La prima non corrispondenza naso-bocca non si dimentica facilmente. Tra i momenti che rimangono più impressi nella mente di chi beve per passione infatti non può mancare il primo incontro con un vino secco ottenuto da uve aromatiche.
Solitamente il primo naso rimanda fin da subito alla mente ricordi e profumi legati a vini dolci, passiti e mosti parzialmente fermentati, salvo poi restare spiazzati dopo l’assaggio che rivela un vino completamente secco che lascia una bocca pulita e asciutta. Lo stupore poi è tanto più elevato quanto più siamo abituati ad associare automaticamente l’idea di vino dolce alla varietà in questione. Può sorprendere una malvasia, impressionare uno zibibbo, lasciare senza parole un moscato bianco.
Proprio questo ci è successo quando abbiamo assaggiato per la prima volta il Baravantan, il nuovo moscato di Bera a soli 3 grammi di zucchero residuo (contro gli oltre 100 del classico Moscato d’Asti). “Il Baravantan” raccontano Alessandra e Gianluigi “è la nuova declinazione del moscato di casa Bera che esprime tutta la potenzialità del vitigno e del nostro terroir”.
In realtà già Vittorio a partire dal 1967 aveva sperimentato questo processo di vinificazione su piccoli quantitativi di uva. “Quello che abbiamo fatto è stato semplicemente di riprendere in mano quello che aveva fatto nostro padre. Le uve vengono pressate intere e il mosto, dopo essere stato decantato per sedimentazione statica, viene conservato a bassa temperatura per alcuni mesi. In questo modo la primavera successiva comincia una lenta e inesorabile fermentazione che impiega più di un anno a trasformare completamente tutti gli zuccheri”.
Non è un caso che proprio il Baravantan sia figlio proprio della vendemmia 2019 “Era da tempo” continuano Alessandra e Gianluigi “che avevamo in testa di intraprendere questo nuovo cammino. La 2019 è stato un anno infausto a causa di tre grandinate nel periodo primaverile-estivo che hanno notevolmente ridotto il quantitativo di uve pur mantenendo grappoli sani e di buona qualità. La maturazione ottimale con un potenziale alcolico di 13 gradi e una spiccata acidità ci hanno convinto che fosse momento proprio giusto per affrontare questa nuova sfida”.
Il risultato è sorprendente. Il Baravantan racchiude nel bicchiere un’estensione e un’intensità aromatica paragonabile al profumatissimo Moscato d’Asti ma con un finale secco e vibrante capace di conferire al vino ancora più beva e agilità. Un moscato bianco di Canelli che cambia vesti dimostrandosi un campione di versatilità e mettendo d’accordo palati più o meno affini ai vitigni aromatici.
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