Abituato ai nomi ispirati al dialetto del Golfo del Tigullio dei vini de La Ricolla, quando ho saputo che nel 2020 Daniele Parma avrebbe lanciato una nuova linea chiamata Fu**ing wines, la cosa mi ha lasciato tanto perplesso quanto curioso. Dopo aver assaggiato i campioni che Daniele ha lasciato in sede, prendo il telefono e lo chiamo per sapere qual è l’origine di questi vini e soprattutto dei loro nomi. “La linea Fu**ing nasce da un desiderio che coltivavo da tempo e che, dopo un anno in Triple “A", sono riuscito finalmente a mettere in atto. Fino all’anno scorso, dalle uve meno performanti della vendemmia producevo due vini: il Fliscano e i Due Vigneti, rispettivamente vermentino e bianchetta in purezza. Erano i vini più perfettini, i meno liberi ed espressivi che, nonostante partissero da fermentazioni spontanee, erano più affini a un palato convenzionale… insomma questi due vini non mi rappresentavano più e avevano poco a che fare con il mio pensiero attuale”.
Così nel 2020, complici le bassissime rese dovute alle grandinate, Daniele decide di vinificare insieme vermentino e bianchetta con una breve macerazione da cui nascono una bolla, il Per Daniel Fu**ing Bubbles e il Kin(g)tanino Fu**ing White Wine. Il maltempo però non risparmia neanche le uve rosse e così, seguendo lo stesso principio, Daniele conclude la linea con il Kin(g)tanino Fu**ing Red Wine.
“La bolla” continua Daniele “prende spunto da un vino che facevo negli anni ’90, un rifermentato in autoclave. Ricordo ancora che quando l’ho fatto la prima volta mentre lo imbottigliavo ancora non sapevo come chiamarlo. Un mio caro amico di lunga data aveva chiamato il figlio Daniel, quasi come me, e quel giorno era il compleanno del piccoletto. Così ho deciso di dedicargli il vino. Col tempo però mi sono convinto che la Liguria non è terra da bolle così ho interrotto la produzione, ma quest’anno ho voluto riprovare”. Questa volta però niente autoclave: rifermentazione in bottiglia con mosto congelato per una bollicina semplice, dissetante ed estiva, ma con carattere e personalità che, con i suoi dodici gradi e mezzo, non si limita a quei rifermentati tutti bolla e acidità. Un vino in perfetta linea con gli altri della linea Fu**ing, ma ancora una volta dedicato all’ormai non più piccolo Daniel.
Il rosso segue invece un discorso diverso. “Il mio rosso, il Toseo” racconta Daniele “nasce da una vigna nervosa che ha continuamente sbalzi d’umore. Col tempo ho capito che riesce a darmi un’annata buona ogni cinque anni. Così dopo il bianco e la bolla, ho fatto anche un Fu**ing Red Wine”. Anche in questo caso un vino leggero, schietto e dalla beva pericolosa.
Solo una cosa non mi torna, il nome Kin(g)tanino. Quando glielo chiedo Daniele si fa una risata “Con i Fu**ing Wines ti ho detto che volevo anche uscire dalla logica del dialetto, ma poi ci sono ricascato”. Daniele mi racconta che nel dialetto dell’entroterra ligure la kintana era il pozzo situato fuori casa che veniva usato come bagno tanti anni fa. Il kintanino invece, seguendo la stessa logica, era destinato al vino: un pozzo in cantina dove i produttori mischiavano tutti gli “scarti” di produzione, come le fecce e i fondi torbidi delle botti, finché non si illimpidivano naturalmente”. Finalmente riesco a unire i puntini e capisco anche la “g” tra parentesi: i nuovi vini di Daniele sono vini di recupero, nati dalle uve meno performanti, ma comunque buoni: i Re (King) degli antichi kintanini!
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