Vini da zuppa

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Vini da zuppa

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Mentre la nuova stagione bussa alla porta e il caldo estivo diventa solo un lontano ricordo, i banchi dei mercati si tingono di nuovi colori. Per affrontare i primi freddi non c’è niente di meglio di un piatto fumante e un bicchiere di vino in grado di scaldare anima e corpo.

C’è chi il cambio di stagione lo avverte dall’irrigidirsi delle temperature, chi lo fa coincidere con la data dell’equinozio e chi lo capisce dai banchi dei mercati che si tingono dei colori dell’autunno. Zucche, cavoli di ogni genere e grado, castagne, patate e cipolle e tanti altri ortaggi si fanno largo nelle cassette per la gioia di chi la sera a tavola ama impugnare il cucchiaio.

I grandi manuali di cucina e ricettari operano una suddivisione in zuppe, minestre, vellutate, creme e passate. E noi, che più del cucchiaio siamo impegnati a impugnare il calice, confessiamo di aver sempre fatto una gran confusione.

La cosa si rivela più complessa del previsto: le zuppe hanno come elemento principale oltre alle verdure il pane, che può essere servito in accompagnamento o all’interno, ma non riso e pasta. Quella è una prerogativa della minestra, solo alle minestre è concesso questo lusso. Nelle passate e nelle vellutate invece, facendo a meno di cereali e legumi, le verdure hanno l’esclusiva. La differenza sta tutta nella consistenza, infatti le vellutate prevedono l’impiego di un roux iniziale o l’emulsione con un grasso a fine cottura, come panna o tuorli d’uovo.

L’avrete capito ancora una volta, siam più bravi a tavola che davanti ai fornelli. E come al solito, affianco a una serie di idee per zuppe, minestre, vellutate, passate o comunque vogliate chiamarle, ci permettiamo di darvi qualche consiglio su cosa versare nel calice. Con le temperature in discesa riguadagnano spazio i bianchi macerati e i rossi di struttura, ma come sempre non mancano le eccezioni.

Le minestre

La letteratura culinaria, identificando le minestre dalla presenza dei cereali, fa rientrare in questa categoria alcune delle più famose paste in brodo.

Si comincia dal grande classico della domenica piovosa: la pasta e fagioli, densa e gustosa, da provare assolutamente nella versione con la ruvidezza dei maltagliati fatti in casa e la carnosità dei fagioli di Badalucco. A lato ci vuole un rosso di carattere, asciutto e caldo come il Regina di Cuori, una croatina che si muoverà con eleganza tra frutto maturo e tannino.

Se invece non volete ancora rassegnarvi all’arrivo della brutta stagione e la vostra mente e rimasta al mare, ci si può sempre illuderlo di non aver mai lasciato la spiaggia con una minestra ai frutti di mare. Di versioni diverse se ne contano a decine. Le nostre preferite sono la minestra di pasta, ceci e vongole e quella di pasta, patate e cozze. A parte un filo d’olio a crudo e una spolverata di pepe bianco non ci sono grandi trucchi, se non quello fondamentale di tutti i piatti: la qualità e la freschezza della materia prima! Entrambi i piatti chiamano orange: la prima minestra, più delicata, troverà buon gioco integrandosi tra la freschezza e la materia della Verdeca Sette Lune, il bianco macerato de l’Archetipo; la seconda, più di sostanza, troverà un compagno di tavola per corrispondenza di carattere e personalità con Zagreo de i Cacciagalli, un fiano in anfora di disarmante bellezza.

Non può che chiudere l’intramontabile minestrone. Qui non c’è ricetta e vale quasi tutto. Per noi genovesi per esempio vale chiamarlo minestra nonostante la pasta sia assolutamente bandita, così come non si transige sull’aggiunta del pesto: il trucco per far piacere il minestrone ai bambini che ha contagiato il mondo degli adulti. Per un piatto passepartout come questo ci vuole un vino semplice e ugualmente versatile come il Paspartù di Musella, un abbinamento di nome e di fatto.

Le zuppe

Le zuppe possono essere considerate la versione un po’ più rustica delle minestre e a dare struttura al piatto al fianco delle verdure ci sta il pane. Le ricette ovviamente sono tantissime, ma tutte spesso collegate tra loro per un background contadino e l’impiego di elementi tanto umili quanto gustosi di cui le campagne erano più ricche. A maggior ragione per questa tradizione popolare, con la regola aurea dell’abbinamento per territorialità si sbaglia raramente.

L’esempio di zuppa popolare per eccellenza ce lo regala la cucina toscana con la ribollita. Cavolo nero, fagioli cannellini e pane raffermo ne costituiscono le fondamenta universali a cui si aggiungono altri ortaggi di stagione come verze e bietole. Da cucinare rigorosamente in una casseruola di terracotta, la ribollita non può che trovare il suo alleato a tavola tra i conterranei. Provatelo con il Donesco di Pacina che mette in mostra tutta la verve e il nervo del sangiovese in gioventù.

Ormai entrata di diritto tra le nostre zuppe del cuore, non possiamo non citare la supa d’ sucot che ci ha fatto perdere la testa l’ultima volta che siamo andati a trovare Alessandra Bera. In questo caso, a una base di zucchine e basilico si aggiunge il pane fritto nel burro e quindi la parola d’ordine è sgrassare. Niente assolve il compito meglio del Bianchdusét di Alessandra e Gianluigi, un moscato secco in stile jurassien dove la potenza alcolica ripulisce il palato e i tratti ossidativi donano freschezza.

Facendo tappa Oltralpe, si incontra la regina delle zuppe, la soupe à l’oignon, in cui le cipolle dorate vengono cotte nel brodo di carne fino quasi a squagliarsi. A questo giro il pane va sul fondo del piatto, possibilmente ricoperto da scagli di gruyère che si scioglierà non appena sarà a contatto con la zuppa. La cucina francese prevede quasi sempre una buona dose di burro e a bilanciare il tutto ci pensa in maniera esemplare l' Aligotè Le Hardi di Gilles Ballorin, dove sapidità, acidità agrumata e sfumature minerali invogliano alla cucchiaiata successiva.

Vellutate e passate di verdure

Sì, alla fine non abbiamo resistito e le abbiamo messe insieme. La differenza ormai la conoscete, quindi che siate dal versante vellutate o che preferiate una semplice patata bollita per ammorbidire la vostra passata, le ricette sono pressoché intercambiabili tra loro. Allo stesso modo utilizzeremo i nomi, sempre sperando di non offendere nessuno.

Niente fa autunno come le vellutate di zucca. Da provare con l’hokkaido, una piccola zucca di origine giapponese dalla buccia commestibile, e una spolverata di paprika e cannella per contrastare la naturale dolcezza della zucca. Qui si vince facile col Trebbiolo di La Stoppa che con il calore e la classica rusticità dei blend rossi piacentini tiene testa sia alla tendenza dolce che alla speziatura del piatto.

Altro ortaggio che si riaffaccia sui nostri taglieri è il cavolfiore, imbattibile in compagnia della patata, soprattutto se esaltati dall’aggiunta di qualche ingrediente segreto, come un paio di acciughe salata da aggiungere a cottura quasi ultimata. Ancora una volta nel bicchiere si ricerca alcol e acidità e allora il pensiero va dritto alla Barbera del Monferrato di Migliavacca.

Se il tempo da dedicare in cucina non scarseggia ci si può cimentare in una vellutata di castagne, da cuocere nel latte (di capra per i più audaci), da ultimare con una buona dose di noce moscata e un pizzico di cumino. Il palato chiama sale e il calice risponde con la sapidità, l’agilità e le sfumature terrose del Ninte de Ninte, la bianchetta in anfora di Daniele Parma, che saprà ripagarvi di tutte quelle ore passate in cucina a sbucciare le castagne.

Sia che le verdure le passiate o le frullate, sia che usiate o non usiate il roux, sia che le chiamiate zuppe, minestre, vellutate, passate o che come noi confondiate i nomi di tutte queste varianti, l’autunno ormai è entrato nel vivo. Se siete tra i fortunati che possiedono un camino, è il momento di accenderlo e invitare un amico gastronomo, ma solo per mangiare e bere, che la vita è troppo breve per discutere sulla terminologia corretta di tutto ciò che è si può chiamare semplicemente zuppa.

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