche dei più piccoli.

“Cos’è la viticoltura eroica?” mi chiede mio cuginetto di 7 anni spuntando da sotto il tavolo, mentre già vedo nella sua testa prender forma immagini di vignaioli mascherati, superpoteri antiparassitari e Spiderman che vendemmia a colpi di ragnatele.

Avrei potuto dirgli che secondo il CERVIM, il Centro di Ricerca per la Viticoltura Montana, per definire eroica una viticoltura si deve verificare almeno una condizione tra: pendenze dei terreni superiori al 30%, altitudine superiore ai 500 metri, vigneti disposti su gradoni e terrazzamenti o trovarsi su un’isola piccolissima. Ma l’avrei sicuramente annoiato.

Possa_vigneto
Beudon_Vista_Aerea

Forse sarebbe stato meglio raccontargli di Heydi Bonanini di Possa, che a Riomaggiore, ogni giorno lavora su un pendio vertiginoso, tra terrazze su muretti a secco costruiti a mano da lui, pietra dopo pietra, in un luogo sì magico, ma dove ogni singolo centimetro di terra bisogna guadagnarselo col sudore e col sacrificio.

Oppure di Marion Granges-Faiss di Domaine de Beudon, che a Fully ha 6 ettari di vigna raggiungibili solo attraverso una funivia in legno costruita dal marito Jacques, con la quale si sale sopra a una parete rocciosa verticale di trecento metri che separa il vigneto follemente inclinato da terra.

O ancora di Gernot Kollmann di Weingut Immich-Batterieberg che per effettuare qualsiasi lavorazione nel cru Batterieberg deve calarsi tra i filari appeso a una fune a mo’ di alpinista, tanto è pendente il terreno.

Ma alla fine non l’ho fatto. E quando ha esplicitato le sue fantasie, gli ho detto che sì, che più o meno era così. Poi la sera ho riguardato le foto delle vigne di Heydi, Marion e Gernot e mi sono convinto di non avergli mentito affatto. Alla fine per lavorare in quelle condizioni, oltre ad avere passione e forza di volontà che noi non possiamo forse neanche immaginare, un po’ supereroi bisogna esserlo.