Camminando tra campi e sentieri con occhio attento potrebbe stupirvi la quantità di erbe spontanee commestibili che affollano la campagna dal sud al nord Italia. Preziose alleate di un passato non troppo lontano in cui ci si arrangiava come si poteva, nonché paladine del motto che di necessità si fa virtù. Perciò non occorre stupirsi nel vederle comparire all’interno di gustose ricette tradizionali assumendo nomi diversi in base alla regione e al dialetto.
Se per qualche tempo abbiamo dimenticato gli usi delle piante spontanee in cucina, da ormai qualche anno a cominciare dell’alta ristorazione sta diventando sempre più comune e semplice ritrovarle all’interno di piatti ricercati, dove semplicità e gusto vanno di pari passo, abbinati a vini genuini che all’interno del calice raccontano il loro territorio.
Il foraging, pratica che consiste nella raccolta e uso in cucina di piante e funghi che crescono spontaneamente, prevede le piante più disparate e sconosciute e tutte a portata di mano, ma come per la raccolta dei funghi bisogna prestare attenzione alla effettiva commestibilità della pianta. Ulteriore pericolo invisibile è la salubrità della terra da cui stiamo raccogliendo, accertatevi che non vengono usati pesticidi e fitofarmaci.
Tenendo a mente questi due fattori, allacciate le scarpe da ginnastica e preparate un cestino, si va a caccia!
Il Tarassaco
Tarassaco, Dente di Leone, Cicoria selvatica, Radicchio Selvatico o Pianta del Soffione, comunque la chiamate impossibile non riconoscerla: foglie verdi semplici con il margine dentato e fiori vaporosi e gialli. Gli usi in cucina sono tantissimi per questa insalatina selvatica: le foglie più grandi dal sapore più speziato e deciso possono essere utilizzate nelle minestre, con ceci, orzo, taccole in abbinamento ad un vino come Belo di Slavcek, un bianco gastronomico sincero e diretto. Utilizzate le foglie più tenere, dal sapore simile al radicchio, per fare una frittata: abbinatela al Soave Monteseroni di Cantina Filippi, una garganega sottile e sapida, nella sua espressione più vulcanica. Infine anche all’interno di torte di verdura con qualche pezzetto di toma di capra ad amalgamare il tutto.
Qui il vino giusto è il Sancerre Blanc Auksinis Maceration di Riffault, polpa, tannino definito e persistenza in bocca grazie alla macerazione, capace di tenere testa al gusto del formaggio.
La Borragine
La Borragine è una pianta annuale caratterizzata da foglie ovali, rugose e rivestite da peluria con fiori piccoli e violacei. In cucina gli usi sono vari, l’importante è bollire leggermente le foglie per una decina di minuti prima di utilizzarle per la preparazione, per ammorbidirle ed eliminare la peluria. Provate a friggere le foglie in pastella per un aperitivo diverso dal solito abbinandolo ad un calice di Ronco Rosa Metodo Ancestrale di Bera,un rosato di barbera in bilico tra la sapidità e la morbidezza della bolla . Altrimenti dedicatevi a due ricette della Liguria e preparate un minestrun a zeineize con le foglie, o se avete preso completamente a cuore il foraging cercate le altre piante che compongono il prebuggion, che cambiano da zona a zona, e preparate i tradizionali pansoti da condire rigorosamente con sugo di noci.
Con il minestrone aprite una bottiglia di un rosso leggero, a noi piace con la Cuvee du Chat di Chateau Cambon un gamey fruttato e schietto dalla chiusura balsamica. Se avete optato per i pansotti al sugo di noci optate per un bianco macerato con un finale sapido, come OUA di La Ricolla, in grado di sgrassare la bocca dalla salsa.
L’Ortica
L’ortica a causa del potere urticante fa parte di quelle piante che si imparano, volenti o nolenti, a riconoscere abbastanza velocemente. Tra le piante spontanee commestibili sono le più comuni e usate in cucina: con la precauzione di utilizzare guanti da giardinaggio raccogliete i germogli più teneri e le foglie più piccole per utilizzarle in diverse preparazioni. Il risotto con le ortiche è un primo piatto vegetariano che con un calice di Fibio Pinot Bianco di La Musella, un veneto teso aromatico e raffinato, non potrebbe deludere neanche i palati più esigenti. Tra i vari usi che si possono fare delle ortiche c’è anche quello di colorare la pasta fresca, come si farebbe con gli spinaci. Quindi via libera a tagliatelle e gnocchetti in abbinamento ad un ragù. Sugo e carne chiamano a gran voce un rosso, e il Lambrusco Maestri di Podere Magia, un rifermentato agile e di frutto, non può mancare in tavola.
Se siete alla ricerca di una opzione che non sia un primo cimentatevi in uno sformatino in abbinamento ad una buona ricotta di malga, dal sapore delicatissimo, questa nuvola verde pallido vi stupirà positivamente. Se quindi avete scelto leggerezza per quest’ultimo piatto, concludete abbinando un calice di Graspia di Costadilà, la loro nuova piquette di uve di moscato, dal grado alcolico di una birra.
La Nepitella
La nepitella, o mentuccia, è una pianta il cui gusto e odore ricordano quello della menta ma più delicato. È una pianta spontanea che cresce in tutta Italia e viene utilizzata per aromatizzare carne, pesce, funghi e soprattutto carciofi. All’interno dell’arcipelago eoliano la troviamo in diversi piatti primo fra tutti il pane cunzatu, una sorta di panzanella, dove la troviamo ad insaporire pane, pomodori, cetrioli, patate lesse, aglio, cipolla e capperi. Abbinateci un calice di Anarchia di Valdisole, un arneis macerato di corpo e materia. Sempre su un’isola, questa volta la Sardegna, la mentuccia trova spazio in un piatto tradizionale come i culurgiones: dove la chiusura dell’impasto è sigillata con maestria a “sa spighitta”, a forma di spiga. Una pasta speciale che veniva preparata come buon auspicio quando le fondamenta del tetto di una nuova casa venivano posate, quando i pastori tornavano dalla transumanza o durante le feste di fidanzamento. Per ridare importanza a questo grande piatto abbinategli un calice di Filet di Piero Carta. Una malvasia ossidativa della tradizione sarda, che ricorda la frutta secca e dal finale salato, che ben si abbina alla dolcezza del ripieno.
La Portulaca
La portulaca è una pianta infestante che spesso si trova negli orti, si può consumare cruda o cotta, e ha un sapore aspro e fresco motivo per cui viene spessa inserita all’interno di insalate. Come per diverse piante si consiglia sempre l’uso dei germogli più giovani, in questo caso i germogli più vecchi avranno un leggero retrogusto amarognolo. Tra i possibili usi in cucina troviamo l’insalata cipriota, dove viene abbinata a cetrioli, pomodori e menta. Date corpo al morso con un vino di struttura come il Mtsavinini di Georgian Vine Foundation, un macerato disteso e luminoso, che chiude sapido.
La portulaca si presta bene anche ad essere spadellata con aglio e limone, in questo caso cercate un vino che non accentui questa asprezza ma la temperi con dell’aromaticità, come il FelceBianco di La Felce. Infine potete utilizzarla anche per la preparazione di un pesto per condire la pasta insieme a capperi, limone e olive. Qui il calice chiede lo Spumante Brut Nature Marasco, una bollicina briosa, dal sorso polposo e sapido.
Non solo erbe ma sono molti anche i fiori all’interno delle erbe spontanee commestibili: come il nasturzio, dal gusto leggermente piccante, o i fiori di borragine che possono arricchire insalate o essere impastellati, il tarassaco che può essere utilizzato per fare un finto miele, e poi la malva, la camomilla e molti altri.
Riportare in tavola le erbe spontanee significa valorizzare gli equilibri della natura e porre attenzione su ciò che portiamo in tavola e nel calice, guardando con occhio diverso queste risorse illimitate che affollano i nostri campi.
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