Settimana scorsa, dopo avervi presentato il Domaine Augustin, vi avevamo lasciato con un indizio sul secondo produttore di Champagne ad essere entrato nelle Triple “A”: dai vigneti di Marc ed Emmanuelle, di pinot noir sulla Montagne de Reims e di chardonnay nella Cote des Blancs, saremmo andati in esplorazione del terzo vitigno dell’AOC, il pinot meunier, e di un’altra celebre regione della Champagne, la Vallée de la Marne.
Qui, a Chantillon sur Marne, nasce una piccola azienda gestita da diverse generazioni da una famiglia di récoltant-manipulant, la Maison Charlot Père et Fils. Solo poco più di quattro ettari vitati tutti esposti a sud, dove il pinot meunier regna incontrastato con l’85% delle piante, seguito da chardonnay e pinot noir. Il pinot meunier, che deve il nome alla abbondante strato di pruina che ricopre la buccia degli acini da sembrare infarinati (meunier, dal francese “mugnaio”) è spesso considerato vitigno minore, rispetto alla nobiltà di pinot noir e chardonnay, anche se in realtà ha dimostrato negli anni di saper dare grandi risultati, sia negli assemblaggi, che in purezza restituendo molto frutto ai vini.
Oggi l’azienda è condotta da Pierre Charlot, un vignaiolo visionario che ha preso in mano le redini dei vigneti e della cantina nel 2009 dalla nonna Solange, che a 88 anni ancora portava avanti in autonomia la produzione di Champagne. Grazie al cugino, Pierre sarà presto messo in contatto Pierre Masson, uno dei guru della biodinamica francese, che dopo 22 anni di sperimentazione sul campo in Borgogna, oggi si dedica alla trasmissione del suo savoir-faire. Masson accompagnerà Pierre nel suo cammino di conversione agricola e oggi tutti i vigneti di Charlot sono condotti secondo i principi della biodinamica.
Pierre è un uomo pragmatico in continuo movimento con una grande attitudine per la sperimentazione, questo ha portato i suoi vini all’attenzione di operatori e consumatori che presto hanno riconosciuto negli Champagne Charlot, oltre al rispetto dei protocolli e dello stile della denominazione, la ricerca della più pura espressione della materia prima e del territorio.
In cantina infatti il lavoro è svolto nel massimo rispetto del frutto, in un’ottica di accompagnamento nel processo di vinificazione. Le fermentazioni spontanee sono svolte in un primo momento in vasche d’acciaio inox e portata a termine in barrique usate da 228 litri, anche se Pierre sta pian piano integrando tonneau da 500 litri. Per i Sans Année l’affinamento sulle fecce fini dei vins clairs dura almeno fino all’estate successiva, prima dell’assemblaggio con i vins de reserve, dell’aggiunta di lieviti neutri biologici e zucchero bio e quindi della presa di spuma. I vini maturano sur lies nella cantina di Chantillon sur Marne per un minimo di 4 anni, che si prolunga fino a un massimo di 8 nel caso dei millesimati.
Tra gli Champagne di Charlot spiccano tre 100% pinot meunier, la Cuvée Speciale, che insieme alla Cuvée Reserve (85% pinot meunier) fa da ingresso alla gamma, la Cuvée Rosé, per cui il 10% delle uve è vinificato in rosso, e il Pinot Meunier Brut Nature millesimato, punta di diamante dell’azienda. Completano la selezione due monocépage millesimati, un Blanc de Blancs e un Blanc de Noirs da pinot nero. Oltre all’espressione del frutto, del territorio (e dell’annata nel caso dei millesimati), negli Champagne Charlot è sempre riconoscibile la mano e lo stile di Pierre che restituiscono vini ricchi, di buona grassezza e densità e straordinariamente cremosi, senza mai tralasciare una beva fresca, sapida e completamente secca.
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